Alla fine del suo recente articolo sul congresso del Ppe, Mario Mauro definisce “ondivaghe” le strategie della Turchia di Erdogan. Prima di esprimere le mie perplessità su questa definizione, vorrei esternare le mie ancor più pesanti perplessità sulla evoluzione del Ppe descritta da Mauro. Mi preoccupa l’ipotesi di un’Unione Europea a “decisa trazione baltico-scandinava”, con la messa ancor più in ombra di quegli Stati del Sud che insieme contano per il 30% dell’intera popolazione (non ho incluso la Francia). Infatti, al Congresso si è parlato del Mediterraneo solo su richiesta dei maroniti libanesi, giustamente viste le dolorose condizioni del loro Paese, ma dell’Italia nulla. Capisco che, come dice Mauro, da noi i popolari siano ridotti a “percentuali marginali”, ma questo è un problema loro, mentre un’Europa a trazione baltico-scandinava è un problema di tutti noi italiani.
Inoltre, non credo che i balto-scandinavi possano fare un granché senza l’appoggio della Germania (da sola fa circa il 20% della popolazione Ue) e anche qui sorge qualche preoccupazione da quanto riporta Mauro. Il successore della Merkel, Friedrich Merz, sarebbe “iper-atlantista e deciso a non farsi soffiare questo ruolo dai polacchi, che hanno profondamente influenzato nel partito in crescita dei Conservatori europei (Ecr) le nuove posizioni filoamericane della presidente italiana Giorgia Meloni”. Lasciamo pur perdere la “filoamericana” Meloni, ma ciò che non lascia tranquilli è il profilarsi di una competizione tra la Polonia e una Germania che si sta pesantemente riarmando. Una combinazione che in passato non ha portato a nulla di buono.
Tornando a Erdogan, le sue strategie mi sembrano tutt’altro che ondivaghe, anzi molto lineari nel raggiungere un preciso e chiaro scopo: il continuo rafforzamento del suo regime e della “sua” Turchia. Erdogan è molto abile nel giocare su diversi tavoli, approfittando delle debolezze e delle fratture altrui, pronto al ricatto, come verso l’Ue per la questione emigranti, e all’uso della violenza, come contro i curdi.
Bisogna ammettere che Erdogan è molto abile. La Turchia è membro della Nato, ma compra armi dalla Russia, con la quale ha però contrasti e in Libia e in Medio oriente. Non solo, ma sta vendendo agli ucraini efficaci droni, per inciso di una azienda che ha rapporti con la sua famiglia, come ha già fatto con l’Azerbaijan nella sua guerra contro l’Armenia, sostenuta dalla Russia. Malgrado ciò, sia Washington che Mosca lo accettano come possibile mediatore nella guerra in Ucraina. Se un politico italiano, vedi Salvini, prospetta una visita a Putin si scatena il putiferio, con accuse di “collusione con il nemico” e di mettere a repentaglio la posizione dell’Italia nella Nato. Non vi è nessun problema, invece, se un membro della Nato, la quale dichiara di voler sostenere l’Ucraina fino alla vittoria, si propone come paciere e poco importa che si tratti di Erdogan, a suo tempo definito dal nostro Draghi “un dittatore”. Chapeau!
Né pare che nessuno, a Washington e Bruxelles, abbia niente da ridire sull’aggressione della Turchia nel Kurdistan: evidentemente il diritto internazionale tanto invocato per l’Ucraina non vale per l’Iraq. Come sottolinea Rony Hamaui nella sua intervista, l’Erdogan che si è autonominato mediatore del conflitto ucraino “unicamente per il proprio interesse”, sta utilizzando nei confronti dell’Iraq e della Siria gli stessi argomenti usati da Putin per l’Ucraina, solo che al posto dei nazisti ucraini qui ci sono i comunisti curdi del Pkk. Come sottolinea Hamaui, “In questo momento nessuno ha il tempo né la voglia di occuparsi dei curdi. È molto più facile agire, perché Stati Uniti ed Europa in questo momento non possono permettersi il lusso di perdere un alleato come la Turchia”.
Dopo l’Afghanistan abbandonato alla furia talebana, dobbiamo aspettarci l’eliminazione dei curdi da parte di Erdogan, nell’indifferenza di Stati Uniti, Nato e Ue? Vale la pena di citare ancora Hamaui: “Questo è il prezzo che si paga per tenersi buoni la Turchia. La stessa ipocrisia, ne sono certo, la ritroveremo anche in Ucraina fra qualche tempo. Oggi sono tutti solidali con Kiev, mi domando fra qualche anno come sarà lo scenario. La verità è che la geopolitica è fatta così, strategie che passano sopra la testa dei popoli. L’interesse nazionale dei più forti va al di là di qualunque cosa”.
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