Ieri è stato diffuso il bollettino economico della Bce, secondo cui il calo dell’inflazione e la crescita dell’export nell’Eurozona dovrebbero portare, “in assenza di ulteriori shock”, a un recupero della crescita economica già dai primi mesi del 2024. Sempre ieri è stato reso noto che a dicembre l’inflazione negli Stati Uniti ha registrato una crescita tendenziale del 3,4% rispetto al 3,1% di novembre. Tuttavia, come ci ricorda l’economista Domenico Lombardi, direttore del Policy Observatory della Luiss ed ex consigliere del Fondo monetario internazionale, «questa accelerazione è controbilanciata dalla dinamica dell’inflazione core che, al netto delle componenti energetiche e alimentari, è aumentata del 3,9%, in lieve diminuzione rispetto al dato precedente del 4%.
Tenendo anche conto degli altri dati recentemente rilasciati, tra cui quello sul mercato del lavoro, qual è la situazione dell’economia americana?
Nel complesso, questi dati confermano la graduale ma progressiva disinflazione dell’economia americana rispetto alla dinamica registrata nel 2022, quando a giugno la crescita dell’indice dei prezzi raggiunse il picco di oltre il 9%. Inoltre, l’indicatore inflazionistico (PCE price index) preferito dalla Fed ha registrato nel semestre sino a novembre un aumento dell’1,9%, persino al di sotto del target. Peraltro, i dati macroeconomici confermano il soft landing che la Fed pare aver raggiunto: la fiducia dei consumatori è in sensibile miglioramento, l’acquisto di beni durevoli è aumentato come, del resto, la spesa per consumi. Queste dinamiche si sono materializzate in un mercato del lavoro che ha registrato un aumento del tasso di partecipazione di segmenti importanti della forza lavoro che sta contribuendo a calmierare l’impatto delle dinamiche salariali
Alla luce di quest’ultimo dato sull’inflazione, cosa potrebbe decidere di fare la Fed a partire dalla riunione di fine mese?
L’attesa è che la Fed mantenga invariati i tassi. Dalla conferenza stampa e dai documenti che verranno divulgati a valle della prossima riunione del 31 gennaio sarà possibile inferire indicazioni più precise circa il timing dell’avvio del ciclo di riduzione dei tassi che, a oggi, potrebbe cominciare a cavallo tra la fine del primo trimestre e l’inizio del secondo.
Il bollettino della Bce diffuso ieri sembra descrivere un quadro economico positivo per l’Eurozona nei prossimi mesi. Cosa ne pensa?
La narrativa implicita in questo bollettino è coerente con le aspettative di riduzione dei tassi. Si nota chiaramente che la disinflazione dovrebbe continuare e che le previsioni di inflazione – pari al 2,7% per l’anno in corso e al 2% per quello successivo – sono state riviste al ribasso. Allo stesso tempo, la dinamica delle retribuzioni è prevista rimanere sotto controllo dal momento che le rivendicazioni salariali si allentano.
Questo quadro come appare se raffrontato con quello previsto per gli Usa?
Vi è un tentativo di offrire una lettura abbastanza favorevole dei prossimi sviluppi congiunturali. Rispetto alla modesta crescita registrata nell’Eurozona nel 2023 (+0,6%), le prospettive dovrebbero migliorare nell’anno (+0,8%) e consolidarsi nel 2025 e 2026, con una crescita attesa dell’1,5% grazie all’aumento dei redditi reali conseguenti al calo dell’inflazione. Tuttavia, il dato europeo sconta una notevole alea trainata soprattutto dalle incerte prospettive tedesche che rischiano di compromettere la narrativa di un soft landing che emerge dalla lettura di questo bollettino. Insomma, le economie dell’Eurozona non sono resilienti come quella americana, anche se l’Italia sinora ha retto assai bene dato il contesto.
La Bce prevede un’inflazione in diminuzione, ma intanto a dicembre è cresciuta…
Il dato sull’inflazione di dicembre è leggermente aumentato, come largamente nelle attese, crescendo del 2,9% rispetto al 2,4% di novembre. Tale dato riflette la dinamica meno favorevole dei prezzi dell’energia che scontano, in Germania, degli effetti di base legati all’introduzione di misure di sostegno nell’anno ancora precedente. In effetti, l’inflazione core è cresciuta del 3,4% rispetto al 3,6% di novembre continuando ad alimentare aspettative di riduzione della crescita dei prezzi – crescita che dovrebbe convergere attorno al target inflazionistico della Bce a partire già dal prossimo anno.
Cosa ci può aspettare a questo punto dalla Bce? Un taglio dei tassi nei prossimi mesi potrebbe avvenire solo dopo analoga mossa della Fed?
Nel bollettino appena pubblicato, la Bce afferma che i tassi sono giunti al livello terminale. L’incognita, piuttosto, è l’intervallo di tempo per il quale questo regime di tassi è destinato a rimanere. Se la Fed comincia a ridurre i tassi di intervento nei prossimi mesi, la Bce potrebbe seguire subito dopo, assumendo che la convergenza verso il target inflazionistico continui.
(Lorenzo Torrisi)
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