Trump non è ancora stato eletto, ma la sua possibile presidenza smuove già le acque della guerra in Ucraina. Tanto che Zelensky, fautore della resistenza a oltranza ai russi e della riconquista dei territori ucraini, stavolta ha annunciato la disponibilità a parlare con Putin in un incontro per la pace da tenersi a novembre. Il candidato repubblicano, infatti, anche alla Convention di Milwaukee, ha dichiarato che non ci saranno più aiuti per Kiev.
Gli ucraini, insomma, osserva Giorgio Battisti, già comandante del corpo d’armata di Reazione Rapida della NATO in Italia e capo di stato maggiore della missione ISAF in Afghanistan, mettono le mani avanti, anche perché hanno 400mila giovani espatriati per evitare di combattere e il Paese non è più così convinto di continuare la guerra, mentre nel frattempo ci sono iniziative come quella del presidente ungherese Viktor Orbán che è andato a Mosca e Pechino per mettere sul tavolo una proposta, formulata proprio da Trump, per far tacere le armi. Insomma, la guerra continua ma i negoziati ora non sono più un tabù.
Zelensky apre alla possibilità che la Russia partecipi a un vertice per la pace da tenersi a novembre. Come va letta questa novità?
Non so se voglia tenere il vertice prima o dopo le elezioni USA, ma credo che siccome tutti danno per vincente Trump, questa sua affermazione sia una dimostrazione di buona volontà dell’Ucraina, che ha sempre respinto la possibilità di dialogo con la Russia fino a che Mosca occuperà i quattro oblast sul fronte continentale e la Crimea. Può darsi che la proposta sia collegata anche alla considerazione delle difficoltà che l’Ucraina sta avendo al fronte. Nella Convention di Milwaukee, comunque, il candidato repubblicano ha detto che non ci saranno più aiuti all’Ucraina.
Il presidente ucraino ha dichiarato che non è preoccupato per l’eventuale elezione di Trump perché la maggioranza dei repubblicani appoggia l’Ucraina. Teme o no l’arrivo del tycoon?
Trump ha detto chiaramente che gli aiuti all’Ucraina devono finire. E anche se Kiev ha simpatie tra i repubblicani, non sono pari al sostegno che ha fra i democratici. Zelensky sta mettendo le mani avanti per dimostrare che è lui ad offrire a Putin di sedersi al tavolo della pace. Che l’Ucraina sia stanca, anche per i gravi disagi dovuti ai bombardamenti sulle centrali elettriche, lo dicono pure i media occidentali. Sommando questi elementi con la possibilità che Trump venga rieletto, Zelensky sta rendendo meno rigida la sua posizione.
Le trattative di pace, insomma, sono finalmente un tema all’ordine del giorno?
Siamo ancora all’inizio, ma finalmente, dopo due anni e mezzo, la diplomazia sta riprendendo l’iniziativa per cercare di portare il conflitto a un tavolo di discussione. Bisognerà vedere con quali risultati, ma c’è una certa animazione sul piano politico che autorizza a sperare che Russia e Ucraina si possano parlare: certo, sarà difficile che Putin accetti di cedere regioni che sono state annesse per legge al territorio russo. Tanto è vero che continua a spingere per occupare quelle zone che fanno parte degli oblast annessi ma che non sono ancora in mani russe. Reparti nordcoreani del genio, intanto, stanno affluendo nei territori di quattro oblast ucraini per contribuire alla ricostruzione delle infrastrutture. Sul fronte ucraino, invece, bisogna tenere conto che ci sono fino a 400mila giovani espatriati per non dover andare a combattere: vuol dire che non sentono così forte l’esigenza di difendere i loro territori.
La Tass riferisce che Trump e Putin potrebbero avviare un dialogo diretto per mettere fine alla guerra in Ucraina. Cambierebbero anche i rapporti tra le due potenze?
Trump ha ribadito che, se tornerà a essere presidente, bloccherà il conflitto in 24 ore. È chiaro che cercherà di avvicinare Putin per risolvere il problema. Il capo del Cremlino gli ha anche espresso solidarietà per l’attentato. Certo, Trump è imprevedibile e opportunista. Gli USA però si sono stancati della guerra in Ucraina: nell’ultimo summit della NATO ci si è affrettati a rendere permanente il supporto all’Ucraina proprio in previsione della rielezione di Trump.
C’è speranza in un allentamento della tensione fra l’Occidente e la Russia?
La Russia, che si chiami impero zarista, Unione Sovietica o Federazione Russa, è il nemico storico degli Stati Uniti sin dal XIX secolo. Non è che all’improvviso diventeranno alleati. Avranno probabilmente dei rapporti meno tesi, anche se i due stati maggiori, americano e russo, si sono sempre parlati per evitare che le attività sul fronte potessero subire accelerazioni tali da far pensare che un blocco o l’altro fosse intenzionato a un attacco: la diplomazia è fatta di due canali, quello pubblico e quello sommerso.
Nonostante le aperture, il segretario della NATO Stoltenberg ha detto che dovrebbero essere autorizzati attacchi sul territorio russo con le armi occidentali e lo stesso Zelensky ha chiesto 25 sistemi Patriot per la difesa aerea. Al di là dei discorsi, rimane il pericolo di un’escalation?
Ci sono bombardamenti notturni da una parte e dall’altra, incursioni di droni che entrano in profondità nel territorio russo e azioni russe con bombe plananti che non si sentono arrivare perché vengono sganciate 40-50 chilometri prima dagli aerei. Si continua a morire. Secondo fonti occidentali i russi perdono mille uomini al giorno. Il conflitto sta andando avanti. Se si riuscisse a ottenere anche un cessate il fuoco temporaneo, sarebbe un buon risultato.
Di fronte alla proposta di Zelensky di un incontro per la pace, la risposta del Cremlino è stata che bisogna capire bene cosa intende il presidente ucraino. A che condizioni potrebbe aprirsi il negoziato?
Se Putin afferma di essere disponibile a partire dalle posizioni raggiunte dalle forze russe, questo andrebbe a inficiare la posizione ucraina. Zelensky vorrebbe organizzare tre incontri in estate, su diversi temi, sulla scorta di quelli realizzati in Svizzera, per poi elaborare un piano da presentare ai russi. Potrebbe essere un’idea, ma bisogna vedere a che condizioni Putin sarebbe disposto ad accettare.
(Paolo Rossetti)
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