Biden cambia idea. Dopo aver detto esplicitamente che non avrebbe mandato in Ucraina armi a lungo raggio in grado di arrivare in territorio russo, adesso ha promesso di inviare i temibili MLRS, lanciarazzi multipli, considerati dagli esperti “il sistema più pesante, complesso e potente sviluppato in tale categoria d’armamenti dall’industria militare occidentale”. Mosca ha reagito duramente, dicendo che gli Stati Uniti “gettano deliberatamente benzina sul fuoco, provocando e dando il via a un coinvolgimento nel conflitto”.



Come ci ha spiegato in questa intervista il generale Marco Bertolinigià comandante del Comando operativo di vertice interforze e della Brigata Folgore in numerosi teatri di guerra, dalla Somalia al Kosovo e all’Afghanistan (e autore, con Giuseppe Ghini, di Guerra e pace ai tempi di Putin), “tale cambiamento è probabilmente dovuto alle sconfitte che le forze ucraine stanno subendo nel Donbass, sconfitte che stravolgono la narrativa usata fin dall’inizio del conflitto, secondo la quale i russi sono non solo i cattivi di questa guerra, ma anche incapaci di combattere in modo efficace”.



Torna a salire la tensione tra Russia e Usa dopo l’annuncio di Biden dell’invio di lanciarazzi multipli per un valore di 700 milioni di dollari. Eppure il presidente americano aveva detto che non avrebbe mandato armi a lunga gittata. Che cosa è cambiato?

È infatti una notizia che spiazza. Negli ultimi giorni Biden aveva decisamente smorzato i toni e poi c’erano stati gli interventi del New York Times e di Henry Kissinger esplicitamente contrari a un coinvolgimento eccessivo nella guerra in corso.

Il motivo potrebbe essere dato dal fatto che al fronte per gli ucraini  le cose si stanno mettendo male?



Certamente. Da un punto di vista strettamente operativo questo invio avrebbe un suo perché. Nel Donbass le cose si stanno mettendo a favore dei russi, che avanzano lentamente per realizzare una sacca che dovrebbe chiudere le forze ucraine. Questo in atto è un cambiamento operativo, ma che ha un significato ancora più importante del punto di vista politico.

Perché?

Perché nel momento in cui la Russia consegue gli obiettivi preposti, e cioè le due repubbliche separatiste del Donbass, la Crimea e Mariupol, possono mettersi al tavolo delle trattative, spiazzando così i fautori della guerra a tutti i costi.

Si era sempre detto che nel Donbass ci fosse l’élite dell’esercito ucraino, le forze migliori e più preparate. Come mai invece questo cedimento?

Evidentemente delle due narrative che sono state imposte all’opinione pubblica sin dall’inizio del conflitto, e cioè che i russi sono i cattivi ed è giusto combatterli, ma anche che sono incapaci e quindi è facile sconfiggerli, sicuramente questa seconda si è dimostrata superficiale e inesatta. I russi hanno portato avanti con successo la loro strategia generale, abbandonando l’attacco nel nord del Paese, che si è dimostrato uno sforzo secondario rispetto all’obbiettivo più importante, l’occupazione del Donbass.

Giunge notizia che sulla ormai nota Isola dei Serpenti nel Mar Nero i russi stiano installando batterie missilistiche e postazioni elettroniche che fornirebbero copertura in caso di sbarco a Odessa. Ritiene possibile questo nuovo fronte a questo punto?

Personalmente no e l’ho detto sin da subito. Per me Odessa non è mai stata negli obiettivi militari russi. Odessa può invece essere oggetto di scambio quando si comincerà a trattare con Kiev: ci teniamo Donbass e Crimea, vi lasciamo Odessa, così potrete avere uno sbocco al mare. Se invece non si arriva a un negoziato, potrebbero cambiare strategia e puntare su Odessa per raggiungere la Transnistria, ma onestamente credo sia una manovra troppo impegnativa, che richiede uno sforzo militare eccessivo.

Il ministro degli Esteri russo Lavrov ha annunciato una accordo con la Turchia per sminare i porti di Odessa e Mariupol. Allo stesso tempo Ankara annulla una esercitazione Nato nel Mar Nero, ricorrendo alla Convenzione di Montreux, che vieta l’accesso alle navi da guerra. A che gioco sta giocando Erdogan?

La Turchia dimostra di avere una approccio originale e distante dal resto della Nato. Nonostante Turchia e Russia abbiano da sempre un rapporto amico-nemico, non dimentichiamo che in Siria e in Libia sono su fronti opposti, i due Paesi sono sempre riusciti a tenere aperto il dialogo. Mosca ha aiutato Erdogan durante il tentativo di colpo di Stato (del 15 luglio 2016, ndr), la Turchia ha comprato sistemi contraerei da Mosca e i due Paesi hanno stretto un accordo per la costruzione di una centrale nucleare in Turchia.

Non si pestano i piedi insomma, è così?

Esatto. Tutto questo rientra nella strategia russa: se avessero il controllo del Mar Nero ma non potessero utilizzare lo stretto del Bosforo per far passare le navi, sarebbe inutile. Questa strategia di Erdogan ha anche un grande significato dal punto di vista politico: apre uno spiraglio con il Paese che è sempre stato più propenso a promuovere un negoziato.

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