L’ultimo allarme viene da Varsavia: secondo il premier Mateusz Morawiecki, uomini della Wagner in Bielorussia sarebbero pronti a utilizzare e infiltrare i flussi migratori illegali per destabilizzare la Polonia. Ci sarebbero manovre in corso nel corridoio di Suwalki, che collega la Bielorussia alla enclave russa di Kaliningrad passando tra Polonia e Lituania.
“Morawiecki in realtà cerca di giustificare quanto ha fatto” spiega al Sussidiario il generale Giuseppe Morabito, diverse missioni all’estero, membro fondatore dell’Igsda e del Collegio dei direttori della Nato Defense College Foundation. “Ha creato una organizzazione di contractors polacchi sulla falsariga dei Wagner russi, ma è impensabile che in questo momento ci sia una spiralizzazione della guerra indotta da un possibile attacco Wagner dalla Bielorussia. Non ci sono le condizioni e non conviene a nessuno”.
Con Morabito abbiamo fatto il punto sull’andamento del conflitto, dalla controffensiva ucraina ai recenti sviluppi che riguardano il Mar Nero e il supporto occidentale.
Generale, quali sono i risvolti strategici del ritiro della Russia dall’accordo sul grano?
Ancor prima che la Russia decidesse di uscire dalla Black Sea Grain Initiative (l’accordo sul grano firmato a Istanbul il 22 luglio 2022, nda), essa si era più o meno fermata. Il numero di spedizioni è diminuito, con solo 1,3 milioni di tonnellate esportate a maggio. Nessuna nuova nave è stata registrata nell’ambito dell’iniziativa dalla fine di giugno. Il ritiro della Russia dall’accordo, quindi, non ha lo stesso impatto sulle forniture seguito alla sua aggressione all’Ucraina. Il divieto “de facto” della Russia sulle spedizioni ucraine significava che i mercati delle materie prime si aspettavano che uscisse dall’accordo.
E il successivo avvertimento della Russia di non poter più garantire la sicurezza della navigazione nel Mar Nero nordoccidentale?
Ha alzato la posta in gioco. Ma era stato già preparato un piano di riserva per far uscire le spedizioni di grano ucraino anche senza l’accordo.
Cosa prevede tale piano?
Un fondo di garanzia di 500 milioni di dollari per coprire eventuali danni o spese sostenute dalle navi che attraversano il Mar Nero, e la spedizione di più grano in Europa attraverso il Danubio. Prima della guerra, su questa rotta venivano esportate alcune centinaia di migliaia di tonnellate al mese. Nell’ultimo anno, questa cifra è aumentata a 2 milioni e c’è il potenziale per raddoppiarla.
E adesso?
Sebbene l’Ucraina possa continuare a esportare senza l’accordo sul grano del Mar Nero, la sua fine non arriverà senza dolore. Gli agricoltori ucraini subiranno un duro colpo. E l’aumento dei costi logistici significa che dovranno vendere a un prezzo scontato. Ma c’è un’altra variabile.
Quale?
C’è da fare i conti con l’autarchia turca e il suo presidente, che cercherà di avere comunque un suo tornaconto. A mio parere la partita del Mar Nero al momento non ha vincitori, ma ripeto, attenzione a cosa farà Ankara, che fino a ieri “guadagnava” dal mercato dei cereali.
Come valuta invece la “fornitura gratuita” di grano promessa da Putin ai Paesi africani? È il principale risultato del summit Russia-Africa di San Pietroburgo.
Putin ha dichiarato di essere pronto a consegnare entro tre o quattro mesi tra le 25mila e le 50mila tonnellate di cereali a sei Paesi: Mali, Burkina Faso, Repubblica Centrafricana, Eritrea, Zimbabwe e Somalia. Sono i Paesi più vicini a Mosca, con l’eccezione della Somalia, che si ritrova ad usufruire del dono russo non per allineamento politico, ma per la situazione di rischio carestia in cui si ritrova. La domanda è se la Russia stia battendo l’Ue e gli Usa nel suo impegno con l’Africa.
Lei cosa dice?
Bruxelles mostra ottimismo sulla limitata partecipazione di leader al summit russo. Ma dei 55 Paesi invitati, 49 hanno inviato una delegazione, segno che il continente in generale è interessato a continuare il dialogo con la Russia, nonostante il suo governo sia considerato un’autocrazia. È evidente che i Paesi africani intendono calibrare con pragmatismo le proprie relazioni internazionali.
Ci spieghi meglio.
La Russia non è una potenza economica, ma un fornitore di sicurezza, anche attraverso società private come la Wagner, che a quanto pare continuerà il suo ruolo nel continente. Mosca vista dall’Africa è un attore globale da ascoltare. Così come lo è la Cina, e lo restano a maggior ragione gli Stati Uniti. L’Africa, come altre parti del mondo – principalmente il Medio Oriente –, vuole evitare scelte nette di campo.
La controffensiva ucraina è in corso di svolgimento, ma oggi ancora on sappiamo quali siano le sue direttrici principali e i suoi obiettivi strategici. Qual è il bilancio della controffensiva al momento?
La controffensiva ucraina procede a rilento. Ci sono diversi fattori che possono spiegare questa situazione, tra cui l’addestramento accelerato dei soldati di Kiev, la mancanza della superiorità aerea e i campi minati realizzati dai russi, che gli ucraini stessi non si aspettavano così estesi. È una lotta di grande logoramento da entrambe le parti. La guerra nei prossimi mesi continuerà a esserlo ed anzi entrambi i contendenti si stanno preparando a combattere per un altro anno ancora.
In dettaglio, cosa può dirci della situazione sul terreno?
Stando alle dichiarazioni dello stesso ministero della Difesa di Kiev, le truppe ucraine avanzano di qualche centinaio di metri al giorno sia nella zona di Zaporizhzhia, a sud, con l’obiettivo di sfondare verso Melitopol e poi arrivare sul Mar di Azov, sia nella zona di Bakhmut, dove c’è pressione ucraina da qualche settimana. Ma anche qui le avanzate si misurano nei termini di qualche chilometro. A questo bisogna aggiungere che i russi hanno cambiato modo di combattere dopo le sconfitte dello scorso settembre a sud di Kharkiv.
In che modo? Come si sono riorganizzati?
Con una fittissima rete di postazioni anticarro, anche mobili, cercando di mimetizzarsi con la vegetazione. Quindi, in primis, la lentezza dell’avanzata ucraina è spiegata da questa organizzazione difensiva russa che è molto ben articolata, in seguito alla quale anche Kiev ha dovuto cambiare tattica, anche perché ha subito sensibili perdite sia in termini di vite umane che di carri armati, il 20% dei mezzi corazzati nei primissimi giorni della controffensiva, secondo stime Usa. Dunque è difficile fare previsioni.
Le forniture, in particolare i Leopard e gli F-16 americani entro il 2023, si possono considerare risolutive?
No, non lo sono. I Leopard sono arrivati ma bisogna saperli usare nel modo corretto e nelle aree dove possono essere determinanti. Ripeto: gli operatori ucraini hanno avuto poco tempo per addestrarsi e coordinare l’addestramento con la fanteria che deve agire a copertura dell’azione dei carri.
E il supporto aereo?
Gli F-16, qualora disponibili negli aeroporti ucraini, devono avere piloti di Kiev addestrati e “combat ready”, ci vogliono mesi di preparazione per essere in grado di essere efficaci. Al momento e per altro tempo la Russia mantiene la superiorità aerea nell’area di combattimento.
Secondo il Wall Street Journal gli americani sapevano che Kiev non aveva armi sufficienti per una controffensiva che infatti non si dimostra all’altezza. Come giudicare queste “rivelazioni”?
Sono fonti giornalistiche. Benché autorevoli, ritengo che il Pentagono non abbia mai fatto trapelare tale tipo di informazioni. Suppongo che se gli ucraini hanno azzardato un approccio controffensivo abbiano avuto il benestare Usa e Nato.
Qual è a suo modo di vedere l’evoluzione prossima ventura del conflitto?
Questa è una guerra totale, convenzionale, simmetrica e ad alta intensità: niente in essa avviene rapidamente, in quanto i potenziali militari complessivi in gioco sono enormi e ogni spostamento di equilibrio avviene con un’inerzia immensa dovuta alla massa di uomini e mezzi in gioco. Dunque aspettarsi sviluppi rapidi è impossibile, perché è una lotta di grande logoramento da entrambe le parti. La guerra nei prossimi mesi continuerà a essere logorante e sanguinosa per la lenta progressione di qualche chilometro, ostacolata in modo molto pesante dai russi.
Ripeto le sue parole: se Kiev ha deciso la controffensiva, è perché ha avuto il via libera degli Usa. A Washington potevano non conoscere i problemi?
La previsione tutta occidentale che i russi avrebbero ceduto non si è realizzata. È chiaro che questa avanzata molto lenta soprattutto nella zona di Zaporizhzhia potrebbe portare prima o poi a qualche conquista significativa, ma in questo momento non si vedono possibili risultati tali da cambiare questo ritmo lento. Possiamo perfino fare un paragone storico.
Ci dica.
Quanto avviene mi ricorda gli attacchi di ottant’anni fa degli Alleati alla linea difensiva Gustav organizzata dai tedeschi in Italia centrale durante la seconda guerra mondiale, considerando però che gli Alleati avevano la superiorità aerea. Purtroppo, i civili di Zaporizhzhia potrebbero fare la stessa fine di quelli di Cassino o San Pietro Infine.
La direttrice di Zaporizhzhia è quella più promettente?
L’avanzata molto lenta soprattutto nella zona di Zaporizhzhia potrebbe portare, prima o poi, a qualche conquista significativa se riuscisse a raggiungere le sponde del mare e tagliare in modo definitivo e duraturo il collegamento tra Russia e Crimea. Difficilissimo da ottenere, viste le forze e l’addestramento messo in campo al momento.
Come commenta le dichiarazioni sull’Ucraina della Meloni a Washington?
Per il Governo italiano rimanere al fianco dell’Ucraina rappresenta l’unica via per raggiungere una soluzione diplomatica al conflitto, e chi sostiene la bizzarra tesi per cui gli alleati di Kiev stanno favorendo la guerra si sbaglia: è esattamente il contrario. Per il presidente Meloni avere aiutato l’Ucraina a resistere all’invasione per oltre 500 giorni significa “costruire uno stallo, che è la base negoziale più potente di tutte: la diplomazia ha bisogno di un certo grado di equilibrio, che abbiamo costruito in questo modo”. Una risposta che non posso che condividere. Il nostro Paese deve continuare e rafforzare l’impegno a sostenere l’Ucraina nei modi e con i mezzi a sua disposizione. È una battaglia per la democrazia.
(Federico Ferraù)
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