Baci, abbracci, congratulazioni: tirando le somme, Roberta Metsola è restata, Ursula von der Leyen pure e – avendo seri dubbi su possibili franchi tiratori in casa propria – la maggioranza di centro-sinistra ha imbarcato pure i verdi per utile sovrappiù. Applaude Forza Italia con Tajani che non sembra in evidente imbarazzo, la Meloni si è volutamente messa ai margini anche perché, a quel punto, non contavano neppure più i voti dei conservatori (Ecr).
Mentre Ursula von der Leyen adesso va in vacanza e delle nomine nella Commissione se ne parlerà a settembre, l’Europa ha fatto intanto un’ulteriore sterzata a sinistra e si è “blindata” per i prossimi anni.
Insomma, l’esatto contrario di quanto era stato espresso dalle tendenze di voto il mese scorso in molti Paesi, ma siccome la democrazia è fatta di maggioranza e – unendosi – ce l’hanno in mano popolari, socialisti, liberali e verdi, meglio per loro arroccarsi nel fortino e ignorare chi dissente, ghettizzandolo e andando avanti così sperando che passi il vento della contestazione. Tanto, l’Europa è lontana e la gran parte dei media sono distratti o compiacenti: nessuno dei principali Tg, commentando il voto per il rinnovo della presidente della Commissione, ha per esempio accennato come solo poche ore prima la stessa Ursula von der Leyen sia stata pesantemente censurata proprio dal Tribunale europeo.
Nessuno se ne è adombrato, la proposta della sinistra per un rinvio del voto è stata respinta come se fosse cosa normale stipulare contratti “privati” per 2,7 miliardi di euro (prima tranche, 71 in totale) per comprare personalmente (!) vaccini dalla Pfizer senza chiarirne prezzi, dettagli ed interlocutori neppure ai deputati di Strasburgo. Se pensate che quel poveraccio di Toti sta bloccato in casa perché “forse” ha gestito in modo irregolare 50mila euro, è roba da dilettanti allo sbaraglio.
Tra l’altro – tornando ai pasticci della von der Leyen – le spiegazioni giuridiche della sentenza di censura sono state così fumose e contorte che c’è sicuramente una “condanna di stile”, ma in concreto poco di più (per ora).
La rinnovata presidente, per raccogliere un ecumenico consenso, alla fine ha solo preannunciato un’ancor più forte chiusura a Putin e poi tante, tantissime chiacchiere sui grandi principi e genericità su green, migranti, Mediterraneo, agricoltori in piazza e perfino proponendo una commissione per gli affitti.
Vedremo quando dalle parole si passerà al pratico, ma – parliamoci chiaro – queste cose all’europeo medio interessano poco, anche perché tutti hanno capito che tanto a Bruxelles non cambia mai niente e nei decenni si è ormai formata una crosta burocratico-politica inossidabile ed auto-referenziata, bene attenta – prima di tutto – a difendere i propri interessi.
Nei suoi primi 100 giorni la von der Leyen ha comunque assicurato mosse importanti soprattutto in chiave green (altrimenti niente voti verdi a favore) in un quadro mondiale sempre più complesso, soprattutto se dall’altra parte dell’oceano Donald Trump rilancerà (come ha annunciato) l’industria americana e le produzioni energetiche fregandosene (come purtroppo in quasi tutto il resto del mondo) delle paturnie verdi europee, ma mettendo potenzialmente così in crisi interi comparti delle nostre produzioni industriali. Costeranno cari quei voti verdi, e bene ha fatto la Meloni a dissociarsi sottolineando che non è ghettizzando che si crea una “Unione” Europea e rimanendo fedele – pochi lo hanno ammesso – alla parola data ai propri elettori.
Giudicheremo il contentino che sarà concesso all’Italia, intanto Draghi pare completamente giubilato, Fitto prepara le valige in andata e Gentiloni quelle di ritorno, ma è roba da piccolo cabotaggio, nessuna navigazione oceanica.
Salvo che a novembre, proprio da oltreoceano, non suoni la sveglia della concretezza ed è incredibile che chi vuole cambiare qualcosa in Europa debba quasi sperare in Trump, ma è la constatabile verità. Il vecchio Donald metterà in riga perfino gli europei? Chissà; d’altronde manca poco per saperlo.
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