Emmanuel Macron ha scelto di essere in prima linea nel sostegno dell’Europa a Kiev. Il suo scopo è quello di far sì che la Francia sia protagonista nella sicurezza europea e quindi il suo piano è molto ambizioso, poiché la Francia potrebbe in questo modo rafforzare la propria leadership politica approfittando in linea teorica del ridimensionamento geopolitico degli Stati Uniti.
Tuttavia è evidente che il presidente francese non ha i mezzi né gli alleati necessari per porre in essere un confronto diretto con la Russia. Parigi potrebbe in linea teorica offrire all’Europa il know-how ormai riconosciuto delle forze francesi, nonostante la Francia non sia certamente pronta ad una guerra in Ucraina. D’altronde questa è la conseguenza della politica di disarmo che la Francia ha operato insieme all’Europa.
Dal punto di vista strategico la Francia può certamente coprire tutti gli ambiti del confronto, ma manca di profondità, cioè mancano dotazioni sufficienti di uomini e armi pesanti come carri armati e cannoni. Impegnata da sola, la forza di combattimento francese può proiettare soltanto 20mila uomini nel giro di 30 giorni su un fronte militare ridotto e oltretutto per un periodo limitato.
L’Eliseo rassicura che questa forza sarebbe impegnata solo nell’ambito di una coalizione. Ma né gli Stati Uniti, né la NATO, né la Germania sono pronti a impegnarsi. Andare in guerra senza il loro sostegno politico e militare sarebbe un grave azzardo.
Proprio per questo Macron ha sottolineato il ruolo fondamentale della deterrenza nucleare di fronte alla minaccia russa. Il proposito è quello di fare della deterrenza francese uno strumento di dialogo strategico per costringere la Russia a negoziare, anche se proprio sotto il profilo strategico la deterrenza nucleare non è stata mai concepite per raggiungere questa finalità. Infatti il suo uso è giustificato solo nel caso di minaccia provata contro gli interessi vitali della sicurezza francese.
Per avere un’idea realistica dell’attuale guerra va considerato il fatto che l’esercito russo ha impiegato due anni per conquistare soltanto il 20% del territorio ucraino. Di conseguenza, al di là delle minacce posti in essere da Vladimir Putin, la Russia attualmente non è in grado di impegnarsi in un altro conflitto, per di più rischiando il coinvolgimento diretto della Nato.
Tuttavia occorre anche riconoscere il fatto che la Russia, a dispetto delle previsioni di tanti analisti, italiani e non, è riuscita a salvaguardare le proprie capacità economiche e militari, nonostante le sanzioni occidentali e la guerra in corso. Questa resilienza sarebbe di per sé un forte motivo per mettere in discussione la politica europea nei confronti della Russia, costituendo un danno rilevante per la credibilità delle stesse istituzioni europee. Parallelamente, Putin non si è indebolito ma piuttosto rafforzato. Piaccia o non piaccia, l’autocrate russo si conferma il cuore nevralgico del potere in Russia e l’Europa dovrà fare i conti con lui indipendentemente dal presidente ucraino. Il fatto di essere stato rieletto gli consente di rimanere al potere per almeno altri 6 anni o addirittura per altri 12 anni, cioè fino al 2036. Inoltre l’attentato terroristico del 22 marzo lo ha rafforzato, presentandolo come una sorta di protettore della Russia. Questo fattori dovrebbero certamente indurre Bruxelles a raggiungere un compromesso di natura politica con la Russia, sottolineando il fatto che i veri interessi l’Europa non coincidono con gli Stati Uniti.
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