Da oltre oceano si susseguono segnali di fatica per il presidente Biden: la gaffe più recente, e tra le più clamorose, è quando durante una conferenza stampa si è lasciato andare ad un commento nei confronti di un giornalista della Fox News, Peter Doocy, che al termine della conferenza stampa ha posto a Biden una domanda inattesa: “Risponderebbe a una domanda sull’inflazione? Pensa che l’inflazione sia uno svantaggio politico in vista delle elezioni di midterm?”. Il presidente, non degnando di risposta il cronista ha commentato, pensando che il microfono fosse spento “Stupido figlio di p…”.
I più recenti sondaggi sulla popolarità di Biden sono ai minimi storici, è dato con un tasso di approvazione a circa il 42%, e la media dei sondaggi generici fatti su un campione ampio della popolazione americana danno il partito repubblicano avanti rispetto a quello democratico di circa 1,5 punti percentuali. Non fa meglio la vicepresidente Kamala Harris, con un tasso di approvazione fermo al 39% (sotto il minimo storico toccato da Donald Trump nella scorsa legislatura), che non riesce a gestire il difficile dossier dell’immigrazione ed è imbarazzata dalle dimissioni di alcuni membri del suo staff, che raccontano ai giornalisti di come sia difficile dover lavorare con lei.
Nel campo repubblicano viceversa i segni di miglioramento sono molteplici: il partito conservatore si sta muovendo molto in vista delle elezioni di midterm, previste per metà novembre, quando punta a riconquistare la maggioranza sia del Congresso che del Senato, risultato che legherebbe le mani a Biden nei prossimi due anni di mandato, e la caccia a chi sfiderà il presidente democratico alle presidenziali previste per novembre 2024 è già partita.
Tra i repubblicani che meglio si stanno muovendo senza dubbio spicca il governatore della Florida Ron DeSantis. Quarantaquattro anni, figlio di una coppia operaia con origini italiane, ex star del campionato di baseball dei college, con diploma a Yale e laurea in legge ad Harvard, è sicuramente esempio di quel sogno americano che ancora oggi può essere reale. Le politiche che hanno caratterizzato la Florida degli ultimi anni alternano provvedimenti cari alla destra conservatrice (dalla lotta all’immigrazione illegale al pugno duro contro le manifestazioni violente, all’introduzione di restrizioni al voto postale) a provvedimenti di ampio respiro e con un’approvazione bipartisan (un investimento di 2,5 miliardi di dollari per politiche ambientali nella zona delle Everglades, la riforma del codice penale tesa a favorire forme di pena diverse dal carcere, l’introduzione di normative atte a proteggere le aziende della Florida dalla concorrenza sleale cinese, le limitazioni ad alcuni strapoteri delle grandi aziende tecnologiche).
Particolarmente rilevante la posizione di DeSantis in merito alla pandemia: ha ridotto al minimo le chiusure e le restrizioni, con grande vantaggio per l’economia e con tassi di disoccupazione sempre molto bassi, tenendo un numero di contagi e morti non superiore (la Florida è il terzo stato per contagi negli Usa ed è anche il terzo per numero di abitanti) a quello di stati che hanno avuto lunghe e pesanti restrizioni, come la democratica California. Perfino la paladina della sinistra radicale, Alexandria Ocasio Cortez, è stata paparazzata in Florida mentre si godeva una vacanza libera da mascherine e chiusure da lei stessa sostenute per lo stato di New York.
L’operato di Ron DeSantis è caratterizzato da una particolare attenzione al mondo della scuola e dell’educazione, sia grazie alle pochissime chiusure che hanno avuto le scuole della Florida durante la pandemia, sia combattendo in maniera netta l’introduzione nelle scuole americane della “Critical race Theory” (insieme di dottrine sociologiche e storiche che re-interpretano la storia americana e l’attuale sistema politico-sociale come il frutto di oppressioni razziali) che accusa di dividere le persone in base al colore della pelle, “di far pensare ai bambini di essere oppressi e oppressori in base alla loro razza”. Convinto, probabilmente non a torto, della prevalenza delle idee di sinistra nel mondo accademico e della necessità di tutelare al massimo il free speech nei campus universitari, ha introdotto un sistema non-partisan, volto a controllare che nelle università statali gli studenti si sentano liberi di esprimere le loro idee e non subiscano restrizioni da parte degli ambienti in cui si trovano.
Si tratta insomma di un profilo che ha tutte le carte in regola per presentarsi alle prossime primarie repubblicane e convincere la base del partito, ma anche per presentarsi all’elettorato indipendente e moderato, tranquillizzandolo rispetto a certi eccessi di Trump e garantendo l’impegno da lui stesso dimostrato in Florida alla crescita economica, alla creazione di posti di lavoro, all’abbattimento delle tasse e ad un governo federale che sia il meno invasivo possibile dei diritti e delle libertà delle persone, di cui i cittadini americani sono particolarmente orgogliosi.
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