Ieri Eurostat ha diffuso le prime stime sull’inflazione nell’Eurozona a gennaio e, come spiega l’economista Domenico Lombardi, direttore del Policy Observatory della Luiss ed ex consigliere del Fondo monetario internazionale, l’indice dei prezzi “ha registrato un incremento del 2,8% negli ultimi 12 mesi, contro il 2,9% di dicembre scorso. Anche l’inflazione core prosegue nella sua discesa, contenuta ma progressiva, registrando il 3,3% a gennaio contro il 3,4% di dicembre. In estrema sintesi, la discesa è trainata dalla deflazione dei prezzi dell’energia, mentre quelli dei servizi si rivelano particolarmente vischiosi, con un incremento costante al 4%, in ciascun mese da novembre; invece, i prezzi dei prodotti agricoli sono tornati a crescere. Nel complesso, tuttavia, il quadro inflattivo continua stabilizzarsi”.
Vedendo anche i dati sul Pil dell’Eurozona diffusi martedì, la Bce non rischia di arrivare troppo tardi alla manovra di riduzione dei tassi?
I dati pubblicati da Eurostat confermano la crescita piatta dell’Eurozona nell’ultimo trimestre del 2023 rispetto a quello precedente. Disaggregando, emerge che la Germania ha registrato una contrazione dello 0,3%, la Francia è immobile, e l’Italia è cresciuta dello 0,2%, in aumento rispetto al trimestre precedente quando aveva registrato un incremento dello 0,1%. A differenza degli Stati Uniti, si conferma per l’Eurozona una condizione congiunturale stagnante, come asseverato dalla stessa Bce nel corso dell’ultima conferenza stampa. L’inasprimento della politica monetaria sta funzionando, comprimendo la domanda aggregata e raffreddando l’inflazione.
Il fatto che la Fed non abbia tagliato i tassi può convincere la Bce a fare altrettanto nel prossimo appuntamento di marzo?
Direi che entrambe le banche centrali dovranno considerare a breve la prospettiva di ridurre i tassi, per ragioni in parte simili e in parte diverse. In ambedue le economie, la disinflazione sta proseguendo. Negli Stati Uniti, ad esempio, l’inflazione core nel secondo semestre del 2023 ha registrato un aumento pari all’1,9% in ragione d’anno, al di sotto del target inflazionistico del 2%, con un’economia che ha mostrato una straordinaria resilienza – nel mercato del lavoro quanto nella dinamica produttiva. Nell’Eurozona, invece, la congiuntura si è significativamente deteriorata. Peraltro, declinando l’inflazione il tasso reale aumenta, quindi la politica monetaria si inasprisce ulteriormente nel contesto di un’economia al più stagnante.
Quanto la Fed potrà andare avanti a non tagliare i tassi senza causare scossoni sui mercati viste le scommesse degli investitori avviate già alla fine del 2023 e la situazione non solidissima del sistema bancario regionale?
Credo che la Fed voglia ragionevolmente assicurarsi che il quadro di bassa inflazione sia sufficiente stabile. Detto questo, le autorità monetarie americane dovranno percorrere nell’anno appena cominciato un sentiero assai stretto che culminerà con le elezioni presidenziali il prossimo novembre. Qualsiasi mossa la Fed faccia – oppure si astenga dal fare – rischia di essere letta politicamente. In particolare, non può rischiare che mantenere i tassi alti troppo a lungo possa deteriorare irrimediabilmente la congiuntura a ridosso delle elezioni.
Cosa invece si può fare in Europa sul fronte della crescita se la Bce continuerà a non tagliare i tassi, considerando che la Commissione europea è ormai in uscita?
Nell’Eurozona, la situazione è più cogente poiché, a fronte dell’economia stagnante, gli alti tassi di intervento si accompagnano a crescenti restrizioni monetarie che operano anche dal lato delle quantità, non solo dei prezzi. I riacquisti nell’ambito del programma di emergenza pandemico Pepp verranno ridotti nel secondo semestre, prima di essere dismessi alla fine dell’anno in corso. Analogamente, le operazioni di rifinanziamento presso la Bce avvengono a condizioni significativamente penalizzanti che ne scoraggia il rinnovo, con (ulteriore) impatto sulla capacità e disponibilità del sistema bancario residente a prestare all’economia reale.
(Lorenzo Torrisi)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI