Valery Zaluzhny non è più il comandante delle Forze armate ucraine, al suo posto arriva Oleksandr Syrsky, finora a capo delle forze terrestri. Un cambio della guardia soft quello messo in scena dal presidente Volodymyr Zelensky, che lo ha annunciato quasi come fosse una decisione presa di comune accordo, mentre le cronache da tempo riportano dei suoi dissapori con l’ormai ex capo di stato maggiore del suo esercito, che non ha condiviso certe scelte imposte politicamente, come la resistenza a oltranza a Bakhmut.
Ora l’Ucraina potrebbe cambiare strategia anche se non ha molti mezzi per farlo. La sua artiglieria non è dotata come quella russa, spiega Marco Bertolini, generale già comandante del COI e della Brigata Folgore in diversi teatri operativi, tra cui Afghanistan, Libano, Somalia e Kosovo, tanto più che Mosca sta usando anche missili ipersonici, che la contraerea ucraina non ha la possibilità di intercettare. In tutto questo l’Europa rischia davvero di dover sostituire l’America, dove il Congresso non riesce a stanziare 60 miliardi di aiuti militari per Kiev. Tra le alternative c’è perfino l’eventualità che le armi vengano acquistate dalla UE negli Stati Uniti e fornite all’Ucraina. A Bruxelles, intanto, non trovano di meglio che pensare a sanzioni contro Tucker Carlson, giornalista Usa che è andato in Russia per intervistare Putin.
Generale, quali sono le ragioni del cambio della guardia nell’esercito ucraino?
Zaluzhny è stato fatto dimettere. Era una pietra di inciampo per il presidente ucraino, anche perché era più vicino a quella parte del popolo che sta pagando di più la guerra, cioè i soldati. Zaluzhny aveva stigmatizzato l’ostinazione con cui Zelensky aveva voluto tenere Bakhmut, per motivi propagandistici, sacrificando decine di migliaia di uomini per una battaglia che era chiaramente persa. Il capo delle forze armate aveva mosso critiche su questo anche con un’intervista all’Economist.
Poi c’è la mobilitazione.
È l’altro motivo di attrito. Zelensky dice che Zaluzhny gli ha chiesto altri 500mila uomini, cercando di far ricadere su di lui l’esigenza di una misura molto forte, che invece secondo il generale era una richiesta dei politici. Ora che se n’è andato gli addosseranno anche la responsabilità della imminente sconfitta di Avdiivka.
Come possono cambiare le strategie degli ucraini?
L’Ucraina ha poco spazio di manovra, se non cercare di allargare il conflitto. I russi stanno avanzando in maniera significativa a Nord verso Kupiansk e stanno completando l’accerchiamento di Avdiivka. Gli ucraini avrebbero bisogno di una capacità di fuoco che non hanno. Possono sperare nell’arrivo di munizioni che non sarà così facile procurarsi. Rispetto ai russi stanno sparando molto meno, in un rapporto di tre a uno. Potrebbero cercare di colpire la Russia proprio mentre Putin sta uscendo dall’angolo dal punto di vista politico: andrà da Erdogan ed è stato appena intervistato da Tucker Carlson.
Secondo Newsweek la UE vorrebbe addirittura sanzionare il giornalista USA ex Fox per questo.
Noi europei siamo più realisti del re. Abbiamo fatto la guerra perché l’hanno voluta gli americani. Adesso che si avvicina la prospettiva che gli USA con un nuovo presidente cambino atteggiamento nei confronti dell’Ucraina, mentre ci hanno costretto a penalizzare la nostra economia, a deindustrializzarci, a pagare sette volte tanto il gas che prima ci arrivava a domicilio, l’Europa ci verrà a dire che hanno preso provvedimenti anche nei confronti di Carlson? Cosa gli fanno, lo sanzionano? Se c’è una cosa che non si è mai interrotta in altre guerre è stata l’informazione. In questo conflitto, come a Gaza, il giornalismo non c’è, ci sono i comunicati dello stato maggiore. Bisognerebbe poter accedere alle fonti, verificarle e far emergere da questa massa di propaganda ciò che è vero e ciò che non lo è.
I vertici dello stato maggiore ucraino avrebbero lanciato l’allarme per la nuova strategia militare messa in atto dai russi, che impiegano oltre ai droni anche missili ipersonici, talmente veloci che arrivano dopo un paio di minuti dall’allarme non dando alla gente neanche il tempo di ripararsi. Quanto può incidere il ricorso a queste nuove armi?
Questa guerra ha portato innovazioni importantissime e ribadito l’importanza dell’artiglieria. I missili ipersonici russi non sono intercettabili. Volano a Mach 9-10, cioè dieci volte la velocità del suono. Gli ucraini non hanno possibilità di difendersi. Poi ci sono i droni che sono la vera scoperta del conflitto. Possono venire utilizzati in diversi modi, anche al posto degli osservatori di artiglieria che un tempo davano indicazioni per correggere il tiro. Permettono di misurare al centimetro la distanza del colpo dall’obiettivo. Poi ci sono quelli da combattimento che sganciano bombe o sono “suicidi”, cioè centrano essi stessi l’obiettivo. I droni sono diventati imprescindibili e ne stanno producendo tantissimi.
Il Congresso americano non vota i 60 miliardi di dollari di aiuti all’Ucraina. Una delle alternative secondo il New York Times sarebbe quella di “costringere” l’Europa a comprare le armi americane e poi inviarle in Ucraina.
Se non fosse una situazione tragica, sarebbe fantozziana. Questa guerra, voluta e tenuta aperta anche quando poteva finire, adesso la dobbiamo fare noi europei.
Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha scritto sul Wall Street Journal che la vittoria della Russia cambierebbe radicalmente il volto dell’Europa. Non si è accorto che qualcosa è già cambiato?
Questa è chiaramente propaganda. L’Europa è stata stravolta da questa guerra, continuata per volontà americana e britannica anche se poteva fermarsi dopo 15 giorni. Abbiamo interrotto dei rapporti economici e commerciali consolidati con la Russia. Scholz pensa veramente che la Russia voglia occupare manu militari altri Paesi del continente? Ma con quali forze? Anche Zelensky continua a dire che ci stanno difendendo, in realtà nel momento in cui finirà la guerra ricominceremo a parlare con la Russia. È vero, tuttavia, che ci sono altre situazioni di crisi che potrebbero innalzare la tensione.
Quali sono?
La prima è quella del Baltico, dove ci sono due nazioni, Svezia e Finlandia, che sono state neutrali per 80 anni e che improvvisamente hanno chiesto di entrare nell’Alleanza atlantica. La flotta russa di Kaliningrad ora si trova a navigare in un mare NATO. Ci sono delle “mine” disseminate sul territorio e quella che ci deve preoccupare di più è proprio questa.
Finlandia e Lituania, come altri Paesi baltici, si sentono a rischio. Hanno ragione di esserlo?
I Paesi neutrali che separavano la NATO dal Patto di Varsavia e adesso dalla Russia erano un elemento distanziatore che faceva comodo a tutti. La loro entrata nell’Alleanza atlantica è diventato un modo per spingere la Russia a fare quello che ha fatto in Ucraina, anche se non credo che Mosca ne abbia l’intenzione e la forza. In Ucraina sta vincendo, ma sta pagando un conto salato e non potrebbe tenere aperti più fronti.
(Paolo Rossetti)
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