Quale significato profondo può avere, e che cosa nasconde veramente lo scontro avvenuto tra il premier ungherese Viktor Orbán e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen mercoledì scorso, 9 ottobre 2024, al Parlamento europeo di Strasburgo?

Forse è ancora più complicato pensare che cosa rivela quello scontro all’interno dell’Unione Europea e quali conseguenze può avere sul futuro dell’Ue e in questa crisi dell’ordine mondiale, dove sembra che ogni forma di diplomazia sia sparita e non si riesca più neppure a raggiungere brevi tregue nelle due guerre sanguinose che caratterizzano questo periodo storico, dove ogni giorno sembra più facile passare dalla crisi dell’ordine alla sua tragica rottura, cioè alla guerra.



Chi guarda all’Europa riconoscendosi europeo, ma anche chi non appartiene all’Europa, non può non essere sbalordito di fronte al fatto che, dopo le recenti elezioni, la linea di von der Leyen sia in contrasto duro e netto sul futuro dell’Ue con chi in questo momento ricopre la carica di Presidente di turno del Consiglio dell’Unione Europea. Più crisi di così che cosa ci può essere?



La visione dei due protagonisti dello scontro sul futuro e sul ruolo complessivo dell’Europa sembra incompatibile. Non si tratta di un contrasto che caratterizza solamente un passaggio storico. E l’aspetto più singolare è che Orbán faceva parte dello stesso partito della von der Leyen, il Partito Popolare europeo, che ha lasciato nel 2021 per spostarsi con un suo gruppo verso destra.

La figura di Orbán è l’esempio più importante del sentimento euroscettico crescente in Europa, dove invece da tempo era necessario cambiare rotta, trovare quelle linee politiche che si ispiravano alle grandi scelte dei fondatori, con la passione di uomini come Schumann, Adenauer e De Gasperi.



Il fatto è che con le crisi internazionali e le scelte di politica economica che sono state fatte nel mondo negli ultimi trent’anni, sono venuti al pettine tutti gli errori politici fatti dalla nuova classe dirigente europea.

E nella crisi dell’ordine mondiale, che vedeva il rapporto euro-atlantico intangibile e l’asse franco-tedesco come perno dell’Unione Europea, c’è chi ormai vede una serie di illusioni; mentre uomini come Mario Draghi non vanno tanto per il sottile ed evocano addirittura la possibilità di un’agonia dell’Europa. E c’è chi tutto questo lo aveva quasi profetizzato.

Andiamo con ordine. Nessuno si oppone a un’Europa che sia un mercato unico (anche se sarebbe necessario discutere di scelte di politica economica), ma il problema più importante per chi sognava l’Europa unita era (lo si deve ripetere sempre) una Costituzione che legava politicamente Paesi con storie diverse, che si erano incrociate, avvicinate dopo tragedie mondiali e avevano compreso che, insieme e unite, potevano rappresentare la culla dei diritti umani, della democrazia e della libertà.

Il fatto più inquietante è che di Costituzione non si parla neppure più, come se la politica fosse stata relegata al rango di “cameriere servente” della finanza e di scelte economiche neoliberiste.

Dopo aver abbracciato il nuovo credo economico, l’Europa si è trovata coinvolta nella crisi gravissima del 2008, nata negli Stati Uniti ed esportata in Europa. In più, non avendo una sua forza politica autonoma, l’Ue è andata al traino dell’America e delle altre forze emergenti che irrompevano sul mercato mondiale. Inoltre si intensificavano i problemi della globalizzazione non controllata e dell’immigrazione, dove l’Europa non è riuscita ancora adesso a trovare degli accordi tra gli stessi Stati europei, con accuse e sgarbi reciproci.

Ma senza una Costituzione, senza una politica comune reale, l’Europa è rimasta un’entità politicamente indecifrabile di 27 Stati, che presto dovranno fare i conti con un’America “diversa” e con la crisi interna dei due Paesi che dovevano essere il perno dell’Unione Europea. Quale governo oggi può durare a lungo in Francia? Perché anche la Francia e la Germania registrano una crisi economica mai conosciuta prima?

E in un continente che sognava di essere uno Stato di democrazia consolidata, perché ci sono “paradisi fiscali”, impoverimento della classe media e disuguaglianze incredibili? Il tutto condito da un assenteismo elettorale inquietante in quasi tutti i Paesi, che rappresenta l’esatto contrario di quello che pensavano avvenisse i fondatori dell’Europa.

I ripensamenti e le correzioni di fronte agli errori sono sempre utili. Ma bisognerà tener conto, in questa circostanza, di una vera svolta, di un’autentica scelta politica coraggiosa, che rilanci l’Europa e i suoi ideali.

Alla  fine degli anni Novanta Bettino Craxi disse dal suo esilio di Hammamet: “la sfiducia nella politica, l’esplosione del populismo e l’incapacità della sinistra post-comunista sono legate insieme”.

Sull’Europa Craxi ribadiva: “Bisognava riscoprire il sogno identitario dei padri fondatori, l’integrazione completa: pieni poteri al Parlamento europeo, elezione diretta del Presidente della Commissione, partecipazione delle liste transnazionali alle elezioni europee e creazione dell’esercito europeo. Quindi la rinegoziazione delle regole liberiste che sono state stabilite nel Trattato di Maastricht, che va corretto”. Craxi non era un “profeta”, però la politica la conosceva bene.

Chissà se l’Europa si rende conto di quanto è successo in questi anni e ripenserà ai suoi errori, anche alla luce di quanto avvenne già alla fine degli anni Novanta.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI