La NATO chiude la porta all’entrata dell’Ucraina e anche Zelensky ormai è consapevole che l’Occidente ha una visione diversa della guerra rispetto alla sua. Anche per questo la prospettiva di una trattativa di pace, per il momento ancora sullo sfondo, comincia almeno a venire considerata. Il presidente ucraino, d’altra parte, sa che nel suo Paese prende piede una narrazione diversa della guerra, la stessa che avrebbe indotto un gruppo di attivisti, bloccati in anticipo, ad assaltare il parlamento contestando la leadership militare e politica.
I russi, però, spiega Maurizio Boni, generale di Corpo d’armata e opinionista di Analisi Difesa, non hanno fretta di trattare. Il problema per Putin non è solo la fine della guerra in Ucraina, ma la definizione di nuovi rapporti con l’Europa dal punto di vista della sicurezza. Una strategia alla quale nessuno da parte europea ha ancora pensato, ma che sarà necessario individuare per immaginare il futuro del Vecchio Continente e le sue relazioni con il vicino di casa.
Zelensky ha dichiarato al Philadelphia Inquirer che la NATO non è ancora pronta ad accogliere gli ucraini e che gli occidentali considerano già una vittoria aver impedito alla Russia di occupare interamente l’Ucraina. Al di là del fatto che non è d’accordo con questa visione del conflitto, tutto ciò potrebbe indurlo a considerare una soluzione diplomatica?
Zelensky sta prendendo atto della situazione. Già prima del confronto tv fra Trump e Biden, sul Kyiv Post ha ammesso che l’Ucraina sta soffrendo perdite significative. Mentre il capo ufficio della presidenza Andrij Yermak, sul Time, ha affermato che non rimane molto tempo per trovare la soluzione di un conflitto che sta producendo molti morti e feriti. Per questo il presidente ucraino dice che stanno definendo una proposta di pace da presentare alla fine dell’anno. È l’elaborazione di una narrativa che tiene conto della realtà. C’è un limite oltre al quale l’Occidente non può andare e Zelensky ne sta prendendo atto.
Su tutto ciò ha influito anche il confronto fra Biden e Trump?
È un aspetto che sta suscitando preoccupazione nelle file della leadership politica di Kiev. Trump ha detto tante volte che con lui la guerra finirebbe molto presto. C’è da aspettarsi che delegittimerebbe Zelensky, il cui mandato è scaduto, per far sì che la conclusione del conflitto non fosse legata a chi non è riuscito a portare a casa risultati, causando distruzioni e rovine. Anche Marine Le Pen ha già detto che in caso di vittoria non invierà un solo soldato francese in Ucraina. E lo stesso Macron è stato protagonista di un’inversione di rotta prima del voto, dichiarando che comprendeva le preoccupazioni dei francesi circa il coinvolgimento diretto di truppe in Ucraina, garantendo che nessun militare sarebbe stato inviato a combattere per Kiev.
Tutto questo, secondo lei, a che cosa potrebbe preludere?
La divisione dell’Ucraina ormai è inevitabile. Bisogna vedere come verrà gestita.
In Ucraina è stato arrestato un gruppo di attivisti che voleva occupare il parlamento. Quanto sono cresciute nel Paese posizioni diverse da quelle di Zelensky?
C’è un dissenso che si sta manifestando dall’estate scorsa, da quando la controffensiva non ha sortito gli effetti sperati. C’è poi molto malcontento per il reclutamento coatto. Chi va al fronte ha la certezza di andare a morire dopo pochi giorni: alle reclute non vengono assicurate neanche cinque settimane di addestramento. La grande stampa non dà riscontro di questo dissenso, ma lo possiamo cogliere consultando bloggers e piattaforme su cui giornalisti e analisti descrivono la situazione con i loro post: un modo per equilibrare l’informazione mainstream cui è abituata l’opinione pubblica.
Ucraini e russi si accusano reciprocamente di propaganda riguardo alla notizia di un possibile ammassamento di soldati di Kiev nei pressi del confine bielorusso, negato dall’Ucraina e invece denunciato da Bielorussia e Russia. Cosa c’è di vero?
Il ministro della Difesa bielorusso ha confermato questo ammassamento. Non è facile capire cosa stia accadendo. Sì, potrebbero esserci ammassamenti: oggi, d’altra parte, quello che avviene sul campo di battaglia non è più solo visibile ai militari. Chiunque può acquistare immagini satellitari dal libero commercio e molte società che gestiscono i satelliti le vendono, persino la Russia le compra. Mi aspetto dei riscontri in questo senso.
La prospettiva che gli ucraini prendano un’iniziativa nei confronti dei bielorussi che senso avrebbe?
Sembra che l’Ucraina stia facendo affluire reparti dalle retrovie, dall’entroterra. Alcune interpretazioni inquadrano questa mossa nel tentativo di provocare un intervento armato della Bielorussia in Ucraina, costringendo la NATO a rispondere. Ma mi sembra una strategia molto grossolana ed è molto difficile che possa essere avallata dagli americani o dagli occidentali.
Com’è la situazione sul campo attualmente?
Lo schema di manovra russo rimane quello delle ultime settimane: una pressione esercitata da Nord che si aggiunge a quella nel Donbass, finalizzata a chiudere la partita in quell’area. L’attacco da Nord serve per distrarre forze ucraine dal Sud. Per questo potremmo aspettarci qualche iniziativa russa nella parte meridionale del Paese. Fermo restando che nemmeno Mosca ha forze infinite.
Tra poco si terrà negli USA un vertice della NATO. Cosa ne uscirà?
Sarà un vertice di passaggio di consegne, visto che a ottobre l’Alleanza avrà un nuovo segretario generale (Rutte sostituirà Stoltenberg, nda). Non ci sarà nessun invito all’Ucraina a entrare nell’Alleanza. Vedremo nelle parole del comunicato finale se verrà presa in considerazione qualunque ipotesi di negoziato.
L’idea di una trattativa di pace per ora rimane ancora nel limbo?
Assolutamente sì. Anche perché le dichiarazioni rese da Putin alla vigilia della Conferenza di pace di Lucerna sono molto significative. Difficilmente si accontenterà di un cessate il fuoco. Secondo lui c’è bisogno di una soluzione permanente. La Russia non ha fretta perché vuole creare le condizioni per una soluzione definitiva, legata possibilmente a una nuova architettura di sicurezza dell’Europa.
Il tema, quindi, non è solo la fine della guerra in Ucraina?
I russi si aspettano una nuova definizione dei rapporti con l’Europa. Anche se quest’ultima finora ha solo una postura reattiva, che non esprime una strategia. Invece bisogna cominciare a lavorarci, perché questa sarà la strada. Il problema non è solo far finire la guerra, ma anche quali rapporti si instaurano dopo.
(Paolo Rossetti)
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