Continua a far discutere il rinvio della presentazione della nuova Commissione europea che si sarebbe dovuta tenere ieri, ma che avverrà, se non ci saranno intoppi, martedì prossimo. Un portavoce di Bruxelles ha spiegato che la scelta è stata dettata dall’attesa per la pronuncia del Parlamento sloveno sulla candidatura di Marta Kos, chiamata a prendere il posto di Tomaz Vesel a seguito del suo passo indietro per divergenze di vedute con la Presidente von der Leyen. Tuttavia, a leggere i quotidiani italiani il vero nodo sembrerebbe rappresentato dal no di Socialisti, Verdi e Liberali alla Vicepresidenza esecutiva che potrebbe essere assegnata a Raffaele Fitto, vista la sua appartenenza al Gruppo dei Conservatori. Davvero tutto dipende dalla nomina dell’attuale ministro per gli Affari europei?



Secondo l’ex direttore del Sole 24 Ore Guido Gentili, «c’è sicuramente un tema riguardante la posizione dell’Italia nella nuova geografia di potere a Bruxelles. È noto che era stata garantita a tutti i Governi una rappresentanza adeguata rispetto alla loro rappresentatività nei rispettivi Paesi. Da questo punto di vista, quindi, non meraviglia che sia stata accolta benevolmente dalla von der Leyen l’indicazione di Fitto da parte dell’Esecutivo italiano. È altresì noto che già dopo le elezioni S&D e Renew si erano schierati contro un allargamento della maggioranza a Ecr. Questa posizione dura è rimasta poi solo sottotraccia, perché le trattative svolte dalla Presidente della Commissione per riempire tutte le caselle relative alle nomine sono arrivate di fatto fino in fondo e questo fa pensare, per rispondere alla domanda, che alla fine oltre alla questione Fitto ci sia un problema che riguarda anche altre caselle».



Quali?

Non credo sia un caso che circolino voci sul fatto che a rischio ci siano, nel caso occorra rivedere quella di Fitto, le nomine di Breton, indicato da Macron e da Renew, e della spagnola Teresa Ribera, appartenente a S&D, raggruppamento in difficoltà visto anche il risultato delle ultime votazioni in Germania. Ci sono quindi tensioni su altri componenti della nuova Commissione, ma quella riguardante Fitto è la più esposta per via soprattutto del fatto che a luglio Fratelli d’Italia ha scelto di votare al Parlamento europeo contro la rielezione di Ursula von der Leyen.

Come va interpretato il fatto che Manfred Weber, Presidente del Ppe, si sia schierato a favore della nomina di Fitto, che ha definito “un amico”?



Weber fa parte di quella componente del Ppe dialogante con Ecr e cerca di attutire le contraddizioni esistenti all’interno della maggioranza che sostiene la von der Leyen, in modo che non venga trasmesso il messaggio che l’Italia, Paese fondatore e terza economia dell’Ue, viene sottodimensionata a livello di rappresentanza solo perché il principale partito di Governo ha votato contro la rielezione della Presidente. Vista poi la situazione di Breton e Ribera, l’uscita di Weber serve anche a ricordare a Renew e S&D che se tirano troppo la corda e questa si rompe sarebbero loro a subirne i maggiori danni.

Finora abbiamo parlato di Popolari, Socialdemocratici, Liberali e Conservatori, ma non dei Verdi, che pure si sono espressi contro la nomina di Fitto e i cui voti sono stati importanti per la von der Leyen a metà luglio…

I Verdi hanno davanti a sé un bivio non facile. Il Green Deal, che è la loro bandiera, potrebbe essere infatti rivisto in questa legislatura. Dunque, se decidessero di stare fuori dalla maggioranza dovrebbero “subire” le eventuali decisioni in materia, mentre restando al suo interno avrebbero voce in capitolo sulle scelte della Commissione.

Come si potrà risolvere la situazione da qui a martedì prossimo?

Bruxelles sta dimostrando di voler adottare dei criteri di spartizione delle nomine molto simili a quelli del manuale Cencelli, quindi il tutto potrebbe risolversi dando, tanto per fare un esempio, a Fitto una Vicepresidenza ma senza la qualificazione “esecutiva”.

Come vede la posizione di Ursula von der Leyen dopo questo rinvio?

Personalmente non mi aspettavo questo passaggio a vuoto così netto, per cui è stata costretta a rinviare la presentazione della Commissione e riprendere i fili della trattativa. Oggettivamente la situazione iniziale era già complicata, soprattutto per i veti di S&D e Renew che in questi mesi la von der Leyen sembrava essere riuscita a superare. Visto il rinvio, l’operazione di mediazione non è evidentemente riuscita del tutto. Il secondo mandato per la Presidente della Commissione non sembra cominciare col piede giusto.

Una novità importante della settimana è stata senz’altro la presentazione del Rapporto sulla competitività europea curato da Draghi. Rappresenta un elemento di aiuto o invece di ulteriore difficoltà per la von der Leyen?

Sappiamo che il Rapporto doveva essere presentato a giugno, ma dato che il suo contenuto mette il dito nella piaga riguardo le scelte che l’Europa è chiamata a compiere c’è stato un continuo rinvio, finché la von der Leyen non ha pensato che, essendo le trattative per la composizione della Commissione arrivate a buon punto, questo potesse essere il momento giusto per la presentazione. Adesso stiamo vedendo che il Rapporto Draghi mette molti partiti nelle condizioni di poterne prenderne la parte che più li soddisfa (per esempio, la necessità di ingenti investimenti per la transizione green), ma non la sua interezza, che comprende anche il ricorso al debito comune e l’addio alle scelte all’unanimità: temi che sono molto divisivi. Complessivamente, quindi, c’è un problema in più, non in meno, per quanto riguarda la vita della Commissione europea. Il Rapporto è molto interessante, mette a nudo quella che è la realtà in cui si dibatte l’Europa, che non appare completamente pronta per accoglierlo.

Il rischio, quindi, è, che come ha fatto balenare il Commissario Gentiloni, il Rapporto finisca per rimanere in un cassetto?

Sì, il problema è che, come ha spiegato Draghi, se passa troppo tempo e le cose non cambiano, la situazione rischia di peggiorare e l’Europa può finire stritolata dalla competizione tra Stati Uniti e Cina.

C’è chi ha detto che alla von der Leyen servirebbe Draghi stesso per poter attuare le proposte contenute nel suo Rapporto…

Mi ha colpito questa osservazione, che è emblematica circa la difficoltà tattica in cui è immersa la von der Leyen: non c’è solo il problema delle nomine, ma anche quello di affrontare enormi sfide per le quali non sembrano esserci soluzioni a portata di mano.

Di fatto, quindi, la presentazione del Rapporto ha messo ulteriormente in difficoltà la von der Leyen in un modo che forse nemmeno lei si aspettava.

La Presidente della Commissione era al corrente del suo contenuto e dei problemi che le avrebbe creato. Forse, visto come si è complicata la partita delle nomine, la presentazione è arrivata nel momento peggiore. Probabilmente per lei sarebbe stato meglio se fosse stato presentato a giugno. Adesso ha una patata bollente tra le mani, che magari finirà in un cassetto, ma che al momento scotta molto.

(Lorenzo Torrisi)

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