Luis de Guindos, in un colloquio con Repubblica, spiega di aspettarsi una seconda metà dell’anno molto positiva per l’economia europea, stante anche l’accelerazione della campagna vaccinale. Il vicepresidente della Bce ricorda anche che “il Pepp è per definizione un programma temporaneo”. Una conferma, quindi, che il sostegno dell’Eurotower ai Paesi dell’Eurozona potrebbe presto venir meno o quanto meno affievolirsi. Secondo Domenico Lombardi, economista ed ex consigliere del Fondo monetario internazionale, «questa intervista è importante non solo per le cose che de Guindos dice, ma anche per i segnali che lancia, in particolare all’Italia».
Tra le cose che dice c’è appunto quella che la ripresa dell’economia porterà alla fine del programma Pepp di acquisto dei titoli di stato della Bce. Un problema non di poco conto per l’Italia…
De Guindos ricorda che la pandemia, in termini di caduta del Pil, ha colpito in modo particolare Italia e Spagna, con il nostro Paese che già scontava una situazione relativa ai conti pubblici piuttosto fragile. Ricorda anche che l’Europa ha teso una mano ai Paesi più in difficoltà – il nostro in particolare visto che è il maggior beneficiario – attraverso il Next Generation Eu, che rappresenta non solo una forma di finanziamento, ma una modalità per aumentare il tasso di crescita potenziale, mediante gli investimenti contenuti nel Pnrr, e ripagare i debiti in modo sostenibile e ordinato. Il vicepresidente della Bce ribadisce, quindi, che, nell’ambito di una prospettiva di ripresa per l’intera Eurozona, l’esigenza di mantenere l’iper stimolo che la Bce ha fornito tramite il Pepp verrà meno. Lancia, quindi, un avvertimento ed esprime anche una preoccupazione.
Quale preoccupazione?
Come ho detto poco fa, l’Italia è tra i Paesi più colpiti dalla pandemia e ha una situazione di finanza pubblica particolarmente fragile. La preoccupazione è che non riesca a far tesoro dell’opportunità che le è stata fornita tramite il Recovery fund. Che non attui, cioè, non solo i progetti previsti all’interno del Pnrr, ma soprattutto le riforme abilitanti che contano almeno quanto gli investimenti. In questo senso è come se la Bce blindasse Draghi.
Da che punto di vista?
Il vicepresidente della Bce dice che il contributo principale di Draghi è che “guida un governo di unità che ha il sostegno di una maggioranza molto ampia in Parlamento”. Aggiunge, poi, di ritenere che “il prestigio e la reputazione di Draghi siano stati il collante per l’unità che vediamo nel Parlamento italiano. È un ottimo segnale per tutta l’Europa”. Infine, sottolinea che “Draghi ha enormi qualità di leadership, le ha dimostrate chiaramente da Presidente della Bce. Ed è la migliore qualità per consentire a un Paese di guardare con fiducia in avanti”. Trovo queste dichiarazioni importanti non solo per le affermazioni esplicite, ma anche, come dicevo all’inizio, per i segnali “subliminali”, anche di carattere politico, che de Guindos intende lanciare.
Può essere più esplicito su questi segnali?
In buona sostanza de Guindos dice che Draghi è la migliore speranza che ha l’Italia per poter attuare le riforme e i progetti previsti dal Pnrr e lancia un segnale all’attuale maggioranza perché eviti “trabocchetti” che possano compromettere il suo mandato, e con esso il sostegno europeo che la Bce e le istituzioni europee stanno fornendo all’Italia anche grazie alla presenza dell’attuale presidente del Consiglio. Le preoccupazioni che sottendono questi messaggi sono che al momento della ripresa dell’Eurozona l’Italia si trovi in coda e cresca il suo divario con gli altri Paesi perché non attua le riforme, magari perché la maggioranza si frammenta e c’è una crisi politica ancor prima di una economica ancora peggiore.
E in quel caso l’Italia non potrebbe contare come ora sulla Bce…
Esattamente. Con la ripresa dell’economia dell’Eurozona, la Bce sarà costretta a ritirare l’iper stimolo del Pepp, quindi non l’Italia non potrà più fare affidamento sugli acquisti eccezionali di titoli di stato che ci sono stati nell’ultimo anno. Inoltre, de Guindos ricorda che non è possibile pensare di cancellare il debito: non solo sarebbe contrario ai Trattati, ma rappresenterebbe un errore economico. Dunque l’unica via d’uscita che l’Italia ha è quella di attuare le riforme contenute nel Pnrr e mantenere le condizioni politiche perché le risorse del Recovery fund possano essere spese nel miglior modo possibile.
Un ulteriore segnale dell’importanza per l’Europa di avere Draghi a palazzo Chigi piuttosto che non al Quirinale.
Diciamo che si coglie l’importanza che l’Europa attribuisce ad aver Draghi con poteri esecutivi, a capo della cabina di regia che avrà il compito di attuare non solo gli ingenti investimenti, ma soprattutto le riforme a essi collegate. De Guindos coglie, non sappiamo se autonomamente o perché ispirato da qualcuno o qualcosa, che il principale ostacolo a Draghi è proprio la sua maggioranza, d’accordo sul nulla e sul suo contrario.
De Guindos sembra comunque ammettere che il Next Generation Eu non è la soluzione per la crisi nei Paesi più colpiti.
Non è la soluzione, ma un modo per sostenerne la ripresa. È però importante che rispetto allo sforzo complessivo necessario per uscire dalla pandemia ci sia un Governo sostenuto da una maggioranza politica che lo abiliti a fare le riforme, senza le quali l’Italia non può uscire dalla crisi, considerando anche che non potrà contare su un sostegno, su un iper stimolo della Bce com’è avvenuto sino a oggi.
Il vicepresidente della Bce dice anche che “ci sarà un aumento degli Npl nella seconda metà dell’anno, ma non sarà acuto come temevamo”. Si può condividere questo ottimismo o sarà bene tenere alta la guardia?
Riguardo la situazione complessiva dell’Eurozona, la Bce ha sicuramente un osservatorio molto più attendibile rispetto a quello di tanti osservatori. Rispetto alla situazione italiana, occorre tuttavia tenere presente non solo i maggiori effetti che ha avuto la pandemia sull’economia, ma anche che ci sono stati meno ristori, tempistiche piuttosto lunghe prima di arrivare effettivamente ai beneficiari e chiusure protratte di interi settori. Quindi i danni sul tessuto delle imprese, molte delle quali piccole e micro, sono stati significativi e forse non ancora del tutto pienamente stimati. A mio avviso occorre, quindi, una certa cautela: solo nei prossimi mesi si potrà vedere con più chiarezza quale potrà essere la situazione degli Npl a fine anno. Restando in tema di banche, è interessante un altro segnale che lancia de Guindos.
Quale?
Parla della necessità di completare l’unione bancaria “con il sistema europeo di assicurazione dei depositi”. È interessante che ne parli subito dopo aver risposto a una domanda sul via libera della Corte costituzionale tedesca al Recovery fund perché è proprio il mancato benestare della Germania al sistema di assicurazione dei depositi a tenere bloccato il processo di completamento dell’unione bancaria. Del resto avviare l’unione dei mercati dei capitali in queste condizioni, in cui si cerca di regolamentare certi Paesi e non altri, non credo sia un modo auspicabile di procedere. A meno che non si voglia un’unione sempre più asimmetrica.
(Lorenzo Torrisi)
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