Gli spazi di manovra per l’Italia a livello europeo sembrano ridursi ogni giorno che passa. La scorsa settimana, infatti, tramite le dichiarazioni di Valdis Dombrovskis, si è capito che a Bruxelles si pensa già al ritorno in vigore delle regole del Patto di stabilità e crescita in tempi che metterebbero sicuramente in difficoltà il nostro Paese, alle prese con un debito pubblico crescente e un Pil in caduta verticale. Sembra inevitabile il ricorso al Mes, non solo perché è stato ribadito ancora una volta, l’ultima dal Segretario generale dello stesso Fondo salva-Stati, Nicola Giammarioli, che le linee di credito “non portano a condizionalità ex post, austerity o ristrutturazione del debito”, ma anche perché nella bozza del Programma nazionale di riforma si parla di un “fabbisogno di interventi infrastrutturali in ambito sanitario” pari a 32 miliardi di euro, cifra vicina ai 36 miliardi che potrebbero arrivare via Mes. Abbiamo fatto il punto della situazione con Sergio Cesaratto, professore di Politica monetaria europea all’Università di Siena.



Professore, cominciamo dalle dichiarazioni sul ritorno delle regole del Patto di stabilità forse dal 2021 o più probabilmente dal 2022.

Le trovo irresponsabili. Non certo perché, come anche un keynesiano ben sa, ricordano in qualche modo che uno Stato non può continuare a indebitarsi in maniera illimitata, cosa che nel caso dell’Italia, Paese privo di una banca centrale, metterebbe in allarme i mercati finanziari e aprirebbe le porte del default, ma perché prima di prendere misure di politica economica si deve guardare alla situazione. E se questa è negativa o non c’è una seria ripresa dell’economia mondiale, europea, italiana, pensare a misure restrittive rischia di creare danni seri: si peggiorerebbe il rapporto debito/Pil più di quanto avverrebbe consentendo l’adozione di misure espansive.



Il ritorno all’applicazione delle regole del Patto di stabilità e crescita non sarebbe immediato. Il danno si creerebbe lo stesso a livello di aspettative?

Sì e anche in questo senso le dichiarazioni mi appaiono irresponsabili. Infatti, un po’ per incapacità a implementare le misure, un po’ perché l’Italia sa di non potere mettere in campo le stesse risorse di Francia e Germania, sentir parlare di ritorno in vigore del Patto di stabilità e crescita non può che scoraggiare il poco che il nostro Paese sta facendo. Il punto vero della questione è che l’Europa, in particolare il suo Paese leader, la Germania, è totalmente incapace di una progettualità con la P maiuscola per l’Europa. L’idea di fondo è sempre fare il minimo possibile perché l’Europa sopravviva e l’Italia non salti.



Cosa servirebbe invece?

Progettualità vuol dire una politica macroeconomica sostenibile a livello europeo, vuol dire fornire una garanzia sul debito pubblico italiano qualunque sia il suo livello e fare in modo che i tassi di interesse che si devono pagare sul debito stesso siano sostenibili; vuol dire pensare a un’unione fiscale con trasferimenti e a una politica industriale europea.

Per l’Italia si susseguono gli “inviti” a fare ricorso al Mes. Giammarioli ha spiegato a Repubblica che non ci sarebbero contraccolpi negativi sul mercato, nessun rischio stigma. Cosa ne pensa?

Magari non c’è nelle loro intenzioni, ma il rischio stigma esiste eccome. Inoltre, come ha spiegato bene in un’intervista sulle vostre pagine Menéndez, non basta affidarsi a quello che hanno detto Dombrovskis e Gentiloni circa il fatto che non verranno mai messe condizionalità. I regolamenti sono infatti lì e le condizionalità sono menzionate. In ogni caso l’Italia non riuscirà a restituire i soldi del Mes in 10 anni: avremo bisogno di rinnovare quel prestito, come altri, e quindi verrà il momento in cui verranno poste le condizionalità. L’Italia ha bisogno di un aiuto europeo, non c’è dubbio, ma questo aiuto si chiama eurobond o qualsiasi nome si voglia dare a un’europeizzazione del debito. Di questo tema però non si parla più, si pensa tutto sia stato superato dal Recovery fund, che non è sufficiente a livello quantitativo e si tratta pur sempre di prestiti, anche se a più lunga scadenza.

Il Governo sembra però convinto ad accedere al Mes, come sembra dimostrare quanto scritto nel Pnr a proposito degli interventi in campo sanitario…

Se il Mes fosse genuinamente senza condizioni, modificando opportunamente i regolamenti, oltre che con una scadenza 30-40 anni, perché mai il Governo non dovrebbe ricorrervi? Nel Pd mi sembra che non ci si faccia molti problemi a legare il Paese al cappio, non stretto, europeo. Forse anche ritenendo che con questa destra sia meglio legare le sorti della democrazia italiana all’Europa. Se pensano però di battere la destra in questo modo, purtroppo non ci riusciranno. Nei 5 Stelle forse alla fine prevarrà un senso pratico che li porterà a ritenere che possa valer la pena avere altri 30 miliardi, a un tasso ridotto, da spendere.

Ricorrere al Mes potrebbe anche essere un modo per guadagnare tempo, restare al Governo e mantenere le simpatie della Germania, così da presentarsi al vertice europeo di metà mese sul Recovery fund meno in difficoltà?

Sì, non c’è dubbio. A quel punto il Paese si sarà chinato col piattino in mano a quel che l’Europa ha offerto. C’è molta incertezza su cosa sia giusto fare in questa situazione in cui il Paese non ha una vera autonomia di politica monetaria e fiscale. Comunque il ricorso al Mes non sarà un passo sufficiente. Anche se potrebbe aumentare la benevolenza tedesca e dell’Europa verso l’Italia, in assenza di una seria mutualizzazione del debito, la chiave resta la Bce. Da questo punto di vista si potrebbe anche pensare che aderire al Mes sia un modo per ingraziarsi un po’ di più la Bce.

Anche perché il 16 luglio è prevista una nuova riunione del board e si parla di malumori crescenti per l’aiuto che la Bce sta garantendo all’Italia con acquisti di titoli superiori alla capital key.

Sì, ma il ricorso al Mes sarebbe sicuramente una grave sconfitta politica del Paese. Dopo si è più succubi, il debitore è soggiogato al creditore. Io non riesco ad approvare un passo del genere, anche perché non sarebbe risolutivo e ci metterebbe in una condizione in cui accettato il Mes dopo si accetterà tutto. Compresa una ristrutturazione del debito pubblico italiano, che ricadrebbe poi sulle spalle delle banche e dei risparmiatori.

Uno strumento come il Btp Futura, chiamando cioè il risparmio degli italiani a finanziare gli interventi per contrastare la crisi, non può essere l’alternativa al Mes?

Non vedo come questa possa essere una soluzione, stiamo parlando di titoli di stato emessi a tassi di interesse elevati. Non storicamente, è ovvio, ma per il contesto attuale. L’Italia avrebbe bisogno di tassi come minimo vicini allo zero. Avrebbe piuttosto più senso agire con una moral suasion sul sistema bancario, che può finanziarsi a tassi negativi con la Bce, perché, oltre ad aumentare il credito, acquisti titoli del debito italiano a tassi bassissimi, per esempio allo 0,1%. Certo, l’Europa non sarebbe contenta perché si perpetuerebbe il doom loop tra banche e debito pubblico. D’altra parte, però, la situazione è tale che conigli da estrarre dal cilindro non ce li ha nessuno.

(Lorenzo Torrisi)