Un Governo battezzato “Orsola” – dal nome della nuova leader di Bruxelles, von der Leyen – da parte dell’ex presidente italiano della Commissione, Romano Prodi, ha designato come nuovo commissario italiano un altro ex premier del centro-sinistra, Paolo Gentiloni. La sua nomina – quasi un atto costitutivo del Conte-2 – era indirizzata verso un incarico di grande peso e prestigio nella nuova governance europea: a voler rimarcare una presunta distanza copernicana dalla pre-indicazione della Lega (il ministro delle politiche agricole Gian Marco Centinaio, all’analogo portafoglio europeo). Bene, a Gentiloni è stata riservata una poltrona letteralmente di serie B: nel senso che il suo ruolo agli Affari economici sarà doppiamente mediato da uno dei nuovi “vicepresidenti esecutivi” della Commissione. Gentiloni – formalmente incaricato degli affari economici – risponderà infatti al lettone Valdis Dombrovskis e non direttamente a von der Leyen. E Dombrovskis – che ha retto gli affari economici negli ultimi cinque anni – avrà il potere di interloquire direttamente con la strutture dell’eurocrazia.
Non è inutile rammentare, ancora una volta, chi è Dombrovskis, il “commissario al commissario” di un Paese fondatore dell’Ue, terzo Pil e seconda manifattura. È l’ex premier di un Paese di meno di 2 milioni di abitanti, entrato nell’Ue nel 2004 e nell’euro dal 2014, con un Pil pro capite poco più di metà di quello italiano. Il partito nazionale del vicepresidente Ue – di orientamento conservatore – è precipitato dal 22% al 6,6% alle elezioni politiche di un anno fa. Il Paese baltico è tuttora scosso da gravi scandali bancari: il governatore della banca centrale, Ilmar Rimsevics, molto legato a Dombrovskis, è stato arrestato pochi mesi fa con pesanti imputazioni riguardanti la vigilanza su finanza e riciclaggio ed è stato sospeso dal consiglio Bce. Nella commissione Juncker, il politico lettone ha comunque recitato da ubbidiente portavoce del rigorismo tedesco-centrico (è palesemente al guinzaglio di Berlino l’intera squadra di nuovi “vicepresidenti esecutivi”: completata dalla danese Margrethe Vestager all’Antitrust e dall’olandese Frans Timmermans al “Green Deal”).
Dombrovskis non ha cambiato neppure il tono di voce al suo ri-esordio, in occasione dell’ultimo Ecofin. Ha stroncato ogni ipotesi di apertura immediata di confronto sul patto di stabilità Ue (esplicitamente sollecitato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a Cernobbio, lanciando il Conte-2). E ha ribadito – il nuovo “superiore” di Gentiloni – che l’Italia rimane un’osservata speciale sul debito, pur dopo il teatrale go-and-stop primaverile sulla procedura d’infrazione.
La “flessibilità Ue” sbandierata come il golden asset del Conte-2 rispetto al reprobo Conte-1 gialloverde, appare quindi già più di un mezzo fake. Il neo-ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, giunto al Tesoro da Strasburgo con la nomea di consumato insider dell’eurocrazia finanziaria, è tornato dal suo primo Ecofin dopo aver battuto a malapena un dito sul tavolo: “Ho ricordato ai colleghi che una politica di bilancio restrittiva sarebbe un errore”. E ha riferito che una qualche attenzione potrà essere riservata solo a investimenti “Greta”: strettamente focalizzati sul cambiamento climatico. Nessuna vicinanza apparente ai drive della politica industriale italiana come la digitalizzazione (Industria 4.0).
Terza e non ultima: la “ripartenza sui migranti” è già parsa un “riarrivo al punto di partenza”. Il caso Ocean Viking si è risolto esattamente in fotocopia rispetto ai precedenti. Una nave Ong è stata tenuta dal Conte-2 al largo di Lampedusa per giorni, non diversamente da come operava il Conte-1 sulla base dei decreti-sicurezza varati da Matteo Salvini: che il nuovo ministro tecnico del Viminale, Luciana Lamorgese, non dà segno minimo di voler toccare. Ancora un volta – “caso dopo caso” – si è attesa a lungo la disponibilità di altri Paesi europei ad accogliere quote di poche decine di migranti. La Ocean Viking, addirittura, non sarà fatta attraccare in porto a Lampedusa (dopo l’aperto malumore del sindaco) e i profughi saranno trasbordati da mezzi militari. Nonostante il calendario diplomatico si annunci fitto – vertici bilaterali con Francia e Germania prima di un summit a cinque a Malta – il clima è quello di un “fatto compiuto”. La prospettiva di riapertura immediata del dossier Dublino non si sta dimostrando meno fake di quella riguardante il dossier Maastricht.
Cacciato Salvini, dimezzato Gentiloni, snobbato Mattarella, irriso Gualtieri e lasciata sola Lamorgese (e – par di capire – accompagnato alla porta senza troppi complimenti anche il presidente uscente della Bce, Mario Draghi) l’Europa festeggia e tira diritto. Chissà, dopo questa Caporetto, su quale linea del Piave riusciranno ad attestarsi i 21 ministri e i 42 sottosegretari del primo “doppio premier-ribaltonista” nella storia della Repubblica. Ma – a differenza di un secolo fa – il “governo del Centro-Sud” ha forse già firmato la resa. Anche a nome dell’Italia del Nord.