Dopo le elezioni regionali, il premier Conte ha avviato la verifica di governo, che “non avrà comunque una navigazione tranquilla”. Il Pd si è sì rafforzato rispetto ai Cinquestelle, ma la vittoria in Emilia-Romagna “è la risultante di molteplici componenti, e tutte non danno il segno di una proiezione sul piano nazionale”, specie se Zingaretti sposterà il partito tutto a sinistra e su posizioni giustizialiste, come sta accadendo oggi nel dibattito sulla prescrizione, condannandosi in tal caso a “non diventare partito di maggioranza”. E sull’ipotesi che il 29 marzo, in caso di vittoria del sì al referendum sul taglio dei parlamentari, si possa arrivare allo scioglimento delle Camere e alle elezioni anticipate, Calogero Mannino, ex ministro Dc, commenta così: “Mattarella ha perseguito l’obiettivo della stabilità della legislatura. Le elezioni anticipate sono ritenute da Mattarella un obiettivo congruo rispetto alla sua posizione? Impossibile rispondere”.



Superato il Capo Horn delle elezioni in Emilia-Romagna, il governo ha iniziato a muovere i primi passi di quella verifica che aveva chiesto Conte. Evitata la spallata, avrà una navigazione almeno un po’ più tranquilla?

No, avrà sempre una navigazione travagliata. Perché in questa prima fase il Pd, oltre a qualche timida richiesta di aggiustamento, non metterà il piede sull’acceleratore di un chiarimento finale del quale ha bisogno. Ma entro un certo tempo dovrà arrivarci.



Tempi lunghi?

Se dà tempi lunghi, difficilmente il M5s nella sua interezza si attesta sulle posizioni del presidente del Consiglio, perché immagino che prima o poi Di Maio prenderà un’iniziativa.

Prima o dopo gli Stati generali del Movimento, tra l’altro rinviati a dopo marzo?

Quello sarà il momento in cui il M5s dovrà chiarire la linea e agli Stati generali si discuteranno due ipotesi: quella di Conte e la sua.

Chi prevarrà?

Tutto dipende da chi regge le fila esterne dei Cinquestelle. La posizione di Grillo ora è abbastanza chiara e netta: Grillo tiene famiglia e quindi sceglierà l’alleanza, o anche di più, con il Pd.



E Casaleggio?

Ha una linea più complessa e non è interessato a un partitino che si colloca a sinistra. E’ interessato alla continuità del compito che il M5s ha avuto in Italia: la destrutturazione del sistema politico. È il ricordo del padre a vincolarlo a questa visione, e non solo per un fatto puramente sentimentale.

Dopo lo scampato pericolo in Emilia-Romagna il Pd può davvero cantare vittoria?

La vittoria in Emilia-Romagna è la risultante di molteplici componenti e tutte non danno il segno di una proiezione sul piano nazionale.

Perché?

E’ una vittoria che manda dei segnali al Pd, a partire dal fatto che lo spazio che deve recuperare è tutto alla sua sinistra, è tutto sulla tenuta delle strutture portanti del vecchio Pci. Uno dei tratti che difettano nelle analisi è la considerazione della portata e del valore della struttura sociale che il Pci ha per suo riferimento in Emilia-Romagna. E’ la regione delle più forti organizzazioni cooperativistiche, è la sede di Unipol – basta ricordare “Abbiamo una banca”. In Emilia-Romagna il Pd è un pezzo di società, la cui tipologia non ricorre nelle altre regioni.

E se il Pd recupera tutto solo a sinistra che succede?

Non diventa partito di maggioranza.

Cosa dovrebbe fare allora Zingaretti?

Zingaretti dovrebbe fare una riflessione. Se avesse affrontato le elezioni anticipate avrebbe vinto, contro i Cinquestelle e contro Salvini. Ha scelto invece di recuperare tutto il recuperabile dei Cinquestelle portandosi sul loro terreno. Il Pd, allo stato attuale delle cose, non avrà più il voto di un avvocato o di un imputato… Il Pd si è portato sul terreno del partito giustizialista, che è il M5s.

Vero, ma il M5s è in caduta verticale, anche se in Parlamento mantiene ancora una netta maggioranza di seggi. A tal proposito, come si può gestire questo paradosso?

L’iniziativa era nelle mani di Zingaretti. Alle elezioni anticipate il Pd sarebbe stato votato dal centro dell’Italia, non il centro in senso geografico, ma politico.

E oggi?

Adesso il centro politico è alla ricerca del proprio autore. C’è uno spazio enorme, quello occupato da Salvini e Meloni, ma dove non c’è il centro. E quel centro formato dai ceti medi che stanno pagando il conto di questa retrocessione dell’Italia o dalla borghesia giolittiana, oggi è senza casa.

Si parla di una possibile leadership del centrodestra per Giancarlo Giorgetti. Potrebbe essere una figura capace anche di calamitare questo centro moderato?

Il problema resta la Lega, non il leader che la Lega è disposta ad accettare. Il problema è questa radicalizzazione che ha impresso Salvini, di sé e della propria formazione politica. Adesso verranno al pettine alcuni nodi di natura geopolitica, esattamente come dopo il primo e il secondo dopoguerra.

Di cosa si tratta?

Gli Stati Uniti stanno spingendo nella direzione di un arretramento nazionalistico dei paesi europei, perché su questa posizione si sono posti loro. E questa spinta mette l’Italia in una condizione di scelta tra il nulla di questa radicalizzazione nazionalistica e la ricerca dell’Europa.

Un problema che non si risolve tanto facilmente…

Esatto, perché per certi aspetti la crisi politica italiana presenta alcune tracce anche nella realtà tedesca, dove la leadership della Merkel è ormai giunta al suo traguardo, mentre la Francia, che pure cerca di avvalersi della debolezza dell’Italia, è essa stessa debole. La gestione dell’Europa e dell’euro, a parte l’eccezione Draghi, non ha certo rafforzato l’Europa. Ora tutte le ridefinizioni politiche nazionali passano per scelte di collocazione, che solo per comodità si chiamano di politica estera o internazionale, all’interno di un quadro geopolitico profondamente mutato. Basta guardare alla Libia, la porta di sicurezza dell’Italia, che oggi è nelle mani per metà della Turchia e per metà della Russia. Non solo siamo tornati a prima del 1911, ma addirittura del 1878…

Se il 29 marzo vincesse il referendum sul taglio dei parlamentari, Mattarella potrebbe sciogliere le Camere e andare al voto anticipato oppure no?

Prevedere Mattarella è facile e impossibile al tempo stesso. Mattarella ha perseguito l’obiettivo della stabilità della legislatura. Era implicito a questo obiettivo la costituzione dell’attuale governo tra Pd e M5s. Le elezioni anticipate sono ritenute da Mattarella un obiettivo congruo rispetto alla sua posizione? Impossibile rispondere.

Ma Mattarella non è un po’ “deluso” da questo governo che rinvia tutto, non decide nulla perché litiga su ogni cosa?

Al presidente della Repubblica non possono certo sfuggire quei problemi cui accennavo. Banalizzando: come gestiamo i rapporti con gli Stati Uniti? E con l’Unione europea? Che cosa facciamo della Libia? Cioè, cosa facciamo di noi stessi, quando abbiamo aperte questioni che sono in prospettiva decisive della tenuta del nostro paese, si chiamino Ilva o Alitalia, solo per citare due casi?

(Marco Biscella)