Sunak e Zelensky firmano un’intesa sulla sicurezza che prevede anche l’invio di truppe inglesi in Ucraina. Non arriverebbero subito. Anzi, l’accordo sembra più guardare al futuro che non al presente. Ma è un punto a favore di Kiev che ha fatto infuriare i russi. In generale però l’Occidente sembra disimpegnarsi dalla guerra in Ucraina. Gli Usa hanno finito i fondi e devono sostenere anche Israele. I Paesi Ue non hanno più nulla da fornire. E questo proprio in un momento in cui Mosca sta attaccando violentemente con missili e droni. La verità, spiega Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa, è che forse converrebbe concludere la guerra, prendendo atto dell’impossibilità di far fronte agli attacchi russi e cercando di limitare i danni.
Sotto pressione, senza rifornimenti adeguati e con risorse umane al limite, l’esercito ucraino rischia il collasso: i russi potrebbero prendersi ben più delle quattro regioni che si sono assicurati finora. Certo, una trattativa ora significherebbe tener conto delle loro principali richieste, a partire dalla neutralità dell’Ucraina, facendola diventare una zona cuscinetto rispetto ai Paesi Nato. Ma eviterebbe sprechi di vite e distruzioni in un Paese da ricostruire e senza grandi prospettive di recupero militare. Putin potrebbe accettare un ingresso di Kiev nella Ue: Bruxelles dovrebbe accollarsi l’onere di una ricostruzione da mille miliardi di euro. Un impegno notevole su cui incombe il rischio corruzione, in relazione alla quale, come dimostrano certi flussi poco chiari delle armi ottenute per combattere i russi, gli ucraini non offrono grandi garanzie.
Gli ucraini sono in difficoltà, però ieri hanno firmato un accordo con la Gran Bretagna sulla sicurezza. Cosa cambia questa intesa?
È prevista l’eventualità di un impiego di truppe inglesi. In realtà ci sono già britannici che combattono con gli ucraini, forze speciali e pseudo volontari. Con la firma dell’accordo il loro impiego diventerebbe ufficiale, infatti i russi hanno detto che in questo caso la Gran Bretagna entrerebbe in guerra. È un piano che si svilupperà nel 2024-25 e serve a dare garanzie di sicurezza agli ucraini. Secondo me vale per il futuro, dopo un eventuale accordo di pace: se i russi tornassero ad attaccare l’Ucraina, la Gran Bretagna potrebbe inviare le sue truppe. Ma non è detto che lo faccia: l’invio non è automatico. Una situazione tutta da vedere, perché anche gli inglesi sono in deficit di personale.
Gli Usa intanto hanno finito i fondi per l’Ucraina. Il Congresso potrebbe rifinanziarli, ma al momento è una prospettiva tutta da concretizzare. Kiev rischia davvero di non avere più sostegno?
Gli americani potrebbero trovare un accordo per altri finanziamenti. Ma i repubblicani non hanno chiesto solo fondi per frenare l’immigrazione dal Messico: vogliono sapere quali sono gli obiettivi della guerra. Siamo in una campagna elettorale in cui nessun candidato ha da guadagnare presentandosi al voto con in atto una crisi che contrappone l’America a un’altra grande potenza nucleare. E che comporta la necessità di una spesa notevole, proprio quando gli americani vedono soprattutto la necessità di spendere in casa.
Gli aiuti all’Ucraina sono calati anche prima del blocco del Congresso: c’è comunque un raffreddamento rispetto alla guerra?
Le forze armate Usa hanno dato tanto dei loro magazzini e devono rifornire Israele, che per Gaza ha ottenuto 25mila proiettili per i cannoni dei carri armati Merkava. Poi si è aperto il fronte con gli Houthi. Gli Usa si stanno sganciando da tempo: su Newsweek un paio di mesi fa è uscito un articolo di due diplomatici americani che dicevano: “Smettiamola di dire che in Ucraina combattiamo per la democrazia: ha messo al bando l’opposizione e in galera i giornalisti”. Io lo scrivo dal marzo 2022 prendendomi del filorusso.
Pesa anche la questione del miliardo di armi fornito di cui si sono perse le tracce, alimentando il fondato sospetto che siano state dirottate in altri teatri operativi per la corruzione degli apparati ucraini?
A marzo dell’anno scorso su Analisi Difesa spiegavo come si stesse rifornendo un Paese che ha venduto armi ex sovietiche per 50 miliardi di dollari negli anni 90 in molti Paesi in via di sviluppo. Gli stessi israeliani hanno segnalato a Netanyahu la presenza in Siria di missili americani che erano stati dati all’Ucraina, finiti in mano a miliziani siriani. La criminalità organizzata ucraina è molto forte nel Caucaso e nel Medio oriente, e sono canali che portano anche a movimenti islamici. Un rapporto del Pentagono dice che non si può dimostrare che ci siano armi rubate o dirottate, però si è perso il controllo di oltre 40mila pezzi. La polizia finlandese ha constatato che bande criminali usavano armi automatiche che la stessa Finlandia aveva regalato all’Ucraina.
I repubblicani Usa chiedono a Biden di chiarire qual è la strategia in Ucraina. Realisticamente l’Occidente cosa si può aspettare dalla guerra?
L’Europa non ha più niente da dare agli ucraini a meno che non cominci a disarmare i suoi eserciti. Siamo in recessione e il prezzo dell’energia è più alto rispetto a prima del conflitto. Del milione di munizioni che doveva dare entro marzo 2024 all’Ucraina è riuscita a fornirne 300mila. Ha dato quello che aveva nei magazzini, ma adesso bisogna produrre e ci vuole tempo, oltre che soldi. Sunak ha promesso 2,5 miliardi di sterline di aiuti per il 2024-25, ma l’Ucraina ha bisogno di munizioni e missili antiaerei oggi. Ha problemi di reclutamento. C’è un rapporto che parla di oltre 6mila uomini che scappano ogni giorno. Un anno fa c’era la fila per arruolarsi. La controffensiva durata mesi, un massacro, non poteva certo motivare i volontari.
Cosa dovrebbe fare allora l’Occidente di fronte a questo quadro sconsolante?
L’unica strategia per l’Occidente è chiudere questa guerra: non ce la possiamo permettere e non siamo in grado di sostenere l’Ucraina. La sconfitta di Kiev sarà anche la nostra. Il contesto economico non è favorevole: la Germania vuole un aumento del bilancio della Difesa, ma ha le città piene di agricoltori che protestano, nel Regno Unito aumentano del 39% le famiglie che hanno chiesto sussidi per pagare le bollette. Meglio chiuderla oggi, con i russi che si tengono i territori che hanno ottenuto, per evitare di doverla chiudere con un tracollo ucraino, visto anche il crollo del sostegno morale alla guerra da parte dell’opinione pubblica interna.
In che modo si può chiudere il conflitto adesso?
I russi vogliono un’Ucraina neutrale, dove non siano concentrate armi e militari della Nato, e il controllo delle quattro regioni che hanno annesso. Quelle per cui si era raggiunto un accordo nel marzo 2022, che poi gli angloamericani non vollero ratificare per logorare la Russia. Credo che Mosca non abbia preclusioni a vedere l’Ucraina nella Ue, anzi, penso che abbia l’interesse che entri: ci saranno costi di ricostruzione stimati da Kenneth Rogoff, professore ad Harvard e capo economista del Fmi, in 700/1000 miliardi di euro. Siccome l’America ha dato il maggior aiuto militare, la ricostruzione dovrebbe toccare all’Europa, in un Paese con una corruzione che le classifiche internazionali prima della guerra davano a livelli africani. Zelensky ha tolto di mezzo il ministro della Difesa Reznikov insieme a sei viceministri e a tutti i funzionari: gente che vive riccamente all’estero (basta vedere i loro social) che non ha dovuto rispondere del motivo per cui è stata tolta di mezzo, cioè la corruzione. Infatti se se l’Ucraina finisse nella Ue la azzopperebbe per i prossimi 30 anni.
Gli Usa potrebbero essere disposti ad accettare una trattativa e una pace su queste basi?
Gli americani si stancano delle guerre che combattono: è successo in Iraq e in Afghanistan, potrebbe succedere a maggior ragione stavolta, in un conflitto che lasciano combattere agli altri. Ho sempre sostenuto che questa guerra per gli Usa aveva l’obiettivo di distruggere l’Europa come competitor economico e come potenza strategica nascente. I loro obiettivi li hanno raggiunti: ora l’Europa vede la sua difesa come complemento della Nato, sotto il loro controllo.
Come mai l’Occidente non riesce a sostenere questa guerra e la Russia, invece, sì?
Gli Usa non hanno esaurito le loro scorte, le hanno ridotte troppo. Ma vogliono essere in grado di combattere contemporaneamente due guerre convenzionali, una in Europa e una in Asia. L’Europa ne è sprovvista: nel 2011, durante l’operazione contro la Libia, gli europei chiesero bombe agli Usa, perché dopo due mesi non ne avevano più, pur avendo impiegato pochi aerei. L’Europa negli ultimi vent’anni si è preparata a guerre a bassa intensità, contro i talebani, l’Isis. Gli Usa in Afghanistan sparavano 30 colpi di artiglieria al giorno, in Ucraina i russi ne sparano 15-20mila, gli ucraini 6mila perché non ne hanno di più.
C’è anche un problema di disaffezione all’esercito?
Da quando la guerra è iniziata, negli Usa e in Europa è aumentato l’esodo di personale in servizio e i reclutamenti non raggiungono mai i numeri richiesti. Un sondaggio in Germania diceva che solo il 5% sarebbe pronto ad arruolarsi per difendere il proprio Paese. La Russia, invece, anche se bisogna fare la tara della propaganda, in due anni ha arruolato quasi 500mila volontari. In certe zone la paga del soldato volontario, che è stata aumentata, diventa un incentivo. Lì c’è una valutazione diversa del patriottismo: il richiamo alla difesa della patria ha più senso di quanto non ne abbia in Europa. Dopo la fine dell’Unione Sovietica i russi non hanno distrutto i loro arsenali e gli impianti produttivi come è stato fatto in Occidente. Hanno sigillato tutto. Gli stabilimenti sono stati riaperti e hanno le materie prime.
(Paolo Rossetti)
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