L’invasione di una parte del territorio ucraino da parte dell’esercito russo ha riportato la guerra tradizionale al centro delle preoccupazioni strategiche del mondo contemporaneo.
Il conflitto in Ucraina è diventato, nel corso dei mesi, una guerra di stallo: lo scenario peggiore nello svolgimento di una guerra militare. Basta fare riferimento alla storia militare. Nonostante l’innovazione tecnologica, le nuove armi testate dai soggetti coinvolti in questo conflitto, dall’Ucraina e dalla Russia, non hanno evitato questa trappola, cioè, appunto, la guerra di stallo. Rivolgere tuttavia la nostra attenzione esclusivamente a questo aspetto, alla dimensione tecnologica del conflitto, rischia di farci perdere di vista una dimensione più importante, quella economica.
E ciò accade perché nonostante le numerose e rilevanti innovazioni tecnologiche in campo militare, a livello strategico molti analisti sono ancora fermi al paradigma di Clausewitz, paradigma secondo il quale esiste un rapporto strettissimo tra politica e guerra. Ma questo paradigma non è più in grado di rispecchiare la complessità della realtà attuale, né di descrivere la complessità di rapporti di potere che caratterizzano la realtà attuale.
Ritornando al conflitto di oggi è difficile non sottolineare come abbia messo in evidenza alcuni aspetti di grande rilievo sotto il profilo strategico: il fallimento della guerra-lampo delle forze speciali russe in direzione di Kiev, l’offensiva russa contrastata sia pure in modo parziale da una reazione efficace dell’esercito ucraino, lo sviluppo graduale ma inesorabile di una guerra di trincea, il ritorno al ruolo sempre più rilevante dell’artiglieria nel bombardamento della truppa a terra. E, infine, l’incertezza sulla controffensiva più volte annunciata dall’Ucraina, controffensiva che però dovrà tenere conto del costo umano.
Insomma, dopo un anno e tre mesi di conflitto tra Ucraina e Russia, l’esito militare non è una certezza strategica ed è per questo che diventa sempre più necessario arrivare a una soluzione di mediazione, come indicato anche da numerosi analisti americani non sospettabili di essere anti-atlantici.
Un altro aspetto che merita di essere sottolineato è la ricerca di una giustificazione o di una legittimità da parte della Russia. Al di là della nazificazione contro cui è stata lanciata l’operazione speciale – un semplice pretesto, nonostante in Ucraina esistano forze estremistiche che considerano ancora oggi il Terzo Reich un vero e proprio liberatore dal dominio comunista – la piega imprevedibile presa dalla guerra ha indotto il leader del Cremlino a giustificare l’intervento attuale con la necessità di difendere la Russia dalla volontà egemonica dell’Occidente di eliminarla dallo scacchiere mondiale.
Se poi rivolgiamo la nostra attenzione agli altri competitors non possiamo fare a meno di osservare che la Cina non ha alcun interesse a condurre gli Stati Uniti a una guerra analoga a quella attuale. Al contrario, sono gli Usa che hanno tutto l’interesse a spingere la Cina a commettere un errore analogo a quello della Russia, facendo sempre più pressione su Taiwan.
Ritornando, infine, al convitato di pietra di questa guerra, numerosi analisti ancora schiavi del paradigma di Clausewitz non hanno compreso che dalle guerre si possono trarre profitti sul piano geopolitico e sul piano economico: hanno infatti dimenticato come nella storia gli Stati Uniti abbiano posto fine al dominio degli imperi europei e li abbiano sostituiti nel conseguimento dell’egemonia mondiale. Sarebbe necessario ricordare questo ai leaders politici europei e agli studiosi di strategia militare europei, e cioè che uno degli obiettivi del conflitto in corso è annientare l’Europa sotto il profilo economico, politico e militare.
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