Quando ancora i risultati delle elezioni europee non erano definitivi, Ursula von der Leyen nella sede del Ppe di Bruxelles parlava di vittoria conseguita e di ruolo chiave del suo partito per formare una maggioranza, tanto che nelle ore successive ha avviato le trattative finalizzate alla sua riconferma alla guida della Commissione europea. Come ci spiega Guido Gentili, ex direttore del Sole 24 Ore, «il buon risultato del Ppe, in particolare in Germania, Paese dell’attuale Presidente della Commissione, rafforza le chance di un suo bis a palazzo Berlaymont, sebbene al congresso di Bucarest di inizio marzo la sua ricandidatura avesse ottenuto il voto favorevole solamente di metà dei delegati. Ppe, S&D e Renew insieme hanno 400 seggi su 720 all’Europarlamento, ma la von der Leyen non esclude un allargamento della maggioranza non solo ai Verdi, ma anche all’Ecr con cui nei mesi scorsi ha intessuto dei rapporti tramite la Premier italiana Meloni».



L’obiettivo della von der Leyen è quello di raggiungere un accordo politico entro fine mese, quando si terrà il Consiglio europeo. Potrà riuscirci?

Non è detto, anche perché a fine mese si terranno le elezioni anticipate in Francia e può darsi ci sia chi vuol attenderne l’esito, per capire quanto sia in crisi l’asse franco-tedesco, prima di chiudere la partita. E resta da vedere se l’allargamento riuscirà, anche perché ci sono dei veti incrociati: i popolari non sono convinti che sia un bene governare coi verdi, mentre i socialisti non vogliono accordi con i conservatori. Per la Meloni, che è di fatto l’unico leader dei principali Paesi europei uscito rafforzato da queste consultazioni, si presenta un bivio



Quale?

Da una parte, esplicitare una linea chiara di opposizione alla nuova maggioranza, come quella che si preannuncia da parte di Identità e Democrazia, dove ci sono gli europarlamentari di Lega e Rassemblement National. Dall’altra, mantenere un canale di dialogo con la maggioranza, magari appoggiandola esternamente su alcuni temi, astenendosi nella votazione sull’incarico alla von der Leyen o comunque non schierandosi apertamente contro.

La scelta della Meloni potrà influire sull’atteggiamento della nuova Commissione nei confronti dell’Italia?

Certamente un conto è schierarsi apertamente contro la Commissione, un altro è stare comunque nell’orbita di quello che sarà il Governo dell’Europa. In questo secondo caso per la Premier sarebbe agevolato il rapporto con Bruxelles sia per la scelta del Commissario che spetterebbe all’Italia, sia per quanto riguarda l’iter della procedura d’infrazione per eccesso di deficit nei confronti del nostro Paese che verrà aperta la settimana prossima.



Per certi versi potrebbe essere la Francia, nel caso nasca un Governo guidato da Bardella, a rischiare di più vista la situazione dei conti pubblici del Paese…

In effetti la situazione dei conti pubblici francesi non è delle migliori e, anche se se n’è parlato poco, Parigi dieci giorni fa ha subito il taglio del rating da AA ad AA- da parte di Standard & Poor’s. Se si trovasse con un Governo guidato dal Rassemblement National non è da escludere che dopo diversi anni a essere la sorvegliata speciale da Bruxelles non sia più l’Italia, ma la Francia. Quanto meno ci sarebbe della diffidenza.

Cosa si può dire al momento riguardo la partita del futuro Commissario europeo italiano?

È una partita complicata. In questo momento mi sembra difficile che la scelta possa ricadere su Giorgetti, anche perché vorrebbe dire toccare una casella importante del Governo e ridiscutere i rapporti di forza nella maggioranza che invece le urne non sembrano aver intaccato. Non è da escludere l’ipotesi Fitto, che è tra l’altro il Ministro che in questi mesi ha trattato con Bruxelles per il Pnrr, oltre che membro del principale partito della maggioranza e con una lunga esperienza di parlamentare europeo.

Sembra invece tramontata l’ipotesi di Draghi Presidente della Commissione europea: potrebbe essere eletto alla guida del Consiglio europeo?

Ho sempre pensato che la carica a lui più congeniale, ma anche più funzionale all’Europa, non sia quella di Presidente della Commissione, ma del Consiglio europeo. È un’ipotesi che potrebbe concretizzarsi, ma molto dipenderà anche da come andranno le cose nelle prossime settimane, a cavallo tra l’altro della presentazione del suo rapporto sul futuro della competitività europea e del risultato delle elezioni francesi. Uno dei suoi grandi sostenitori, infatti, è Macron, che ora è in difficoltà.

(Lorenzo Torrisi)

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