La Camera degli Stati Uniti ha approvato ieri un nuovo pacchetto di aiuti da 60 mld di dollari. Una nuova boccata d’ossigeno per Kiev. “La superiorità tecnologica occidentale dovrebbe consentire all’Ucraina di tenere le proprie posizioni e aiutare a portare la Russia al tavolo del negoziato” spiega al Sussidiario Enzo Cannizzaro, ordinario di diritto internazionale nell’Università Sapienza di Roma.



Il giurista, tuttavia, osserva che l’Ucraina ha commesso, insieme all’Occidente, importanti errori. Un negoziato è sempre possibile, ma “non devono esserci precondizioni e la dirigenza ucraina avrebbe da tempo dovuto capirlo”.

Professore, qual è oggi l’attore internazionale, Stato o organizzazione, che può esplorare, se ci sono, gli spazi politici disponibili per una trattativa tra Russia e Ucraina?



Difficile dire. Riterrei che le entità che possano proporre una trattativa siano gli Stati emergenti, o già emersi, nella geopolitica internazionale. Innanzitutto la Cina. Pechino però ha solo da guadagnare da una guerra infinita, che indebolirebbe il suo rivale, l’Occidente, e condannerebbe la Russia a una condizione di Stato satellite.

È possibile coinvolgere i Paesi del BRICS?

Sì, in particolare l’India, il Brasile e il Sudafrica, che hanno istituzioni democratiche e un sistema economico legato all’Occidente. Ma i Paesi occidentali dovrebbero capire che questi Paesi, e l’immensa platea degli Stati del Sud globale, guardano con molto scetticismo le politiche internazionali dell’Occidente. La difficoltà dell’Occidente a fermare l’atroce guerra a Gaza non aiuta a legittimare le politiche occidentali.



L’utilizzo degli asset russi sequestrati sembra una strada sbarrata. È un elemento che si aggiunge al sostanziale fallimento delle sanzioni messo in atto dai Paesi occidentali.

Non sono sicuro che sia sbarrata. Per lo meno non lo è sul piano giuridico. Il diritto internazionale ammette il potere di uno Stato di disporre contromisure contro uno Stato che ha commesso un illecito. È ragionevole, quindi, ritenere che, al fine di far cessare un’aggressione, e cioè la violazione più grave che c’è nel diritto internazionale, gli Stati ben possano violare altre norme, nel rispetto della regola della proporzionalità. Un sequestro dei beni russi appare una reazione proporzionata all’illecito russo, anche considerando tali beni come una sorta di “anticipo” sulle riparazioni di guerra a favore dell’Ucraina.

Come mai allora questa prospettiva pare abbandonata?

È verosimile che l’abbandono non sia dovuto a ragioni giuridiche, quanto piuttosto all’estrema complicazione che tale operazione comporterebbe.

Non le sembra, paradossalmente parlando, che ogni tentativo occidentale, neoliberale, di fare la guerra senza mettere gli scarponi sul terreno sia fallito?

È vero che le guerre si vincono sul terreno, ma la riluttanza degli Stati occidentali a intervenire direttamente nel conflitto è comprensibile, e deriva dalla volontà di non rischiare un conflitto nucleare, il quale non lascerebbe vincitori sul terreno.

Allora l’alternativa è continuare a sostenere l’Ucraina.

Io considero molto saggia la scelta dell’Occidente di intervenire indirettamente prestando all’esercito ucraino i mezzi per una guerra difensiva. È stato tuttavia commesso un importante errore.

Quale?

Aver prospettato una controffensiva dell’esercito ucraino che avrebbe dovuto liberare i territori occupati dalla Russia.

Non crede che un possibile negoziato sia ancora impedito da precondizioni inaccettabili?

Il negoziato non dovrebbe avere precondizioni e la dirigenza ucraina avrebbe da tempo dovuto capirlo. Tutti noi ci auguriamo, e da tempo, l’apertura di un negoziato nel quale ogni forma di concessione vada soppesata attentamente e nel rispetto del diritto internazionale.

Senza scontentare nessuno?

La diplomazia internazionale ben conosce le tecniche negoziali atte a produrre una cessazione del conflitto senza vinti né vincitori. Il rispetto del diritto internazionale dovrebbe includere la volontà delle popolazioni dei territori contesi. L’Ucraina dovrebbe accettare, in questa situazione, di non poter fare parte a pieno titolo della NATO, ma avere uno status di neutralità, garantita dalle grandi potenze.

Come bisogna agire?

Credo che occorra far presto, prima che il possibile cambio della presidenza statunitense porti a un ulteriore deterioramento della resistenza ucraina.

Intanto il mandato di arresto internazionale spiccato dalla CPI contro Putin è ancora sul tavolo.

Non deve far parte del negoziato. Ma la Corte penale internazionale dovrebbe fare il proprio mestiere, e cioè esercitare i propri poteri in maniera imparziale nei confronti di ambedue le parti. Cosa che non è accaduta.

La Camera USA, che è a maggioranza repubblicana, ha appena approvato un nuovo pacchetto di aiuti da 60,8 mld di dollari. Possono ancora andare nella direzione di favorire il dialogo? O tutto dipende dal regime di Kiev?

È positivo che il Congresso statunitense abbia seguito la decisione europea di concedere nuovi aiuti all’Ucraina. La debellatio ucraina rimarrebbe nella storia come l’incapacità dell’Occidente di difendere uno Stato aggredito. La superiorità tecnologica occidentale dovrebbe consentire all’Ucraina di tenere le proprie posizioni e aiutare a portare la Russia al tavolo del negoziato.

Zelensky lamenta una differenza tra il trattamento riservato all’Ucraina a confronto di quello riservato a Israele. Cosa pensa in proposito?

Ha in gran parte ragione. La difesa aerea è una condizione essenziale per non perdere una guerra. È vero, d’altra parte, che la Russia dispone di armi tecnologicamente superiori a quelle dei nemici di Israele.

Le ultime rivelazioni di Foreign Affairs mostrano chiaramente che a non volere la trattativa nel marzo 2022 sono stati alcuni Paesi occidentali. Quale lezione possiamo o dobbiamo trarre da quanto accaduto?

Ho letto l’articolo di Foreign Affairs. Non posso esprimermi sulla loro veridicità. Ma devo stigmatizzare le condotte dell’Ucraina, sostenuta dagli Stati occidentali, prima della guerra. Mi riferisco alla repressione dei movimenti separatisti nei territori ucraini abitati da popolazione russofone e all’inspiegabile fretta di concludere l’accordo di associazione fra l’Unione Europea e l’Ucraina.

Ci spieghi meglio.

Sono evidentemente due cose diverse. Nel primo caso l’Ucraina ha violato gli accordi di Minsk e gli standard internazionali delle minoranze. Nel secondo caso, l’Ucraina aveva tutto il diritto di chiedere la conclusione dell’accordo di associazione, ma l’UE aveva il dovere di considerare la situazione geopolitica e, quindi, di non forzare i tempi per la conclusione dell’accordo. Ovviamente, questo non può giustificare in alcun modo l’aggressione russa. Ma evidenzia che le politiche dell’Occidente non sono sempre state particolarmente sagge.

E quanto alle trattative occorse nel primo anno di guerra?

È possibile che l’Ucraina e i suoi alleati ritenessero, in maniera superficiale, che la vittoria fosse a portata di mano e che una sconfitta della Russia potesse portare un cambio di regime e una prospettiva geopolitica diversa da quella che si sta delineando ora. Ma, se ciò fosse vero, i conti sarebbero stati fatti male: anche i conti umanitari di una guerra atroce.

Il suo scenario?

Non ho uno scenario. Sono un modesto osservatore delle dinamiche internazionali da una prospettiva prevalentemente giuridica. E la prospettiva della pace è sempre preferibile, da un punto di vista giuridico ed etico, a una vittoria a seguito di una guerra sanguinosa.

(Federico Ferraù)

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