“Non siamo anti-europei né anti-europeisti: semplicemente abbiamo un’idea di Europa diversa, dei popoli e non dei burocrati” spiega al Sussidiario Marco Zanni, eurodeputato della Lega e presidente del gruppo Identità e Democrazia (ID) al parlamento europeo.
L’eco della manifestazione di ID a Firenze non si è ancora spenta, soprattutto perché ha toccato un nervo scoperto degli alleati centristi di Forza Italia: “Non c’è futuro comune con gli antieuropeisti”, “mai alleati con chi è contro la Ue” ripetono Tajani e i suoi.
In realtà il PPE è in malcelato imbarazzo, perché l’esperienza di governo a supporto del tandem von der Leyen-Timmermans è stata disastrosa, secondo Zanni. E “al di là degli annunci, dal PPE quando sono in difficoltà vengono a chiederci voti e supporto”.
Da Firenze sono emerse due indicazioni chiare: mai al governo europeo con la sinistra e i socialisti, e diventare la terza forza politica nel prossimo parlamento. Cosa intendete fare?
Il nostro obiettivo è portare l’esperienza positiva del centrodestra italiano, unito e compatto che sta governando bene, anche in Europa dopo quasi trent’anni di maggioranza innaturale popolari-socialisti condizionata dall’agenda della sinistra, che ha fatto i danni che tutti possono vedere. ID sarà un gruppo ancora più forte nel prossimo parlamento, perché i sondaggi parlano chiaro: oggi siamo il quarto gruppo più numeroso, vicini ai liberali di Renew Europe. Vogliamo superarli e crescere ancora.
Come pensate di riuscirci?
Il gruppo è composto da partiti che vanno a gonfie vele, con prospettive di governo in Paesi importanti, da Le Pen in Francia a FPÖ in Austria, a Wilders in Olanda, AfD in Germania. I partiti che compongono ID sono in crescita ovunque, perché danno risposte di buonsenso alle esigenze dei cittadini, che chiedono più sicurezza, difesa dei confini, politiche ambientali concrete e non ideologiche, difesa di aziende e posti di lavoro.
Se i numeri che prevedete saranno confermati?
A quel punto i popolari non potranno non aprire all’ipotesi di possibili alleanze di governo con ID. Non riusciamo a capire come nel centrodestra qualcuno insista nel preferire l’esperienza di governo fallimentare con socialisti e verdi. Chi pone veti, oggi, fa il gioco della sinistra.
Non vi vogliono. Siete anti-europei. Un pericolo per le istituzioni comunitarie.
Non siamo anti-europei né anti-europeisti, come ci definisce qualcuno: semplicemente abbiamo un’idea di Europa diversa, dei popoli e non dei burocrati. Vogliamo cambiare questa Ue. E per noi, a differenza di qualcun altro, la democrazia è ancora un valore.
Si spieghi meglio.
In questi anni nei popolari europei l’irritazione per le scelte di von der Leyen è andata aumentando e il dibattito interno è molto forte, perché hanno dovuto mandare giù politiche nettamente contrarie ai loro valori di riferimento. Gli stessi valori che stanno ancora a cuore al loro elettorato. Vale anche in Italia, ovviamente.
Quindi?
I popolari dovranno scegliere se seguire gli elettori oppure fare da stampella di un’alleanza innaturale che avalla le follie della sinistra. Il Green Deal alla Timmermans parla chiaro: ha messo in ginocchio l’industria europea.
A Firenze i media sono andati a nozze perché i “cattivi” c’erano tutti. Sicuro che sia così improbabile un accrocco tra ECR, PPE, liberali, socialisti per escludervi?
In politica può succedere di tutto, ma resto dell’idea che se politici di centrodestra faranno questa scelta poi dovranno renderne conto ai loro elettori. Mi pare che il trend degli ultimi anni sia chiaro: dove i partiti di centrodestra vanno al governo con la sinistra, perdono consenso. Non credo che con quello che sta succedendo in Germania, la CDU abbia gran voglia di tornare al governo con i socialisti e i verdi, che stanno attaccando quotidianamente per le politiche scellerate attuate da Scholz, Baerbock e Habeck. Un cattivo serve sempre, è vero, ma io dò anche un’altra lettura.
Quale?
Chi ha conservato e mantenuto il potere per tutti questi anni ha paura perché ci vede sempre più forti.
Ne è sicuro?
Quando a metà legislatura si parlò di un accordo per fare un grande gruppo a destra che sarebbe diventato numericamente il primo o il secondo del parlamento europeo, a sinistra erano nel panico e si chiedevano come sarebbe stato possibile, a quel punto, tenerci fuori. È la paura di chi non è in grado di convincere i cittadini facendo politiche buone e per questo cerca di instillare la paura del nuovo. Su questo siamo molto sereni.
Come vanno interpretati i numerosi segnali di “pragmatismo” su molti provvedimenti green che la Commissione ha tentato di attuare in modo ideologico, vedi alla voce imballaggi, pesticidi, case green? O è solo tatticismo elettorale?
Se i popolari lavorano insieme a noi, i provvedimenti pericolosi li fermiamo, li cambiamo e ne viene fuori qualcosa di buono. Perché al di là delle dichiarazioni e degli annunci, dal PPE quando sono in difficoltà vengono a chiederci voti e supporto. Come mai quando servono i voti, AfD e La Pen fanno comodo? Qui cade la bugia che spesso viene raccontata, cioè che siamo isolati perché il PPE non farà nessuna alleanza con noi. Falso: i popolari lavorano già con noi di ID. Non in modo strutturato, ma quando conviene, cioè quando i provvedimenti voluti dai socialisti penalizzano i loro elettori e provocano disastri.
È vero che sono molto scontenti della von der Leyen?
Lo confermo. Sono proprio curioso di vedere cosa farebbero, davanti a una riedizione della maggioranza uscente e a un bis di von der Leyen. Già cinque anni fa c’erano molti mal di pancia.
A Firenze il romeno Simion (AUR) ha ripetuto una parola che circola,“Superstato”. Immagino che sia il Golia di cui ha parlato Salvini. Che cosa c’è sotto i panni del Golia-Superstato?
Il progetto di accentrare sempre più poteri con la coercizione. Chi ha governato l’Ue non è stato capace con la bontà dei suoi provvedimenti di convincere i cittadini che con l’accentramento dei poteri si ottengono le soluzioni desiderate. L’Europa degli ultimi trent’anni è questo: un progressivo, ingiustificato accentramento di poteri. Io stesso in 10 anni di attività ho potuto toccare con mano tanti tentativi, soprattutto parlamentari, di svuotamento delle prerogative degli Stati nazionali e di accentramento a Bruxelles, dalle politiche fiscali imposte dall’alto alle ingerenze su temi che sono di competenza dei singoli Paesi, passando per la recente proposta di riforma dei trattati, che sembra quasi ignorare che la sovranità appartiene al popolo. Forzare un processo di questo tipo vorrebbe davvero dire andare incontro a un disastro sovietico.
Non ci sarebbe da stupirsi se emergesse un Chinagate, si è sentito a Firenze. Avete elementi in proposito?
Elementi concreti al momento no, ma dopo il Qatargate viene facile dubitare su tutto. E ci si chiede come mai certe decisioni, che sembrano estranee a ogni razionalità politica come quelle assunte sull’auto elettrica, vengano attuate senza se e senza ma, contro ogni elementare senso della convenienza. Va detto che è molto più facile fare lobby su un’unica istituzione che su 27 governi. È un oggettivo elemento di fragilità del sistema.
Orbán si oppone ai nuovi fondi per l’Ucraina. Per rimuovere il veto, la Commissione è pronta a sbloccare 10 miliardi trattenuti dopo l’accusa sul mancato rispetto dello stato di diritto. Come commenta?
È la conferma di ciò che chiunque non dia retta ai preconcetti aveva capito benissimo: la Commissione usa lo stato di diritto come strumento di coercizione per punire i governi non allineati o refrattari alle decisioni di Bruxelles.
Una prova?
La Commissione è intervenuta in Spagna durante la crisi della Catalogna, dove mi sembra evidente che lo stato di diritto non è stato rispettato? E in Francia, dove la polizia di Macron è andata spesso molto oltre la salvaguardia dell’ordine pubblico durante le manifestazioni di protesta? A me non risulta.
Cosa pensate dell’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea?
È giusto avere un dialogo e rafforzare la collaborazione, ma l’ingresso sarebbe un problema per due motivi. Il primo: quello di rivoluzionare l’assetto di una Unione che già non funziona a 27, inserendo uno Stato di grandi dimensioni, che avrebbe tanti parlamentari e assorbirebbe enormi risorse di bilancio, e per di più belligerante.
Il secondo?
Lo strumento dell’allargamento perderebbe ogni credibilità residua, ammesso che ne abbia ancora qualcuna. Sono decenni che tanti Stati seguono un processo di riforme senza fine. Ora all’Ucraina, seppure caso particolare, viene garantito un accesso immediato?
E l’allargamento ai Balcani occidentali?
Non è questione di merito, ma di metodo. E non bisogna farne nemmeno una questione di simpatia verso questi Stati, con i quali già si collabora, ma di funzionamento globale delle nostre istituzioni. Occorre aumentare la cooperazione con i Balcani prevedendo un processo ben definito, ragionato e senza ripetere errori commessi in passato: l’allargamento frettoloso ai Paesi dell’Est è un problema che l’Unione sconta ancora oggi. Ogni nuovo allargamento, se non bilanciato, rischia di aumentare il caos in istituzioni che sono già nel caos.
(Federico Ferraù)
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