A San Donato Milanese un aereo cade e tutti i passeggeri muoiono, persino un bambino. Il 65enne Dan Petrescu, considerato uno degli uomini più ricchi della Romania, muore insieme a moglie e figlio per un totale di otto vittime mentre guidava il proprio aereo alla volta di Olbia, dove voleva andare trascorrere una vacanza con sua madre nella sua villa. Il velivolo, con tutta a probabilità a causa del blocco di un motore, cade a san Donato Milanese schiantandosi contro un edificio in ristrutturazione. A Roma, “la città eterna”, all’improvviso crolla una parte del Ponte dell’Industria – più noto come Ponte di Ferro – invaso dal fuoco divampato per l’esplosione di condutture presenti nella struttura.
Fatti diversi e non correlati, ci interrogano sul senso del male dovuto a casualità. Specialmente quella di Milano, visto che ci sono delle vittime, interroga su ciò che non comprendiamo. Non tutti sanno che il grande scrittore Manzoni, soprattutto nell’ultima parte della vita, fu tormentato dalla questione di come rapportarsi al Mistero quando esso sembra ammantarsi di dolore. Se la Provvidenza nei panni della Peste “punisce” don Rodrigo ma fa morire anche Fra’ Cristoforo, come può essere letto questo evento? Che senso ha il dolore innocente?
La risposta umana non esiste. Di certo non è possibile rinnegare il male chiamandolo in un altro modo: tutta la vita di Cristo insegna a non rinnegare la realtà. Il primo gradino è ammettere la presenza di un Mistero che è ferita aperta, sbigottimento e urlo. Solo a partire dalla realtà è possibile fare il passo della preghiera e trasformare il dolore in motivo di fraternità.
Come diceva Ungaretti, la parola fratelli è un’involontaria rivolta dell’uomo quando è immerso nella propria fragilità. Ungaretti scriveva a proposito della tragedia della Guerra mondiale, ma lo stesso può essere gridato di fronte al dolore di un genitore che perde un figlio, di una possibile vacanza che diventa tragedia, di un ponte di ferro che va a fuoco quando normalmente il ferro non brucia. A prescindere dalla fede, il dolore ha un esito umano certo. Unisce, fa stare assieme.
Quando si soffre è facile non rimanere nella solitudine né lasciare nella solitudine: il nostro quartiere, i nostri vicini, la nostra città, i nostri concittadini, le persone che conosciamo e quelle di cui leggiamo le vite e il destino sono assieme a noi quando soffriamo. Abito a Roma ma quando Como, la mia città natale, è sommersa dall’alluvione come quest’estate, io sono subito lì. Col cuore e se posso con la presenza.
Il dolore immotivato, il dolore casuale, il dolore crudele, ci aiuta a sospendere il giudizio. Ci aiuta a comprendere l’altro, ad accompagnare, a perdonare. Nel groviglio di eventi sinceramente e brutalmente incomprensibili troviamo il bandolo di fare almeno fronte comune, di prenderci per mano gli uni con gli altri e di andare avanti.
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