Il nuovo governo della Slovacchia non vuole l’Ucraina. E anche Orbán è molto scettico sull’adesione di Kiev. La Turchia e ancora una volta l’Ungheria storcono il naso di fronte all’entrata della Svezia e la new entry Finlandia sente il peso delle richieste di Ankara, che ha posto delle condizioni per ammetterla. Insomma, nel futuro della Nato, spiega Enzo Cannizzaro, ordinario di diritto internazionale nell’Università La Sapienza di Roma, ci sono diverse incognite. Complessivamente i Paesi dell’Alleanza atlantica sembrano orientati a continuare il sostegno all’Ucraina, anche per impedire alla Russia di ricostituire la sua influenza sull’Est europeo, ma le posizioni di alcuni Stati potrebbero creare qualche problema. A partire dal rifinanziamento del supporto militare a Zelensky, al quale, guarda caso, l’Ungheria si è già opposta.



Professore, l’ex premier slovacco Kalinak, esponente chiave dell’entourage del nuovo primo ministro slovacco Robert Fico, dice che l’Ucraina è troppo a Est e per questo non può far parte della Nato. Come sono i rapporti tra Kiev e l’Alleanza atlantica e quanto può contare la posizione della Slovacchia in vista di una possibile adesione?



Credo che la massima parte degli Stati dell’Alleanza intenda continuare e fors’anche intensificare il sostegno all’Ucraina. Ciò sia per ragioni di principio che per esigenze geopolitiche. Le ragioni di principio risiedono nella necessità di impedire un’acquisizione territoriale fondata sull’uso della forza, vietata dal diritto internazionale. Inoltre, la Nato intende impedire che la Russia ricostituisca la sfera di influenza nell’Est europeo che era propria del blocco sovietico; ciò tanto più che tale pretesa potrebbe saldarsi con il progetto di ricostituzione di un polo geopolitico alternativo all’Occidente da parte della Cina, con una posizione ancora incerta da parte dei Paesi Brics. In questo contesto, la posizione della Slovacchia, di per sé marginale, può acquistare rilevanza come un segnale di stanchezza e di disimpegno dell’opinione pubblica, che potrebbe estendersi ad altri Stati, in particolare all’opinione pubblica degli Stati Uniti.



Sull’entrata della Svezia ci sono ancora da vincere le resistenze di Erdogan, che ha chiesto nuovamente un riavvicinamento della Ue per far cadere le sue pregiudiziali, ma anche di Orbán. Il premier ungherese, anche lui contrario all’arrivo dell’Ucraina nell’Alleanza, chiede che gli svedesi non avanzino dubbi sulla democrazia e i diritti in Ungheria. Stoccolma è vicina a entrare nella Nato oppure no?

Ci sono due momenti nei quali uno Stato membro della Nato può porre il veto all’adesione di un altro Stato: quando lo si invita a presentare la richiesta di adesione e quando si accetta tale richiesta. Il procedimento è molto macchinoso e ciò consente di far dipendere il voto di uno Stato membro da questioni che poco o nulla hanno a che fare con le esigenze di sicurezza collettiva assicurate dalla Nato. Or bene, la Svezia è stata invitata all’unanimità, se pur non senza difficoltà. Le difficoltà si sono accentuate al momento dell’accettazione della richiesta.

Quali sono gli ostacoli da superare?

La Turchia e l’Ungheria pongono obiezioni relative non già alla capacità della Svezia di concorrere alla sicurezza collettiva, quanto a loro questioni interne. La Turchia, come è noto, intende condizionare il suo voto favorevole alla cessazione dell’appoggio della Svezia alla questione curda, peraltro limitato a manifestazioni verbali e all’accoglienza di esponenti curdi in questo Stato. L’Ungheria intende avere mani libere per realizzare il suo progetto di democrazia illiberale. Insomma, una situazione desolante. Riterrei singolare, tuttavia, che i due Paesi, il cui rilievo geopolitico è abbastanza limitato, possano riuscire a bloccare indefinitamente il processo decisionale della Nato. Un compromesso sarà trovato presto, come è accaduto con l’adesione alla Nato della Finlandia.

Il premier finlandese si è mostrato sorpreso dei problemi burocratici per l’entrata del Paese nella Nato. Cosa è cambiato, intanto, con l’entrata della Finlandia e quali problemi di adattamento al nuovo ruolo ci potranno essere?

Condivido la sorpresa del premier finlandese. La condotta dei due regimi autocratici appare esecrabile. Non conosciamo tutti i retroscena del negoziato fra la Finlandia e la Turchia. Ma è anche verosimile che il governo turco abbia fatto una prima concessione con l’accesso della Finlandia, e ora intenda riscuotere i benefici.

Numerosi documenti strategici dimostrano che per gli Usa la priorità ora è diventato l’Indo-Pacifico, perché il suo primo antagonista a livello globale è la Cina. Quanto può cambiare, alla luce di questa considerazione, l’attività della Nato: sarà impegnata anche su questo fronte?

Vi è, indubbiamente, un nuovo multipolarismo che avanza. Il nuovo blocco che sembra guidato dalla Cina non è, però, un blocco omogeneo, come quello socialista ai tempi del bipolarismo. A me pare che fra i Paesi che, a vario titolo, invocano il multilateralismo come il rimedio per i problemi che affliggono l’umanità, non vi sia un progetto comune. Il collante che li tiene insieme è piuttosto di segno negativo e consiste prevalentemente nell’opporsi all’egemonia dei Paesi occidentali e alle loro politiche, talvolta definite come neocolonialiste. In un momento di grande fermento nella comunità internazionale, soprattutto a causa del grande divario fra il Nord e il Sud del mondo, i Paesi occidentali farebbero bene a fare i conti con le politiche degli ultimi decenni e a formulare programmi concreti per riequilibrare questo divario.

La Turchia mantiene rapporti con la Russia nonostante il sostegno dell’Alleanza atlantica all’Ucraina. Considerando le posizioni di Ungheria e Slovacchia c’è una sorta di fronte filorusso interno all’alleanza? Quali problemi può comportare nella gestione della Nato?

Non saprei dire se davvero sia un fronte filorusso. La Turchia cerca un ruolo di mediatore che le consenta di ottenere crediti sia nei confronti della Russia che degli alleati della Nato. Come la Turchia, anche l’Ungheria – e forse ora anche la Slovacchia – cerca di allentare la pressione dell’Unione Europea e degli altri Stati membri sull’esigenza di rispettare le regole della democrazia e i diritti umani. Può certamente esservi una sorta di emulazione fra i leaders di questi regimi. Ma ciascuno gioca la partita in proprio, cercando di sfruttare la crisi ucraina per esercitare piccoli o grandi ricatti nei confronti delle istituzioni occidentali.

È possibile un progressivo allontanamento di questi Paesi dall’Occidente?

Vedremo presto se la posizione di questi Stati è, come credo, quella di ottenere qualcosa dalla rendita di posizione che possiedono in virtù della necessità del voto unanime, sia nell’ambito della Nato che in quello della politica estera dell’Unione, ovvero se intendono andare fino in fondo distaccandosi definitivamente dal blocco occidentale. Fra breve occorrerà rifinanziare il supporto militare dell’Unione all’Ucraina, iniziato con la decisione 338 del 2022, e già l’Ungheria annuncia il suo voto contrario.

(Paolo Rossetti)

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