La guerra commerciale Usa-Cina travolgerà l’Unione Europea, ma “i mandarini di Bruxelles non lo vogliono capire” dice Marco Zanni, eurodeputato della Lega. “O si riorienta la struttura dell’Ue verso un nuovo modello che ridia alcune competenze agli Stati membri o sarà un disastro”. Il responsabile esteri del Carroccio passa in rassegna tutti i principali temi della situazione europea: debolezza di Ursula von der Leyen, riposizionamento di Salvini, alleanze, Macron e il suo piano egemonico. Quasi riuscito.
Trump ha detto a Nigel Farage che “l’Italia starebbe molto meglio senza la Ue”. Condivide?
L’Italia sta bene nell’Ue se la partecipazione a questa istituzione porta un vantaggio tangibile ai nostri cittadini, se tutela gli interessi degli italiani. Se si riduce a perseguire logiche franco-tedesche a danno del nostro benessere, non vedo quale sia il vantaggio a pagare per stare in questo club.
In ogni caso quello dei rapporti Usa-Ue è un problema reale.
Trump vorrebbe un trade agreement, ma davanti a sé ha un interlocutore che pretende di rappresentare unitariamente gli interessi di 28 Stati ognuno dei quali ha peculiarità diverse. Trump non è mai stato un amante dell’Ue e finora ha sempre dimostrato di prediligere i rapporti bilaterali con gli Stati.
È un sovranista.
È un pragmatico, fuori dalle logiche bizantine dei mandarini di Bruxelles. Ma questo non dipende solo da Trump. Ho avuto modo di parlare personalmente con molti congressmen sia democratici che repubblicani e tutti faticano a capire cosa sia l’Unione.
Intanto l’economia tedesca rallenta e siamo alle porte di una recessione profonda. Qual è la risposta dell’Ue?
La risposta non c’è. L’Europa è stritolata da un modello sbagliato di sviluppo socio-economico, quello imposto dalla Germania e basato sulla compressione dei costi per avere un export più competitivo. Comprimere i costi vuol dire comprimere salari, quindi mettere un freno alla domanda interna e puntare tutto esclusivamente sulle esportazioni. Cosa significhi in tempo di guerra commerciale Usa-Cina è evidente a chiunque.
Le implicazioni politiche?
Il modello europeo va in difficoltà per decisioni che noi non possiamo controllare. Discettare se la trade war Usa-Cina sia sbagliata o se Trump faccia bene o male ha poco senso, la vera domanda è: è sano e sostenibile questo sistema? Ci va bene essere impotenti se siamo in difficoltà?
Di fronte a una crisi che rischia di affondare la Germania e l’Unione, qual è il grado di consapevolezza nell’europarlamento?
Quasi zero. Non si capisce che o si riorienta la struttura dell’Ue verso un nuovo modello che ridia alcune competenze agli Stati membri, che metta le nazioni al centro della cooperazione politica, che punti a supportare la domanda interna, o sarà un disastro. La maggior parte di coloro che siedono nelle istituzioni europee non lo comprendono.
Cosa dicono francesi e tedeschi?
La Francia sembra avere altri obiettivi, la Germania con le sue politiche è alla radice del problema, mentre in Italia il sistema produttivo è ancora succube della retorica e del modello liberista tedesco. Se per incentivare le esportazioni si uccidono i salari e i consumi diventa difficile sfruttare un mercato potenziale di 500 milioni di persone.
La prossima Commissione è in crisi ancor prima di cominciare il mandato perché è incompleta e la sua formazione è in stallo. Come valuta l’operato di von der Leyen?
Un presidente estremamente debole si aggira per l’Europa, in una situazione istituzionale che è la peggiore della storia dell’Ue. Il conflitto inter-istituzionale è molto forte tra Parlamento e Consiglio, in più c’è Macron che rappresenta un ulteriore fattore di stress.
Ma von der Leyen riuscirà a formare la squadra?
Mi stupirei del contrario. Ma fatta la squadra serve però la forza per attuare il programma, e in von der Leyen questa capacità mi pare francamente prossima allo zero. Oggi la sua commissione non è in grado di aggregare una maggioranza nemmeno sulle proposte meno sensibili, figuriamoci sui grandi temi.
“La Lega non ha in testa l’uscita dell’Italia dall’euro o dall’Ue. L’euro è irreversibile” ha detto Salvini. Sembra un riposizionamento. Non c’è una parte del Ppe, quella facente capo a Weber, che potrebbe accogliere i voti leghisti e di parte degli euroscettici, per cambiare insieme le regole?
Nessun riposizionamento, a parte la forzatura di qualche giornalista che riporta dichiarazioni in modo errato. Quanto detto da Salvini mi sembra chiaro, e non smentisce, semmai conferma quanto è già stato detto in passato. Oggi non c’è nessun programma e nessuna idea in merito a un possibile ingresso della Lega nel Ppe.
E perché?
Perché il Ppe è il passato fallimentare dell’Ue. Questo non toglie che con una parte del Ppe parliamo e abbiamo punti in comune e parliamo.
Ad esempio?
Sul tema immigrazione e sicurezza, sul tema di cosa deve fare l’Europa, cioè esserci un po’ meno e fare un po’ meglio. Su questi temi con alcuni di loro ci sono convergenze. Anche nei popolari qualcuno ha iniziato a capire che per salvare l’Ue dobbiamo ridare competenze agli Stati membri, perché altrimenti i problemi non si risolvono e si rischia di andare a grandi passi verso la disgregazione. Un conflitto istituzionale come quello che vediamo è un pessimo segnale.
Ma chi sono i vostri interlocutori?
Orbán, gli sloveni, gli spagnoli del Partito popolare, la Csu tedesca. Sono stati loro a cercarci, preoccupati di vedere il Ppe spostato a sinistra verso un nuovo accordo con i socialisti.
Altre cose però vi dividono, a cominciare dal vostro dialogo con AfD.
Non è un grosso problema. Vista la frammentazione politica che c’è in Germania non mi stupirei di vedere in un futuro prossimo la Cdu andare al governo in qualche regione proprio con AfD. È la logica dei numeri che porta in quella direzione, la Turingia insegna. AfD verrà “sdoganata” ed entrerà a far parte di maggioranze di governo, questo è inevitabile. È più naturale per la Cdu governare con Die Linke o con AfD?
Dunque è questo l’obiettivo?
Credo che questa evoluzione sia nelle cose e arriverà in tempi più o meno brevi. È un processo che ha riguardato diversi partiti considerati “anti-sistema” in Europa, lega compresa, e credo che anche in Germania assisteremo alla stessa evoluzione.
Qual è il sentimento prevalente verso la Lega?
Salvini è visto come un pericolo. In un certo senso hanno ragione: è un pericolo per lo Status Quo e per tutti quei politici che hanno investito molto capitale e la propria faccia in un progetto che sta risultando fallimentare. In questi casi prevale la paura, e la paura, politicamente, si traduce in un tentativo di isolamento.
Un tentativo coronato da successo: avete avuto molti voti ma nello schieramento europeo siete stati sconfitti. E in Italia niente urne.
Intanto però ogni volta che c’è una votazione politicamente importante vengono a chiedere i nostri voti. Ce li hanno chiesti per alcuni commissari, Goulard compresa. Con questi numeri non possono escluderci. Qualcuno forse comincia anche a capire che escluderci non è proprio la strategia elettorale vincente.
E perché no?
Perché più ci escludono, più la gente si accorge dell’inganno, cioè di quanto poco sono democratiche oggi le istituzioni europee.
Torno a chiederle: che cosa volete, rompere il sistema o cambiare le regole?
Le ripeto quello che diciamo da tempo: o si cambia radicalmente, o non è l’Italia che esce dall’euro o dall’Ue, è il sistema-Ue che crolla su se stesso. Siccome noi non vogliamo il caos, da anni diciamo: guardate che se andiamo avanti così si mette male…
Temete politicamente più von der Leyen o più Macron?
Macron, senza dubbio. Macron è un pericolo perché usa il suo finto europeismo per fare gli interessi della Francia a danno di altri. Il suo vero obiettivo non è tanto la riforma dell’eurozona, di cui gli importa relativamente, ma mettere le mani sulla difesa europea, il cui budget passa da poco meno di 500 milioni degli scorsi 7 anni a 22 miliardi nel 2021. Se il Regno Unito esce, la Francia si troverà ad essere la prima vera potenza militare in Europa: l’unico membro europeo nel consiglio di sicurezza Onu, l’unica potenza nucleare, lo Stato con l’esercito più grande. Orienterebbe in modo netto le scelte di politica estera. Il portafoglio cui cui ambisce Macron va in questa direzione. È un progetto che sarebbe pericolosissimo per l’Italia.
Un progetto al quale voi rispondete “meno questa Europa, più Stati”?
Dopo avere già ceduto sovranità su tutto, cederne ancora sul tema difesa e tutela militare a vantaggio della Francia, che su quasi tutti i dossier di politica estera ha interessi contrastanti rispetto ai nostri, sarebbe un grave errore.
È fallito del tutto il tentativo di raggruppare i partiti anti-sistema in un unico partito europeo?
In alcuni partiti hanno prevalso altre logiche e non essere riusciti a fare un fronte comune è senz’altro un peccato, è stata persa un’occasione. Vedremo, in ogni caso è un percorso lungo. I cosiddetti sovranisti dovrebbero imparare a fare gioco di squadra.
E perché, se sono sovranisti?
Il nostro progetto non preclude coordinamento e alleanze con altri paesi. Se siamo divisi facciamo il gioco dei nostri avversari. Ungheresi e polacchi capiranno a proprie spese che aver supportato von der Leyen non li aiuterà nel proteggersi dal tema della Rule of law, che continuerà ad arrivargli pesantemente addosso.
Un punto di vista sull’attuale governo italiano visto da Bruxelles?
Le istituzioni europee stanno cercando di fare di tutto per aiutarlo, anche se i numeri della legge di bilancio sono peggiorati rispetto a un anno fa dal punto di vista delle regole Ue. Il che conferma ancora una volta che l’uso delle regole è politico. M5s e Pd sono in grave difficoltà e secondo me quello che succederà in Emilia-Romagna avrà un impatto forte.
Cadrà il governo e si andrà a votare?
Non prima del prossimo autunno. Quello potrebbe essere il periodo buono.
(Federico Ferraù)