Clima da ora della verità al recente Consiglio europeo! E mi sono allora venute alla mente le pagine di Ernesto De Martino dedicate alla “distruzione del mondo”, nel suo articolo sulla jettatura nel Regno di Napoli, su cui Benedetto Croce aveva già scritto pagine indimenticabili: “Or questa perdurante potenza del negativo – scriveva appunto De Martino in Sud e magia negli anni immediatamente successivi alla Seconda guerra mondiale – si traduce, dal punto di vista esistenziale, nella ricorrente esperienza della precarietà dei beni vitali elementari, nella insicurezza delle prospettive, nel caos di cozzanti interessi particolaristici e individualistici, e in generale nell’ininterrotta pressione di forze non dominabili – naturali o sociali che siano – prementi da tutte le parti e schiaccianti l’individuo senza che la cultura nel suo complesso e la società nella sua tessitura offrano la possibilità di comportamenti realistici efficaci per fronteggiare il negativo e ridurlo a misura umana”.
Parole incredibilmente attuali. Dinanzi al tremito che sale dai volti, dagli interventi concitati, dalle gaffes (pensate alla dichiarazioni del premier austriaco che ora litiga sulle quote vaccinali che spetterebbero all’Austria mentre si è fatto sempre campione del nazionalismo più becero) dei protagonisti delle élites del potere che cantano sempre le “messe cantate europeofile”, la severa assertività di un classico dell’antropologia come De Martino risuona sorprendente. Mario Draghi ha invece mantenuto la calma: ha enunciato dei progetti ed esternato dei principi che sono simili “alle parole di pietra” di Carlo Levi. Parlo delle parole ferme come quelle pronunciate prima del Consiglio riferendosi in Parlamento al fallimento vaccinale tuonando contro “gli interessi prevalenti di alcuni gruppi influenti” che danneggiavano gli anziani nell’opera di prevenzione. Ma leggiamo ciò che Draghi ha affermato a Bruxelles: “I cittadini europei hanno la sensazione di essere stati ingannati da alcune aziende farmaceutiche… restare fermi e non prendere provvedimenti sarebbe difficile da spiegare”. Così il premier italiano nel suo intervento al Consiglio europeo in merito alla risposta Ue al Covid e sull’export dei vaccini, in particolare verso il Regno Unito, dopo “la pace raggiunta ieri tra Bruxelles e Londra in seguito al caso AstraZeneca”; così si dice dell’intervento del premier nel più importante quotidiano economico italiano.
Meno serenamente le esternazioni della presidente von der Leyen, la quale non perde occasione per rendere manifesta la decadenza della filiera merkeliana della Cdu, affermando: “AstraZeneca deve prima di tutto recuperare” sulle dosi concordate con l’Ue “e onorare il contratto con gli Stati membri prima di poter impegnarsi di nuovo nell’esportazione di vaccini” (riporto dallo stesso quotidiano). E questa affermazione ha provocato il 26 marzo 2021 un articolo di Federico Fubini sul quotidiano storico esponente di ciò che rimane della alta borghesia italiana in cui si fanno proprie delle posizioni critiche sul ruolo dell’Ue in merito ai vaccini e si esprimono posizioni molto ragionevoli sui pericoli del “sovranismo protezionistico europeo-vaccinale”, disvelando ciò che nessuno sa (purtroppo) e che tutti, invece, dovrebbero sapere, ossia che grazie a tale insano protezionismo si potrebbe innescare una rappresaglia a non finire in primo luogo da parte dell’industria e dello Stato indiano. L’India ha la più grande industria farmaceutica mondiale e, aggiungo io, è impegnata con il Sudafrica in una decennale battaglia contro la brevettazione dei vaccini, inverando ciò che in tutto il mondo si dovrebbe approntare dopo la pandemia, se vogliamo che questa catastrofe insegni qualcosa di più alto e fondamentale che non sia la sola efficacia degli eurobond (rilanciata sotto altra etichetta da Mario Draghi al medesimo Consiglio).
Meglio di nulla, naturalmente, ma si sarebbe coerenti con tale apertura sinora inimmaginabile con altri premier se il Governo italiano avesse fatto sua la richiesta di India e Sudafrica per una moratoria temporanea per i brevetti sui vaccini e sui farmaci anti Covid-19, per poterli produrre su scala mondiale in quantità sufficienti al fabbisogno. Si sono fatti portatori di questo appello personalità dal profilo intellettuale e politico diverso come Vittorio Agnoletto, Silvio Garattini, don Luigi Ciotti, Gino Strada. Un appello che io sostengo fermamente.
Ma ora veniamo al dunque. Da dove giunge questo sommovimento europeo? La pandemia è da tempo immemorabile che ci affligge come una piaga biblica, ma sinora in Europa un cambiamento simile di prospettiva non si era quanto meno configurato come oggi si configura. Configurare non vuol dire far accadere. Ma è meglio di nulla. Ripeto a me stesso la domanda: donde viene tutto ciò? Ma non può che venire dal risveglio del gigante Usa. Al Consiglio è intervenuto il presidente Biden e proprio in tale occasione il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha fatto sapere che il Commissario europeo Thierry Breton e la sua task force anti-Covid sono in contatto con l’Amministrazione statunitense “per garantire gli approvvigionamenti necessari per produrre più dosi”.
I lettori sanno che potrei iniziare ora una piccola lezione di reazioni internazionali e di configurazioni (appunto) di nuovi rapporti di potenza nel Mediterraneo e nei confronti della Cina… e della Russia. Mi fermo solo qui. Sappiamo ciò a cui mi riferisco e non mi dilungo. Giova ricordare, tuttavia, che se si muove il gigante Usa (si tratta di una versione aggiornata di un nuovo Piano Marshall? è presto per dirlo…) anche la Germania – e quindi l’Ue (l’Europa è altra cosa) – è costretta a muoversi, perché le nazioni firmatarie dei trattati sono sottoposte alle pressioni politiche che ne derivano. Esempio di ciò sono la ripresa degli stretti contatti diplomatici franco-italiani di questi giorni.
Tutto è in movimento… tutto scorre, sotto lo sguardo fermo del Pardo – fortunatamente per l’Italia, soprattutto dopo Conte e compagnia – a guardia delle relazioni transatlantiche: Mario Draghi, il premier dell’italico governo. Sottolineo, tuttavia, che questo sommovimento non può che determinare un approfondimento dello sgretolamento dell’establishment tedesco.
La Corte Suprema della Germania ha sospeso ieri la ratifica del Recovery Fund, dopo che il Parlamento lo aveva approvato in via definitiva. Di qui la richiesta da parte della Corte affinché il presidente della Repubblica non firmi la legge approvata dal Bundestag e dal Bundesrat. La sentenza origina da un procedimento in via d’urgenza presentato da Bernd Lucke, fondatore di AfD, partito da cui fuoriuscì. Il capo dello Stato dovrà quindi attendere la pronuncia degli alti togati. Ma essa altro non è che l’inizio di una battaglia che sarà aspra e durissima. La salita al Governo di Mario Draghi contestualmente all’elezione di Joe Biden non poteva non rendere più accanita la battaglia intercapitalistica. La rottura ora in corso non è che l’inizio e si lega strettamente alla battaglia tedesca per la successione della Cdu. La destra AfD apre la strada prima dello scontro, uno scontro che durerà a lungo.
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