Con una conferenza stampa convocata a Berlino, Ursula von der Leyen ha messo il timbro dell’ufficialità alla propria ricandidatura alla guida della Commissione europea. Le voci si rincorrevano e la cosa era nell’aria da tempo. L’attuale presidente ha scelto la giornata di ieri, a poco meno di quattro mesi dall’apertura delle urne nei 27 Paesi Ue, per scoprire le carte. Non si tratta soltanto di avere impostato una corsa lunga per il bis, una maratona in vista del voto per sfiancare gli avversari. Nel fare il passo in avanti, la von der Leyen ha colto un momento in cui i sondaggi danno in calo il fronte più conservatore e identitario. Ma c’è pure un altro aspetto che ha influito su questo annuncio. Ed è il discorso che Mario Draghi ha pronunciato la settimana scorsa a Washington dove ha ricevuto il premio Paul Volcker alla carriera.



L’appello dell’ex premier italiano (e massimo suggeritore della von der Leyen) è stato duplice: “L’Europa si concentri su difesa e debito comune”. Un debito “buono”, naturalmente, come Draghi ha sempre detto. L’emissione di debito comunitario, ha spiegato, consentirebbe di aumentare il montante fiscale dell’Ue in modo da alleggerire le pressioni sui bilanci nazionali e stabilizzare l’inflazione. In più si creerebbero i presupposti per strutturare una politica unitaria nel comparto della difesa per riarmare l’Unione Europea, istituire un esercito comune e non lasciare campo libero agli Usa nel sovvenzionare il settore militare nei teatri strategici più delicati, come sono oggi il Medio Oriente, l’Ucraina e il Corno d’Africa.



Allo stesso tempo, come ha scritto l’economista Francesco Giavazzi in un editoriale sul Corriere della Sera, si creerebbero le condizioni per finanziare le categorie di lavoratori che saranno espulsi dal processo produttivo, in particolare chi potrebbe perdere il posto a causa dell’innovazione tecnologica e informatica e, soprattutto, del Green Deal ambientalista. La “svolta verde” che l’Europa stenta a imporre riceverebbe una spinta determinante grazie a sussidi al reddito che andrebbero a tacitare le fasce sociali impoverite dalla svolta green, a partire dagli agricoltori che da settimane protestano su strade e autostrade occupandole con i trattori. Un’istituzionalizzazione della povertà destinata a essere sussidiata da debito che fino a due anni fa si sarebbe chiamato “debito cattivo”, ma che ora, grazie alla transizione green, cambia di segno.



Giavazzi è uno degli interpreti più affidabili del pensiero di Mario Draghi. E l’ex premier è uno dei candidati più autorevoli alla presidenza del Consiglio europeo al posto del belga Charles Michel. Non è dunque un caso che Ursula von der Leyen abbia deciso di annunciare la corsa verso il bis alla Commissione Ue dopo il discorso americano di Draghi e mettendo in cima al suo programma due punti che ricalcano le priorità da lui stesso indicate a Washington: debito e difesa.

Questo è dunque il quadro: la von der Leyen punta a destinare sempre più risorse al settore militare e a creare debito a favore non di investimenti ma di sussidi alla parte di popolazione Ue più in difficoltà. Giorgia Meloni si dice contraria a queste politiche (come ha dimostrato modificando radicalmente il reddito di cittadinanza), ma al tempo stesso è qui che sfocerà il suo appoggio a Ursula von der Leyen costruito negli ultimi mesi. La presidente del Consiglio chiederà voti per entrare nella stanza dei bottoni a Bruxelles e correggere il programma della nuova maggioranza Ue. È un argomento che può funzionare in Italia, ma non in Europa dove le scelte di fondo sono già prese. E non saranno modificate.

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