401 voti a favore, von der Leyen rieletta, verdi determinanti. E il ruolo dei deputati meloniani di ECR ancora da chiarire. Ma non è di questo che abbiamo parlato con Alessandro Mangia, ordinario di diritto costituzionale nell’Università Cattolica di Milano. Il tema politico di fondo, secondo il giurista, è che la Commissione, lo si voglia o no, nasce debole. Lo ha sommessamente ricordato, alla vigilia del voto di Strasburgo, non una pattuglia di “sovranisti” ma la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con una decisione pressoché ignorata dalla stampa. Mentre sull’agenda di von der Leyen il mese di dicembre 2024 è già cerchiato in rosso. Senza contare le prossime elezioni americane: Donald Trump è pronto a smontare il “Green Deal socialista” con il quale l’Unione si sta suicidando.



Professore, da Strasburgo è arrivata subito una conferma: “manterremo la rotta sul Green Deal”, ha dichiarato von der Leyen. Insomma, vince la perfetta continuità.

Al di là della cronaca del voto, che pare ancora confusa, se questa fosse una partita a scacchi i 400 voti che hanno riconfermato la von der Leyen dovrebbero essere definiti il più classico degli arrocchi.



Perché un arrocco?

Perché il gruppo dirigente che ha guidato l’Ue negli ultimi cinque anni, un’Europa che tutti sanno essere a fine corsa, non può fare altro se non chiudersi nel bunker, stappare qualche bottiglia e congratularsi con se stesso. Nel caos generalizzato di queste settimane, fra crisi francese, stasi tedesca, revanscismo polacco, ruggiti dei topi baltici, l’unica area che tiene politicamente è l’area del Mediterraneo: il che è tutto dire. Questo da un punto di vista geopolitico.

E da un punto di vista più propriamente politico?

Facendo finta che il parlamento europeo sia un parlamento in senso proprio, il mercanteggiamento tra famiglie politiche sfrangiate e spaccate al proprio interno non consente di dire nulla di più, se non che i verdi stavolta hanno fatto la parte dei 5 Stelle di cinque anni fa.



Cioè quella di utili portatori di voti?

Precisamente. Alla solita maggioranza popolari-socialisti-liberali raggrumata attorno alla von der Leyen, e cioè raggrumata sul proprio passato, sono mancati una cinquantina di voti anche se stavolta si sono aggiunti i verdi. Che in Italia non esistono, ma esistono in altre parti d’Europa, malate di ambientalismo da sempre.

L’arrocco durerà?

Sfiduciare la Commissione è molto più difficile che sfiduciare un governo nazionale. Chi ha scritto i trattati europei ha fatto del suo meglio per isolare la Commissione dal voto del Parlamento, subito dopo l’entrata in carica.

Alla vigilia del voto, il senatore Mario Monti ha invitato la Meloni a “valutare il peso delle prospettive”, a dimenticare “posizionamenti eterodossi”, eccetera. Insomma, a votare von der Leyen.

Le dichiarazioni del professor Monti, che non si risparmia mai, ci fanno involontariamente ricordare che le Commissioni si possono dimettere per accuse di corruzione. La Commissione Santer del 1999 era, ad esempio, quella in cui Monti era commissario alla concorrenza. Non che c’entri nulla, per carità. Bisogna ricordarlo perché si sa che la gente ha poca memoria, se non gliela rinfrescano i giornali.

Alla fine, qual è il suo bilancio?

Se vuole, si può anche esser contenti di com’è andata, se tiene conto che, se la von der Leyen non ce l’avesse fatta, la riserva era Draghi. Che sarebbe arrivato a settembre al suo posto. Quindi tutto in regola. Un discorso a parte sarebbe da fare da un punto di vista interno, di tenuta del Governo. Ma per quello bisogna aspettare. Le dichiarazioni sono ancora confuse.

Alla Convention repubblicana di Milwaukee Donald Trump ha detto che non vuole “un Green Deal socialista”. Ci interessa l’aggettivo. Infatti, se si vuol fare il Green Deal, il primo problema che si pone è quello di scaricarne i costi e spalmarli. Sui cittadini, ovviamente.

Vede che tornano anche qui i verdi e le loro politiche fallimentari? Quello che noi chiamiamo “dirigismo”, in USA prende il nome di socialism o administrative state. Il punto è che gli americani hanno un altro linguaggio e altre categorie. Che indignano i socialdemocratici europei, che parlano di “Europa sociale” da trent’anni e vaneggiano di uno Stato sociale stile anni 70 esteso a tutta Europa. In realtà le politiche di riconversione industriale volute dalla Germania, dalle sue industrie automobilistiche a fine corsa e da qualche gruppo finanziario sono state spazzate via dalla superiorità cinese e giapponese nel settore tecnologico, dal monopolio russo-cinese delle materie prime necessarie a quella riconversione, dalla rottura delle catene di approvvigionamento energetico dell’Europa dovute alla guerra russo-ucraina. Per non parlare del programma di reindustrializzazione USA, avviato da Biden in questi anni, e che procederà ancora più speditamente con Trump.

A Bruxelles non ci pensano?

Strano, vero? Eppure, è di un paio di giorni fa la notizia che BlackRock ha dichiarato che con il fossile andremo avanti allegramente almeno fino al 2050, visto che non ci sono alternative credibili. Di questa situazione bisogna ringraziare i Timmermans, le von der Leyen, i cultori dell’ambiente come “valore”. Prima poi capiranno che i valori europei stanno tutti in Borsa. In Borsa valori. E quei valori parlano di una riconversione industriale già fallita prima di essere realizzata. Di quella stagione ci resteranno le bottigliette di plastica con il tappo.

Von der Leyen potrebbe dover fare i conti con Trump nuovamente alla Casa Bianca. Tra l’altro, la seduta inaugurale dell’europarlamento si è conclusa con una risoluzione che ribadisce il sostegno militare all’Ucraina “per tutto il tempo necessario e in qualsiasi forma necessaria”. Qua è il suo scenario?

Se Trump riuscirà a sopravvivere al Secret Service che lo dovrebbe proteggere, e arriverà a novembre, non credo che si replicherà lo scenario 2016-2020. Allora l’Unione Europea era diventata la roccaforte nobile da cui guidare la riscossa dei “valori” europei contro la rozzaggine americana. In realtà era il luogo dove una certa parte – diciamo così, politica – occidentale si era arroccata di fronte all’incidente Trump. Quelli che sostenevano Hillary Clinton, per capirci, e leggevano Jacques Attali e Yuval Harari. E guardi che Trump non ha fatto il secondo mandato solo perché è arrivato il Covid, con Fauci e i suoi vaccini, e forse qualche altra cosetta mai chiarita sul computo dei voti.

E stavolta?

Stavolta l’Europa sarà sfiancata dal conflitto ucraino, in una situazione di caduta industriale, in crisi energetica indotta dalla riconversione green fallita, con enormi problemi di stabilità politica: veda la Francia. Sarà molto più debole e difficilmente resisterà agli impulsi che arriveranno dagli USA, Se Trump durerà, sia chiaro. Non prenderei troppo sul serio certe risoluzioni sulla Guerra fino alla fine. Sono atti di omaggio ad un presente già passato.

Che cosa intende?

Intendo dire che l’UE è una creazione tutta americana. I suoi “padri fondatori” non sono stati Monnet, De Gasperi, Adenauer, come si racconta da noi, ma George Kennan, J.W. Fulbright e qualche altro, anche se non è educato dirlo. Finché l’UE è stata l’organizzazione internazionale pensata negli USA e realizzata in Europa ai tempi della Guerra fredda, ha funzionato. E ha funzionato bene. Quando, dopo il 1989, ha preteso di cambiare nome e diventare qualcosa di diverso, è arrivato il disastro presente.

I verdi europei sono strani. Dobbiamo anche a loro il comunicato di mercoledì della Corte di Giustizia UE: la Commissione ha mancato di trasparenza sui vaccini. Ci aiuta a contestualizzare questa decisione?

È chiaro cha anche nell’establishment brussellese l’operato della von der Leyen non deve essere piaciuto proprio a tutti. Che la Corte di Giustizia abbia fatto uscire quel comunicato stampa accogliendo un ricorso di qualche verde proprio un paio di giorni prima del voto, significa che anche lì si è consapevoli di aver tirato troppo la corda con quei 71 miliardi di soldi pubblici distribuiti dalla von der Leyen nel solo 2022 per i vaccini. Non lo dico io. Lo dice la Corte dei Conti Europea. Curioso che i verdi il giorno prima vincano in Corte di Giustizia contro la von der Leyen sui vaccini, e il giorno dopo la mandino a presiedere la Commissione. Vede, non esistono solo i veicoli finanziari. Esistono anche i veicoli politici. Travestiti da partiti. Ne sappiamo qualcosa anche qui in Italia, direi.

Sappiamo anche che la Procura europea ha rinviato a dopo il voto, e cioè a dicembre 2024, la prossima audizione della von der Leyen per corruzione e conflitto di interessi.

Prima di allora ci saranno le elezioni americane, e si vedrà. L’ho già detto in altre occasioni: sarà il voto USA a decidere le nostre sorti. E si vedrà anche se riuscirà a partire, in Italia, la Commissione parlamentare d’inchiesta sul Covid, che è già legge ma è bloccata solo dall’ostruzionismo di qualche gruppo parlamentare che, evidentemente, non vuole che si discuta in pubblico di cosa è successo in quegli anni. Quei gruppi parlamentari erano al Governo, ed hanno responsabilità che vorrebbero lasciare sotto il tappeto.

Se mettiamo insieme tutto questo?

Semplicemente, direi che le sorprese non sono finite. Anzi, cominciano oggi.

(Federico Ferraù)

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