Dire come andrà a finire la guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina non è certo facile. Sul tavoli ci sono troppe variabili per lo meno su tre livelli. Sul piano tattico, cioè sul campo, su quello strategico, il tutto dentro il grande gioco mondiale. Che a sua volta si fa sempre più complicato e imprevedibile con le medie potenze regionali, dalla Turchia all’Iran, che cercano spazi di manovra propri e poco ascoltano i padrini.
Sul campo, il conflitto ormai ha le caratteristiche di una guerra d’attrito stile Prima guerra mondiale dentro una cornice post-moderna iper tecnologica di net war, con la Russia forte sempre della sua strategia, artiglieria e uomini, bombe e assalti, entrambe risorse a suo favore. Con un calcolo strategico semplice e impressionante. Ogni mese l’esercito russo per conquistare pochi chilometri perde alcune migliaia di uomini, c’è chi dice cinque, chi dieci, ma non è la contabilità spicciola il dato importante, che però riesce a rimpiazzare. Il primo anno lo sforzo è stato retto dall’esercito di ventura della Wagner e dai detenuti, nel frattempo i volontari e coscritti si addestravano e così via.
E così è stato per gli armamenti. La poca sofisticheria tecnologica, la rozzezza degli armamenti della fanteria russa era ben compatibile con un addestramento semplice delle truppe di massa compresi gli ex galeotti, ma questo ha permesso un rifornimento continuo da parte di un’industria di guerra che impiega tre milioni e mezzo di lavoratori senza contare l’aiuto dei Paesi amici come l’Iran e la Corea del Nord che hanno inviato milioni di proiettili. La Russia infatti produce 250.000 munizioni di artiglieria al mese, circa 3 milioni all’anno e sparano 10.000 proiettili al giorno.
Il calcolo di Putin è semplice. I numeri sono a vantaggio di Mosca; l’Ucraina non dispone delle stesse risorse, ma nemmeno l’industria bellica occidentale riesce a stare dietro al ritmo del consumo. Lo schema russo è chiaro, logorare le truppe ucraine, impedire che le riserve rimpiazzino i caduti. Anche l’ultima offensiva al Nord aveva lo stesso scopo, distrarre le forze migliori di Kiev, portarle via dal fronte Est. Allungare il fronte.
Anche la superiorità tecnologica dei Paesi Nato serve a poco. Ogni nuovo sistema d’arma introdotto, compresi i Mirage promessi dalla Francia, ha bisogno di mesi di addestramento e quindi dall’annuncio alla realizzazione passa per lo meno un anno. E poi c’è un’altro fattore da tenere conto. In guerra esiste una logica comune a quello che succede in economia tra due attori. Esistono soglie di entrata e curve di apprendimento. Quando un’azienda lancia un nuovo prodotto sul mercato, le sue caratteristiche, dalla produzione al marketing, possono essere estremamente raffinate e complicate ed escludere la concorrenza del concorrente che non dispone nell’immediato di quelle risorse. Ma questo gap non è destinato a durare nel tempo. L’avversario può approntare diverse strategie per far fronte alla sfide: può dotarsi degli strumenti che gli mancano oppure può adottare prodotti alternativi sostitutivi. Certo nel frattempo il tempo passa, ma prima o poi la “curva di apprendimento” si restringe. Ed è quello che sta succedendo per la Russia. In un articolo su Business Insider riportato da “Analisi Difesa” del 6 giugno di Nicola Cristadoro, si legge che “il picco di efficienza di un nuovo sistema d’arma è solo di circa 2 settimane prima che siano adottate le contromisure” da parte russa, mentre prima ad esempio la granata di artiglieria Excalibur da 155 mm a guida GPS “aveva un tasso di efficacia del 70% nel colpire i bersagli quando è stata utilizzato per la prima volta in Ucraina”, ma che “dopo sei settimane, l’efficacia è scesa al 6% perché i russi hanno adattato i loro sistemi di guerra elettronica per contrastarla”. E queste notizie non sono di fonte sospetta, ma compaiono in una dichiarazione al Congresso americano nel mese di marzo.
La strategia di Putin è chiara. I numeri sono dalla sua parte, ma dalla sua può contare su qualcosa che i suoi nemici e avversari non hanno. Il tempo, di cui invece la Russia dispone a dismisura. Perché il suo orologio non batte i secondi al ritmo dell’economia, della paura della morte, ma della volontà imperiale della Grande Russia. Ed è sicuro che i paesi Nato cederanno prima.
Calcolo sbagliato? Difficile a dirsi, ma quello che è chiaro è che la partita ucraina è una tessera del puzzle più vasto, e allora bisogna allargare lo sguardo, abbracciare il Mar Baltico diventato un lago atlantico con l’entrata nell’Alleanza di Finlandia e Svezia, andare verso l’Artico, alle nuove rotte, ai giacimenti di terre rare, arrivare al Giappone con la micidiale flotta del Sol Levante in costruzione, continuare il giro passando per l’Australia con i sottomarini nucleari, con l’India e la “nuova via del cotone” che aggira la cinese Via della Seta, passando per l’Arabia e Israele.
Ma questo capitolo a un’altra volta. Con la sicurezza che il resto del mondo non ragiona, nel bene e nel male, come noi.
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