Tra poco più di due mesi, tra il 6 e il 9 giugno, persone di 27 Paesi decideranno con il loro voto che tipo di Europa vogliono. Vivono in Paesi diversi, hanno lingua e consuetudini diverse, ma condivideranno molte leggi con un forte impatto sulla loro vita e sul loro futuro. La legislazione dell’UE affronta quasi tutte le nostre priorità: l’ambiente, la sicurezza, le migrazioni, le politiche sociali, i diritti individuali e i diritti sociali, l’economia; il lavoro e i nuovi modelli organizzativi; l’Intelligenza Artificiale e la gestione dei big data, la difesa e la pace. Ogni tema rilevante a livello nazionale presenta una sua prospettiva europea.



Votare è sempre importante, a livello locale, nazionale o europeo, ma questa volta il voto alle europee deve impegnare gli elettori in un concreto sforzo di riflessione e di decisione nella scelta dei programmi e dei candidati. È un’ottima opportunità per capire meglio dove vanno i partiti, come si stanno muovendo le coalizioni, in Italia prima di tutto, con una società che sta vivendo una trasformazione più accelerata del solito.



Non possiamo ignorare gli orizzonti di guerra che lambiscono i nostri confini. Sono trascorsi 80 anni dalla drammatica esperienza della Seconda guerra mondiale, ma mai come ora la gente percepisce il rischio che quei tempi non si siano conclusi del tutto. D’altra parte lo sviluppo tecnologico, compresa l’IA, sembra avere il suo epicentro più in Oriente, nei nuovi Paesi emergenti, che non nella vecchia Europa. L’UE sembra più preoccupata di definire politiche regolatorie che non di anticipare i processi innovativi che stanno impegnando ricerca ed economia in altri Paesi con una maggiore dinamica di crescita.



Tutti sentiamo il bisogno di capire di quale Europa abbiamo bisogno. In Europa occorre starci, ma bisogna starci da protagonisti, come chi ne riconosce coraggiosamente i vantaggi e i limiti e sa scandire gli obiettivi prioritari declinandoli con sano realismo, senza spaventarsi davanti alle novità tecno-economiche e davanti ai rischi che si profilano all’orizzonte.

In vista delle elezioni europee stanno nascendo diversi manifesti politici, come quello di +Europa, totalmente centrato sui diritti delle persone LGBTQ+. Parla di piena uguaglianza dei diritti e dei doveri delle persone LGBTQ, del riconoscimento immediato e universale di matrimoni tra persone dello stesso sesso; sostiene il diritto alla omogenitorialità in tutta l’UE e offre consulenza legale specializzata per le persone LGBTQ richiedenti asilo. Chiede un incremento dei finanziamenti europei per le iniziative e le organizzazioni delle persone LGBTQ e infine chiede una più coraggiosa “Strategia europea per l’uguaglianza LGBTI”, con specifiche protezioni per “i difensori dei diritti umani” e divieto di “cause strategiche contro gli attivisti LGBT”.

Il “Manifesto liberale arcobaleno” s’impegna a portare queste battaglie in tutta Europa. Un manifesto programmatico decisamente monotematico, schierato dalla parte delle persone LGBTQ. Se è possibile convergere sulla non discriminazione delle persone, sulla base del loro orientamento sessuale, preoccupano altri punti programmatici che non sono condivisibili, a cominciare dal riduzionismo dell’intera proposta programmatica, che tutelando le persone LGBTQ e riservando loro finanziamenti e aperture di ogni genere, discrimina radicalmente tutti gli altri. Quello che vorrebbe essere un manifesto inclusivo diventa a tutti gli effetti un manifesto esclusivo ed escludente.

C’è poi il manifesto a cui stanno lavorando molte associazioni di ispirazione cattolica, provando a recuperare l’originaria identità cristiana dell’Europa, sacrificata al prevalere della logica economico-finanziaria. Il 9 giugno si tratterà di scegliere fra chi vuole un’Unione Europea solidale, fedele alla sua storia e alla sua tradizione e chi invece predilige un paradigma centrato sulla tecnocrazia e sui nuovi diritti, a cominciare da quelli arcobaleno. Una UE forse più auspicabile sarebbe quella che armonizza le diverse tradizioni politiche in un contesto di cooperazione e integrazione, nelle diverse nazioni e tra di loro. A cominciare dalla famiglia, che è essenziale per tutta l’Europa, per la sua capacità generativa e per la sua capacità di rinnovare il patto tra le diverse generazioni. La crisi demografica è la sfida essenziale a cui l’UE dovrà dare risposta, con i bambini che non nascono e un invecchiamento sempre più diffuso. Un killer silenzioso che sta spopolando i nostri territori, a cominciare dai piccoli borghi di antichissima tradizione e di straordinaria bellezza; nel frattempo l’Europa invecchia e il tasso di fertilità si riduce di anno in anno; nel 2050 sarà pari a 1,44 e avremo raggiunto il cosiddetto punto di non ritorno.

Il fenomeno della “depressione demografica” è cominciato da tempo, ma non sembra occupare nei nuovi manifesti europei l’attenzione che merita. I nuovi diritti da attenzionare oggi sono quelli che riguardano la vita stessa del nostro continente, destinato ad essere progressivamente riassorbito da culture diverse, mentre la sua identità si fa sempre più debole e meno riconoscibile nella sua cultura e nella sua tradizione. Il paradosso è che sono le giovani coppie ad essere discriminate perché non trovano un lavoro che consenta loro di metter su famiglia, di avere una casa e i figli che desiderano. Occorrerebbe un manifesto così rivoluzionario da mettere in primo piano politiche di ringiovanimento di un’Europa in cui i giovani trovano il lavoro che sono in grado di svolgere, possono sposarsi e continuare a studiare, perché la società facilita loro casa e servizi adeguati, e trasforma gli attuali ostacoli in opportunità, anche grazie alle nuove tecnologie e alla stessa IA. Sono i diritti dei più giovani quelli che si stanno smarrendo e sono loro i più discriminati davanti alla esigenza di armonizzare famiglia e lavoro, studio e genitorialità.

La UE che uscirà dalle urne il 9 giugno dovrebbe investire coraggiosamente su di una nuova alleanza tra gioventù e lavoro, permettendo alle giovani coppie di avere i figli che desiderano e guardando alle nuove famiglie con un’inversione di tendenza rispetto al panorama attuale.

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