Oggi è un giorno chiave per l’Ue. Si riunirà, infatti, la Conferenza dei presidenti di delegazione del Parlamento europeo per decidere se dare o meno il via libera ai 26 membri della nuova Commissione, tra cui Raffaele Fitto, Teresa Ribera e Olivér Várhelyi. Da Madrid sono arrivate indiscrezioni secondo cui i socialisti sarebbero disposti a dare il via libera alla nomina del Vicepresidente designato italiano, purché si sblocchi anche quella della Vicepremier spagnola. Come ci spiega l’ex direttore del Sole 24 Ore Guido Gentili, «non è detto che l’apertura dei socialisti possa sbloccare una situazione che appare piuttosto complicata. Il sistema dei veti incrociati, infatti, ha creato uno stallo. Trascorsi più di cinque mesi dalle elezioni europee, ancora la nuova Commissione non si è insediata e c’è una sorta di guerriglia piuttosto seria. Tutto questo in un momento in cui l’Europa dovrebbe mostrarsi unita non solo per le già temute conseguenze del ritorno di Trump alla Casa Bianca, ma anche perché la guerra in Ucraina sta arrivando a uno snodo cruciale».
Si può sperare in un accordo capace di reggere anche tra una settimana, quando, se tutta andrà bene, si dovrà votare la fiducia alla nuova Commissione von der Leyen?
Si potrebbe arrivare a un accordo, ma potrebbe anche essere di piccolo cabotaggio e non in grado di affermare la centralità dell’Europa. La responsabilità ultima della situazione è della Presidente von der Leyen. Penso dovrebbe spiegare qual è il perimetro della maggioranza, chiarire il rapporto con Ecr e motivare la scelta dei commissari. Non è detto che sia sufficiente, ma è un passaggio necessario.
Quanto contano in questo stallo europeo le diatribe politiche interne ai Paesi membri?
Hanno certamente un peso. Per esempio, Weber è pressato da Cdu e Csu per creare problemi ai socialisti, mentre in Italia il Pd non è compatto sul no a Fitto. È chiaro che per i partiti europei diventa complicato gestire la trattativa in queste condizioni. Purtroppo sembra che l’Europa si presenti a una svolta esistenziale con le peggiori carte in mano.
Nel frattempo aumentano le difficoltà per l’economia.
La situazione è stata ben descritta nel Rapporto Draghi: l’Europa rischia di essere il vaso di coccio tra i vasi di ferro (Cina e Stati Uniti). Ha quindi la necessità esistenziale di presentarsi unita nel confronto mondiale e di dotarsi del debito comune per finanziare gli investimenti utili a risollevare la propria competitività, quantificati in circa 800 miliardi di euro l’anno. Sappiamo, però, che c’è l’opposizione di alcuni Paesi a questo debito comune. Tuttavia, proprio ieri i ministri degli Esteri di Francia, Germania, Italia, Polonia e Spagna hanno siglato un documento che contiene un’apertura importante sulla possibilità di emettere bond europei per la difesa. La prossima Commissione dovrà in ogni caso affrontare il tema del debito comune.
La Bce non può supplire a Bruxelles?
No. La Bce ha fatto già tantissimo in passato, ma non può sostituirsi alla politica.
Cosa potrebbe accadere se la nuova Commissione non ottenesse la fiducia?
Se dovessero prevalere i veti incrociati bisognerà vedere chi potrà prendere in mano questa situazione. Una delle possibili soluzioni potrebbe essere rappresentata da Draghi, che se non altro ha avuto il merito di aver suonato una sveglia fortissima all’Europa con il suo Rapporto, oltre a essere una personalità apprezzata a livello europeo, come si è visto non solo quando è stato Presidente della Bce, ma anche Premier in Italia in un momento complicatissimo a cavallo tra l’uscita della pandemia e lo scoppio della guerra in Ucraina. Oltretutto è anche ben conosciuto negli Stati Uniti. Lo stesso Trump, pur avendolo precedentemente criticato, nel 2019 disse che l’avrebbe voluto alla guida della Fed. Al momento è comunque un’ipotesi molto teorica.
Draghi avrebbe comunque anche il problema di dover trascinare i Paesi membri sulle scelte inserite nel suo Rapporto…
Certo. Sono poi gli Stati membri che alla fine fanno l’Europa e tra l’altro in questo momento i due principali, la Germania e la Francia, considerati la guida dell’Ue, attraversano un momento politico difficile: a Parigi c’è una maggioranza piuttosto eterogenea, mentre a Berlino si va verso le elezioni anticipate.
(Lorenzo Torrisi)
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