Cresce l’attesa per la riunione del Consiglio direttivo della Bce di domani, che potrebbe varare un nuovo taglio dei tassi di interesse dopo quello di giugno. Gli ultimi dati sull’economia europea non sono confortanti: il Pil del secondo trimestre, sia nell’Ue che nell’Eurozona, è stato rivisto al ribasso (da +0,3% a +0,2%) rispetto alla stima iniziale; inoltre, la produzione industriale di luglio nei tre principali Paesi è scesa su base annua (Francia -2,3%, Germania -5,3%, Italia -3,3%). Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, non ha dubbi su quello che l’Eurotower dovrebbe fare: «C’è stata una lunga attesa per veder rallentare l’inflazione, ma ormai possiamo dire che il target del 2% è stato raggiunto. Dunque, non c’è motivo per non tagliare ancora i tassi almeno di mezzo punto. Penso sia però opportuno segnalare alcuni aspetti interessanti a proposito dell’industria europea».



Quali in particolare?

Dobbiamo prendere definitivamente atto che è saltato il modello che ha garantito lo sviluppo dell’economia tedesca. Inoltre, in mezzo alle turbolenze geopolitiche che abbiamo ogni giorno sotto gli occhi, temo sia in atto un riassetto del tipo di produzione su cui le industrie si orientano.



A quale riassetto si riferisce?

Gli armamenti sono, ahimè, una fonte inesauribile di produzione, anche a elevata tecnologia, e di profitti. E in un momento come quello attuale in cui crescono i conflitti l’industria bellica europea sta lavorando a pieno regime. Resta da capire se un incremento della domanda di armi porterà a un continuo aumento della loro produzione in Europa, come in altre parti del mondo.

Nel Rapporto sulla competitività europea curato da Mario Draghi e presentato lunedì si auspica un aumento degli investimenti in difesa…

Resta da capire cosa si intenda per difesa. Si parla di investimenti che riguardano la produzione dei mezzi necessari alla difesa dei confini o anche alla loro esportazione? Dal mio punto di vista sarebbe bene evitare questo secondo caso. Anche perché c’è il rischio che si crei un vuoto nella produzione di beni di consumo civile, per i quali toccherebbe ricorrere alle importazioni, come potrebbe avvenire presto per le automobili.



Dunque, siamo di fronte a un riassetto che potrebbe essere negativo?

Occorre che l’Europa abbia una cortina genuinamente di protezione con una produzione interna di armamenti, ma privilegiare l’industria bellica rappresenterebbe uno sbilanciamento sfavorevole. Auspicherei, in un momento di riassetto come quello attuale, che ci fosse una prospettiva consapevole, più delineata sui settori su cui dovremmo puntare a livello europeo. Se c’è da scegliere tra burro e cannoni, direi che è meglio optare per il burro.

Oltre all’indicazione delle priorità servirebbero, però, delle risorse per rilanciare l’economia europea.

In questo senso credo faccia bene Draghi a evocare investimenti per cifre che sono elevate rispetto agli standard cui siamo abituati, anche ricorrendo al debito comune. La Germania, nonostante la situazione della sua economia, è ancora restia, ma non so quanto potrà ancora opporre resistenza: sta rischiando di tornare a essere il malato d’Europa. Quel che è certo, se si parla di debito comune, è che la Bce dovrà in ogni caso avere un ruolo centrale.

Cosa potrebbe fare la Bce?

Senza dirlo esplicitamente dovrebbe selezionare dei settori cui garantire finanziamenti con modalità di favore dal punto di vista del credito e dei tassi. Penso sia importante che queste condizioni vengano riservate a quelle produzioni per uso civile che possono consentire all’Ue di essere più in linea con le premesse da cui è nata.

(Lorenzo Torrisi)

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