Il conflitto interimperialistico russo-ucraino sembra giunto al suo punto di fusione, ossia di risoluzione militare irrinunciabile. Irrinunciabile proprio perché militare. Quindi, consustanziale a un gioco a somma zero: uno vince, l’altro perde. Quindi, la Russia vince e si attesta in Crimea e in gran parte delle terre nere più fertili, lasciando Odessa all’Ucraina per accedere alla trattativa, se vorrà accedere a questa via politica e non perseguita sino a oggi. Ma questa sarebbe una soluzione non negoziata e che sarebbe determinata invece dal fragore e dal clangore delle armi.



La Russia vince perché militarmente non può che vincere, a meno che non vi sia un intervento diretto delle potenze nazionali che aderiscono alla Nato e all’Ue: un intervento con gli scarponi a terra di cui il profeta oggi è il Macron che grida ad alta voce di voler fare quello che gli inglesi fanno in silenzio dall’inizio della guerra. Macron ha scelto di correre il rischio perché è convinto che la Russia non possa essere contenuta nella guerra se non dalle armi.



Sottovaluta che la strategia aggressiva russa si fonda sulla convinzione da parte della maggioranza dominante della Russia che gli Usa vogliano continuare manu militari ciò che perseguirono con Eltsin e che Putin fermò sino a far presagire un’inversione della strategia di rapina anglosferica candidando la Russia sia all’Ue, sia alla Nato. Convinzione di aggressione da parte degli Usa che in Russia è alimentata dalla convinzione che si sia messa in atto la decisione di espropriare la Russia degli assets che i suoi oligarchi e lo Stato posseggono in Europa amplificando sino al cielo le sanzioni.



La profezia di Karaganov – il più significativo intellettuale del processo che sviò Putin dal perseguimento dell’inserimento nell’Ue (quindi, a una crescente occidentalizzazione) e nella Nato (quindi, a una crescente anglosfericanizzazione) -, affermando che al fallimento di questo processo sarebbe succeduta la politica di annessione e di estrazione di tutte le risorse russe in uno scambio ineguale che poteva essere fermato solo con una guerra di aggressione, si avvererebbe. Ma sarebbe una guerra totale alla soglia del conflitto nucleare.

I russi vivono in uno spazio immenso con rare città e quindi si preparano da decenni alla sopravvivenza nella guerra nucleare. Basta guardare la carta geografica e comprendere che tutte le città europee e con esse la stragrande maggioranza delle popolazioni sarebbero distrutte.

Ecco la scelta: o si dà alla Russia la possibilità di un passo indietro o la guerra continuerà con il rischio di una nuclearizzazione.

Solo la realpolitik ci può salvare. Non lo spirito del profeta che agisce con il principio della convinzione, ma solo il partito weberiano della responsabilità ci può salvare.

Ci sarà tempo per la verità. Ora è il tempo della fine della guerra, costi quel che costi.

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