All’1.30 la centrale nucleare di Zaporizhzhia è in fiamme, colpita dalle bombe russe, con gravissimi rischi per la sicurezza degli impianti, dice il presidente Zelensky nella notte. “Non torno indietro” ha detto Putin in un suo discorso diffuso nel pomeriggio di ieri, proprio mentre si svolgeva il secondo round di negoziati tra Russia e Ucraina. Le parti hanno concordato un cessate il fuoco temporaneo per permettere i corridoi umanitari, con evacuazione dei civili coordinata da entrambe le parti.
Oltre questo, però, le distanze restano marcate. Vladimir Medinskij, capo negoziatore di Mosca, ha detto – senza per ovvie ragioni fornire dettagli – che le posizioni per una soluzione politica del conflitto sono chiare e su alcuni punti la condivisione c’è; da parte ucraina, invece, il consigliere presidenziale Mykhailo Podolyak ha dichiarato che “sfortunatamente i risultati di cui l’Ucraina ha bisogno non sono ancora stati raggiunti”. Nondimeno è stato concordato un terzo round di negoziati. Si tratterà ora di vedere se gli ultimi sviluppi delle operazioni militari – bombardamento delle maggiori città, preparativi russi per lo sbarco a Odessa e da ultimo l’attacco a Zaporizhzhia – affonderanno o meno le trattative.
“La decisione di Putin” dice al Sussidiario Paolo Quercia, docente di studi strategici nell’Università di Perugia e direttore di GeoTrade, “ci ha messo nell’angolo. Non c’è alternativa a reagire sul piano economico. Tutti gli altri livelli sono o troppo pericolosi o inefficaci. Dunque avanti con le sanzioni. Noi pagheremo un alto prezzo, la Russia un prezzo elevatissimo”. Secondo Quercia il loro impiego deve essere progressivo, calibrato, per indurre Mosca a trattare.
Qual è stato finora il maggior errore di Putin? Intendo sotto il profilo strategico, visto che dal punto di vista militare non sappiamo come stiano le cose sul campo. Ricompattare l’Europa?
La strategia è un modo di mettere insieme obiettivi e risorse disponibili. Per cui è sempre difficile dire che una strategia è sbagliata, a meno che essa non sia chiaramente inadeguata a mettere insieme gli obiettivi con le risorse. Ovviamente non conoscendo gli obiettivi reali di Mosca, quanto essi siano limitati o totali, è difficile giudicare la strategia. Quello che qui possiamo giudicare è lo strumento della guerra, la decisione geopolitica di invadere l’Ucraina per smembrarla e porre fine all’esistenza di una nazione ucraina, aprendo un processo di russificazione del Paese.
La sua opinione?
È ovviamente una decisione inaccettabile, una guerra etnica per dividere la Russia dall’Europa, non giustificata da nessuna strategia o esigenza geopolitica.
Lei ci ha già spiegato che le strategie sono segrete che per questo è difficile commentarle. Nondimeno ha scritto che l’obiettivo di Mosca è quello di “far emergere una seconda Ucraina” da interporre tra Mosca e l’Occidente. Perché metà Ucraina e non tutta, come avrebbe invece riferito oggi Macron dopo avere parlato con Putin?
Questa è una mia deduzione derivata dall’osservazione dei primi giorni di guerra, l’entità delle forze, le tattiche di combattimento, le direttrici d’azione. I russi hanno necessità di chiudere in poche settimane al massimo la guerra e non ritengo che possano perseguire la distruzione o l’assimilazione di un Paese di 40 milioni di abitanti grande più della Francia in questo breve lasso di tempo.
Alcuni dichiarazioni di ieri. Putin: “I militari russi stanno combattendo per la pace, per non avere un’anti-Russia” creata dall’Occidente. Zelensky: “dialogo con Putin unico modo per fermare la guerra”. Tutto questo mentre sono in corso i colloqui e i russi sembra si preparino a sbarcare a Odessa. Vede le condizioni per una cessazione delle ostilità?
Non nei prossimi giorni, ma nelle prossime settimane forse. Ad ogni modo dipende solo dalla Russia. Sono i russi che hanno scatenato questa guerra e solo loro possono decidere di terminarla.
A proposito di Europa. Finora la Commissione ha fatto l’unica cosa che forse poteva fare: adottare e rilanciare la pressione sanzionatoria americana. Quali sono le iniziative che sono state adottate? Vuole riepilogarle in breve?
Sono sanzioni di vario tipo, ma principalmente sanzioni finanziarie di elevato livello. Fatto salvo Gazprombank, a cui noi paghiamo il gas che importiamo, tutte le principali banche e sopratutto la Banca centrale russa sono bloccate.
Lo scenario?
Il Paese ha qualche mese di autonomia, poi rischia l’implosione economica. L’alternativa è una nuova forma di autarchia economica o la cinesizzazione dell’economica russa. O un misto delle due. Ad ogni modo, se la guerra non si interrompe in poco tempo i ponti energetici ed economici tra Mosca e l’Europa salteranno definitivamente, probabilmente per sempre. Noi pagheremo un alto prezzo, la Russia un prezzo elevatissimo.
Le sanzioni sono la scelta giusta?
Sì, in questo momento lo sono. Non possiamo entrare direttamente in guerra con Mosca. Non possiamo far finta di nulla mentre un Paese europeo viene fatto a pezzi. Non c’è alternativa. Anche le sanzioni vanno però usate strategicamente. Sono un arma pericolosissima ed efficacissima, non possono essere usate come una clava, ma come un terreno di mezzo tra guerra e pace.
In questo caso cosa significa utilizzo strategico?
Vuol dire che devono essere usate prevedendo delle linee rosse che non possiamo tollerare, ma anche delle possibilità di accordo con Mosca per uscire dalla crisi. Per questo il loro impiego deve essere progressivo e nel porle dovrebbero anche essere indicate le condizioni alle quali possono essere rimosse.
Si può farne un bilancio in termini di effetto-deterrenza?
Non mi sembra che queste sanzioni siano state utilizzate come deterrenza, ma piuttosto per infliggere un danno economico. Se temporaneo o definitivo dipende a questo punto da Mosca. Per essere sanzioni deterrenti si dovevano mettere prima dell’inizio delle operazioni militari, come chiedevano i repubblicani in Congresso in America.
E noi? Siamo pronti a subire gli effetti delle nostre sanzioni?
Le conseguenze economiche ci saranno principalmente per effetto della guerra. Quelle prodotte dalle sanzioni sono forse inferiori a quelle belliche. Se le sanzioni contribuiscono a ridurre la durata della guerra e dunque il danno bellico, il saldo netto potrebbe addirittura essere positivo.
Lei ha parlato di “calibrazione delle sanzioni secondo obiettivi realistici”. Cosa significa?
Che le sanzioni non dovrebbero essere messe per scopi punitivi, o per favorire il regime change a Mosca, ma come strumento per tentare di condizionare il comportamento nel conflitto dei russi. Non è detto che funzionino ma sono il migliore strumento che abbiamo. D’altronde numerosi sono anche i casi in cui lo strumento militare è inefficace e così quello diplomatico. Qui fondamentale è come viene costruito l’impianto sanzionatorio, la politica delle eccezioni, il livello di multilateralismo su cui si riesce a coinvolgere gli altri Paesi.
Ma le sanzioni restano la via obbligata.
Sì, perché la decisione di Putin ci ha messo nell’angolo. Non c’è alternativa a reagire sul piano economico. Tutti gli altri livelli sono o troppo pericolosi o inefficaci. Per il momento ritengo che il livello energetico vada lasciato fuori dal raggio d’azione sanzionatorio.
Macron sembra impersonare il ruolo di voce unica europea nel dialogo con Putin. Per l’Europa è un progresso politico o quello del presidente francese è un ruolo che rischia di minarne la coesione e gli obiettivi?
In questo momento Macron è la migliore carta politica che l’Europa abbia per trattare con Mosca. Ma è Putin che non vuole trattare con Macron. Il suo progetto è dividere ed intimorire l’Europa. Lui l’accordo lo cerca con gli Usa, che però non glielo daranno mai, perché le sue richieste sono irricevibili.
Come le pare il dibattito politico e mediatico intorno alla guerra in Ucraina?
Mi sembra davvero surreale. C’è un livello di confusione quasi peggiore di quello dell’ultima fase dell’emergenza Covid. Sino ad ora ho visto pochissime serie analisi fatte con la dovuta profondità che una situazione di questo tipo richiederebbe.
Da cosa dipende?
Mi pare chiaro che non abbiamo ben inquadrato quali sono gli interessi in gioco. Purtroppo agli italiani piace giocare con la storia, la geopolitica, la strategia e purtroppo anche con la guerra, con un dilettantismo impressionante. E questa dell’ignoranza strategica del nostro Paese è stata una chiara e deliberata scelta che ora paghiamo.
(Federico Ferraù)
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