Nel gruppo di ricerca chi scrive (Stratematica) alcuni ricercatori stanno osservando, semplificando, che il 2024 sta iniziando ad influenzare il 2023. A livello di Ue, dove ci saranno nella primavera del 2024 le elezioni del Parlamento europeo, a cui seguirà una nuova Commissione, un ricercatore ipotizza che c’è una relazione tra sensazione dell’attuale maggioranza influenzata dall’ecofondamentalismo che sarà sconfitta e l’accelerazione di programmi ecorestrittivi: blindare gli ecostandard più limitativi prima che un cambio di maggioranza li allenti.



Ovviamente nell’Ue è il Consiglio (cioè il tavolo intergovernativo) a decidere, ma certamente il potere consultivo del Parlamento e quello para-esecutivo con certa autonomia propositiva della Commissione hanno un peso. Al momento tale peso punta prevalentemente alla mitigazione degli effetti avversi del mutamento climatico attraverso un calendario accelerato di decarbonizzazione. Ma il mutamento appare più rapido della capacità (eventuale) da parte della decarbonizzazione di contrastarlo, anche perché solo l’Ue lo applica mentre le altre nazioni del globo non lo fanno o lo fanno in modo più lento.



Tale scenario suggerisce di integrare la priorità della decarbonizzazione nell’Ue con quella dell’ecoadattamento, cioè la preparazione di difese contro un cambiamento climatico portatore di siccità, fenomeni meteo e idrogeologici estremi, aumento del livello dei mari, ecc. che non verrà fermato dalla decarbonizzazione stessa. Ma la postura ideologica dell’attuale formato dell’Ue non favorisce l’ecoadattamento per timore di de-enfatizzare la decarbonizzazione. Tale situazione suggerisce di alzare ora nel 2023 il livello di linguaggio nell’Ue e dell’Ue su questo tema sia insistendo sull’ecopragmatismo entro la politica decarbonizzante, per esempio la neutralità tecnologica come proposto dall’Italia, sia predisponendo un piano realistico di adattamento all’ambiente che sta mutando.



Sul piano geopolitico, alcuni ricercatori del gruppo e lo scrivente hanno messo sotto lente di ingrandimento le elezioni presidenziali a Taiwan nel gennaio 2024 e si sono chiesti come stanno retroagendo (feedforward) sulla politica estera cinese e statunitense del 2023. La recente lunga visita in Cina continentale del leader del Kuomintang – partito nazionalista erede di quello che sconfitto dai comunisti nel 1949 portò i suoi militari nell’isola di Taiwan – mostra un tentativo (non nuovo) di Pechino di agganciarlo per portarlo su una linea non indipendentista, che trova ascolto, probabilmente dandogli la possibilità di caricare la propria offerta politica di “carote” contro il Partito democratico che invece offre indipendenza, ma al rischio di un conflitto armato. Per esaltare tali carote, Pechino deve agitare un “bastone” credibile sia verso la popolazione di Taiwan, sia verso chi ne difende l’indipendenza dall’esterno, situazione che rende probabile un confronto solo di minacce nel 2023, ma di rischio bellico nel 2024 se il partito indipendentista dovesse vincere.

La difesa da parte delle democrazie dell’indipendenza di Taiwan dovrebbe essere più decisa e manifesta perché l’azione cinese di ricatto verso i taiwanesi potrebbe diventare competitiva. Ma l’Amministrazione Biden, pur segnalando una postura di forte sostegno, non appare, al momento, agire con la sufficiente determinazione per garantire all’elettorato taiwanese un ombrello militare e, soprattutto, economico che renda vantaggiosa la scelta dell’indipendenza a fronte del bastone e carota di Pechino. Washington è prudente per motivi razionali, ma va annotato che una sconfitta dell’indipendentismo taiwanese, dopo l’abbandono catastrofico dell’Afghanistan, indebolirebbe tutto il fronte delle democrazie e il ruolo di leadership dell’America stessa.

Il tema precedente porta l’attenzione sulle elezioni presidenziali negli Stati Uniti del novembre 2024: avranno un peso chiave che inizierà a farsi sentire già a fine 2023 sulla politica economica ed estera americana e metteranno in stato di attesa gli alleati perché la vittoria di un campo o dell’altro potrebbe generare cambiamenti sistemici. In questo contesto, nel 2024 l’Italia avrà la Presidenza del G7 e l’anno al momento si presenta denso di turbolenze globali. Valutazioni nel prossimo aggiornamento.

www.carlopelanda.com

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