Erdogan possibile mediatore tra Kiev e Mosca, almeno per un’intesa sul grano. Blinken e il capo della CIA preoccupati di una débâcle USA conseguente all’eventuale sconfitta dell’Ucraina. Macron che propone all’Europa di sostituire gli Stati Uniti come partner principale per sostenere gli sforzi bellici. La guerra in Ucraina non è più sotto i riflettori, scalzata da quella di Gaza, ma per come si sta sviluppando, con una Russia che attacca e gli ucraini che tengono a malapena le posizioni, la prospettiva più logica, almeno per Kiev, sembrerebbe quella di una trattativa. L’ostacolo resta Zelensky: come spiega Marco Bertolini, generale già comandante del COI e della Brigata Folgore in diversi teatri operativi, tra cui Afghanistan, Libano, Somalia e Kosovo, il presidente ucraino, però, parla ancora della sconfitta russa come unico esito del conflitto, nonostante sia in difficoltà e gli occidentali siano sempre meno convinti di aiutarlo.
Putin incontrerà Erdogan in Turchia il 12 febbraio: potrebbe proporsi come possibile mediatore fra russi e ucraini. Cosa significa questo vertice e che prospettive apre?
Conferma la capacità di Erdogan di far valere le sue posizioni. La Turchia appartiene a un’alleanza militare occidentale, la NATO, ma culturalmente è un Paese orientale, islamico. Una condizione che le permette di parlare con tutti, facendolo alla luce dei propri interessi. Erdogan tenta di pacificare l’Ucraina perché alla regione non fa bene una guerra cronica come sta diventando quella in atto, tenendo conto delle ambizioni della Turchia di diventare un hub di smistamento dell’energia che arriva dalla Russia. L’incontro è una sfida, una dimostrazione di indipendenza dall’Occidente: Putin è stato raggiunto da un mandato di cattura internazionale, il fatto di ospitarlo in Turchia è un po’ uno schiaffo a una parte della comunità internazionale che credeva con quell’atto di aver messo nell’angolo il capo del Cremlino.
Il presidente turco può riuscire a riaprire la via diplomatica mettendo a confronto Kiev e Mosca?
Finora i tentativi di Erdogan si sono infranti contro il muro dell’opposizione ucraina, sollecitata da Stati Uniti e Gran Bretagna. È stato l’allora primo ministro inglese Boris Johnson a far naufragare le trattative tenute in Turchia nel 2022. Erdogan potrebbe anche avere risultati, ma ci vorrà tempo. Però bisogna considerare che la situazione in Ucraina sta cambiando. Sul campo, la controffensiva è morta e sepolta da tempo e chi sta premendo ora sono i russi. E dal punto di vista politico, la posizione di Zelensky non è più forte come prima.
Una dimostrazione di questa debolezza la si ritrova anche nello scontro tra il capo dello Stato Volodymyr Zelensky e il capo dell’esercito Valery Zaluzhny: il presidente vorrebbe cambiare la guida delle forze armate. Cosa ci spiega questa vicenda della situazione in Ucraina?
Ci dice che quando le cose vanno male si cerca il responsabile. E il responsabile è Zelensky. La divaricazione con Zaluzhny c’è da tempo, da quando il capo dei soldati ucraini aveva rilasciato un’intervista all’Economist nella quale diceva che la controffensiva era di fatto fallita, addossando la responsabilità dell’ostinazione a sbattere contro un muro alla volontà di Zelensky. Il presidente pare voglia far ricadere sul generale la responsabilità del piano che prevederebbe la mobilitazione di altri 500mila uomini, dicendo che li vogliono i militari, mentre non sembra che sia così. In questo momento, Zaluznhy ha più carisma di Zelensky ed è riconosciuto a livello di media ucraini.
Zelensky incarna l’opposizione dura e pura a Mosca, rifiuta le trattative. Per immaginare un percorso che porti a un accordo, bisognerà sostituirlo?
La sua sostituzione potrebbe favorire una trattativa, ma potrebbe succedergli anche qualcuno ancora più radicale di lui. Zelensky si è avvitato in una condizione dalla quale non può uscire. Nel suo programma all’inizio si parlava di appeasement con la Russia per il Donbass. Poi è diventato il portabandiera di una guerra che, secondo lui, si può concludere solo con la sconfitta di Mosca. Partendo da queste basi, non può tornare indietro senza rimetterci la faccia. Ha imposto per legge il divieto di trattare con i russi, dice che la Russia deve ritirarsi da tutti i territori.
Il segretario di Stato USA Anthony Blinken dichiara che gli effetti dei mancati aiuti occidentali si vedono già sul campo, mentre il capo della CIA William Burns sostiene che “per gli USA abbandonare il conflitto in Ucraina in questo momento cruciale sarebbe un autogol di proporzioni storiche”. Gli Stati Uniti torneranno ad aiutare gli ucraini?
Una sconfitta dell’Ucraina significherebbe un colpo micidiale per USA e NATO. Gli USA, tuttavia, hanno già detto che per gli ucraini “non ce n’è più”, non hanno più aiuti. Potranno forse dare ancora qualcosa, ma non hanno più quella compattezza interna per sostenere spese del genere, sapendo che una larga parte della loro opinione pubblica non è interessata a quello che succede in Ucraina. Trump, che è sempre stato filoisraeliano, dice che l’America non deve coinvolgersi in Medio Oriente, figuriamoci in Ucraina. Come fa Biden ad assicurare sostegno a Kiev? Infatti sta dicendo all’Europa “Pensateci voi”.
Il presidente francese EMacron ha già preso la palla al balzo dichiarando che se gli Stati Uniti si ritirano, tocca all’Europa aiutare l’Ucraina. Il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba e il collega ungherese Peter Szijjarto starebbero preparando un possibile incontro Zelensky-Orbán per cercare di far cadere il veto di Budapest agli aiuti della UE per gli ucraini. Qualcosa si può sbloccare su questo fronte?
In Europa ci sono sensibilità diverse: Orbán non lo manda a dire che non si può continuare a sostenere l’Ucraina. Stesso discorso per la Slovacchia. E anche in Polonia si fa strada la posizione per cui bisogna chiudere con gli aiuti. In Francia, in Germania e in parte in Italia ci sono agricoltori che si lamentano dell’aumento del gasolio ma anche della concorrenza del grano che arriva dall’Ucraina, mentre i nostri contadini a volte vengono pagati per non coltivare. Credo che fino a quando ci sarà il ricatto americano nei nostri confronti, nessuno si potrà sottrarre dal fare quello che gli USA chiedono; nel momento in cui non ci sarà più, se ci fosse Trump alla presidenza, anche queste attestazioni di bellicismo di Macron rientrerebbero. La Francia è un Paese ambizioso, il suo presidente si rende conto che gli USA si stanno defilando e si propone come sostituto, come direttore d’orchestra di questa guerra persa. Ma non credo che Parigi possa sostituirsi a Washington dal punto di vista economico, finanziario e militare. E neanche l’Europa: non è in grado di produrre il munizionamento che servirebbe.
Gli ucraini si affidano ancora all’Occidente e ai suoi aiuti. Non farebbero meglio a prendere in considerazione la possibilità di una trattativa?
Il primo ministro slovacco Robert Fico dice che è ora di smetterla che gli occidentali facciano combattere fra di loro gli slavi. Il richiamo a una guerra senza se e senza ma alla Russia ha reazioni diverse nei singoli Paesi dell’Europa orientale. Noi ci crediamo appartenenti alla nobiltà NATO perché ne facciamo parte fin dalla creazione, considerando questi Paesi come dei parvenu, ma sono nazioni che stanno facendo i conti con le loro esigenze di sicurezza e sopravvivenza, stanno pagando ancora il periodo sovietico. Imbarcarsi in una guerra non può essere un programma accolto con così grande entusiasmo.
Allora Kiev dovrebbe pensare realisticamente a trattare?
Sì, deve pensare a trattare. A meno che non sia disposta a sacrificare tutta la sua popolazione. Già adesso i reclutatori devono usare le maniere forti per reclutare i riservisti e mandarli al fronte.
(Paolo Rossetti)
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