L’interscambio con la Cina è di 700 miliardi di euro e l’Europa è in deficit di 200 miliardi, dopo aver raggiunto quota 300 miliardi due anni fa. Numeri che fanno capire quanto sia importante il rapporto tra Bruxelles e Pechino. Ora però la nuova Commissione europea, guidata da Ursula Von der Leyen, per tenersi buoni i verdi, ha rilanciato il Green Deal, fornendo di fatto un assist all’economia cinese, pronta a invaderci con auto elettriche e non solo.
Nei piani europei, infatti, c’è il divieto di produrre vetture con motore endotermico dal 2035, una decisione che favorisce il settore automobilistico cinese, che, per quanto riguarda le macchine con motore elettrico, è più avanzato del nostro. La UE si trova a un bivio: se Trump diventerà il nuovo presidente USA, osserva Giuliano Noci, prorettore del Polo territoriale cinese del Politecnico di Milano, potrebbe abbandonare l’Europa a sé stessa quanto a difesa e guerra in Ucraina. Per contro l’Unione Europea si troverebbe di fronte a una Cina intenzionata a dividerla, sfruttando il forte legame di alcuni Paesi (come la Germania) con Pechino.
In questo contesto, senza una UE unita, capace di alzare l’asticella degli investimenti tecnologici, c’è il rischio di diventare una sorta di “periferia del’impero”, mentre chi conta sta a Washington e a Pechino. “Se l’Europa non diventa adulta è decadente – spiega Noci – Siamo all’ultima prova, senza appello. Se prendiamo la strada sbagliata rischiamo pesante”.
La Von der Leyen ha indicato il Green Deal come una delle priorità del suo nuovo mandato: la UE resta, quindi, un grande “sponsor” dell’economia cinese, nonostante i danni che può subire?
Tutto va valutato in una chiave più ampia, la chiave sistemica di quello che avviene in Europa e negli USA. La Commissione europea si è sostanzialmente indebolita e la Von der Leyen ha dovuto ammiccare a destra e a manca: il tema del Green Deal è il pegno da pagare ai verdi per compensare l’effetto dei franchi tiratori. Questo, però, ci mette nelle mani dei cinesi. Fare investimenti in tecnologie pulite oggi significa “citofonare Pechino” e farsi consegnare materiali e tecnologia.
Corriamo anche altri pericoli?
La UE si è indebolita, ma gli USA si stanno incanalando verso l’orizzonte trumpista, che diventerà assertivo nei confronti dell’Europa. E lì si incuneeranno Cina e Federazione Russa. Se a novembre vincerà Trump, il gioco sarà quello di spaccare l’Unione Europea. Entreremo in una fase molto complessa nella quale il tema non è solo affidarsi alle tecnologie di Pechino. Potrebbe essere un momento cruciale per il futuro della UE.
A quali dinamiche dobbiamo prepararci?
Da un lato ci sarà la spinta trumpiana per indurre l’Europa a diventare adulta rispetto agli USA, dall’altro le mire tentatrici cinesi, che hanno nella Germania un interlocutore molto agevole: i cinesi sanno che i tedeschi senza di loro sono in grossa difficoltà, cercheranno di incunearsi sfruttando questa debolezza e faranno lo stesso con la Francia. Riguardo all’Italia, attendiamo il viaggio della nostra presidente del Consiglio a Pechino e vedremo cosa succederà. Osservo però che si parla di concedere ai cinesi loghi come quello dell’Autobianchi. Credo che Pechino avanzerà e non solo grazie al Green Deal.
L’obiettivo di Trump, invece, qual è?
Per lui l’Europa è irrilevante. Gli europei non gli interessano e quindi non vede perché deve spendere per loro. Comincerà a dire che le basi militari per gli USA sono un costo e penserà a toglierle, con tutto quello che ne consegue per la sicurezza europea; poi potrebbe decidere che non metterà più soldi nella NATO e che farà lo stesso con l’Ucraina, che diventerà così una questione solo europea.
La sua strategia avrà effetti anche dal punto di vista economico?
Dal punto di vista economico Biden è stato più trumpista di Trump e lo ha dimostrato con tutte le politiche protezionistiche che ha messo in campo. Dal punto di vista geopolitico, tuttavia, l’attuale presidente dialoga con l’Europa e Trump non lo farà, la lascerà sola. Questo eserciterà una pressione drammatica su una Europa debole, che non riesce ad accordarsi quasi su nulla. Paradossalmente, adesso quello che tiene unita la UE è essere nemici della Russia, ma non so quanto durerà, soprattutto se gli americani smetteranno di metterci i soldi.
La Cina, così, sfrutterà la situazione?
L’operazione nei confronti dell’Europa è quella del divide et impera. A quel punto il gioco con loro sarebbe impari: la Cina avrebbe buon partito.
In quali settori si svilupperà il predominio cinese? Ultimamente si parla molto di auto elettriche e dei dazi imposti dalla UE, ma anche il settore delle rinnovabili dipende molto da Pechino. Cosa altro ci aspetta?
La politica dei dazi non ha alcun senso, credo che l’Europa abbia interessi diversi da quelli americani nei confronti della Cina. È un continente che esporta e ha proprio nel Dragone uno sbocco importante. La UE ha la convenienza a sviluppare un dialogo con la Cina, ma deve avvenire su basi negoziali di reciprocità. L’unico modo per garantirle è la coesione di interessi, giocare la scala europea e non quella del singolo Stato. L’Europa ha chance se rimane unita.
Per questo siamo in un momento cruciale?
Siamo alla prova del nove: se Trump taglia il cordone ombelicale e dall’altra parte c’è un soggetto che ammicca pericolosamente, l’unica chance di sopravvivere è di compattarsi. Vale anche dal punto di vista tecnologico. La scala degli investimenti è tale per cui o andiamo verso un contesto unitario o siamo una piccola frazione del mondo. Le sette big tech americane investono quanto tutta l’Europa messa insieme. La UE è destinata a diventare area marginale del mondo.
La von der Leyen ha insistito sulla necessità di sostenere le aziende innovative, è questa la strada?
Ma per competere la scala degli investimenti deve essere nell’ordine delle decine o centinaia di miliardi di euro. Le big tech mettono ciascuna decine di miliardi e tutto il piano europeo è di 100 miliardi in sette anni. In questo modo quella dell’Europa è la scala dell’irrilevanza. Una situazione difficile: occorrerebbe una prova di maturità che non mi sembra di intravedere.
Per quanto riguarda le auto elettriche e le rinnovabili in generale siamo effettivamente a un passo dall’invasione di prodotti cinesi?
Direi proprio di sì. Non abbiamo le tecnologie e vogliamo raggiungere obiettivi sbagliati. Gli obiettivi del Green Deal al 2035 sono giusti dal punto di vista ambientale, ma metteranno in ginocchio l’economia europea. Credo che la UE debba riarticolare i propri obiettivi sulla scala dei tempi: con quelli attuali faccio fatica a pensare che si possano raggiungere certi target senza prodotti cinesi.
La ricetta per la UE, quindi, è fatta di coesione e di investimenti tecnologici. E cosa altro?
Bisogna dialogare con la Cina, a noi conviene farlo. Se Trump chiuderà la porta dalla sua parte e metterà ancora più dazi, dove collocheremo le nostre merci? Trump fa discorsi preoccupanti: per quanto riguarda gli immigrati dice che organizzerà la più grande deportazione della storia, ma l’immigrazione è stato il driver che ha permesso agli USA di crescere in questi anni.
(Paolo Rossetti)
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