La Segretaria del Pd, Elly Schlein, si è detta favorevole a una tassa sui super ricchi che non coinvolga il ceto medio e ha invitato a una discussione su una patrimoniale a livello europeo. In questi giorni diversi Governi europei, incluso quello italiano, cercano di far quadrare i conti pubblici con le richieste europee di riduzione del deficit e contemplano tagli di spesa. L’Europa con la sua austerity e il suo consolidamento fiscale è un’anomalia rispetto agli altri due grandi attori globali, Stati Uniti e Cina. La Cina proprio in questi giorni vara programmi fiscali che includono incentivi diretti ai consumatori e gli Stati Uniti continuano a viaggiare su deficit molto superiori alla media nonostante l’andamento economico non richieda particolari aiuti. Questa anomalia emerge nel cambio euro/dollaro che a fine settembre vedeva l’euro ai massimi degli ultimi due anni e mezzo; nonostante la performance da incubo dell’industria tedesca.
L’Europa, dopo l’invasione dell’Ucraina e le sanzioni contro la Russia, ha il disperato bisogno di recuperare competitività avendo perso l’accesso al gas di Mosca. L’andamento economico tedesco e il calo della produzione industriale sono il segnale della crisi profonda del modello europeo che avviene in un mondo in cui esportare è molto più difficile di prima. La fotografia di questa crisi emerge in una recente presentazione di Isabel Schnabel, membro del board della Bce, che dedica alla questione un paragrafo dal titolo emblematico “venti contrari strutturali per le economie orientate all’export”. Proseguendo in questa presentazione si arriva all’emergenza della scarsità della forza lavoro europea; è un’emergenza che può essere curata allungando la vita lavorativa, posticipando la pensione, e favorendo l’immigrazione in modo da riequilibrare l’offerta di lavoratori alla domanda. Uno dei benefici dell’austerity, in Italia è noto, è la compressione dei salari e questo può contribuire a restituire competitività alle imprese europee.
Prendiamo ancora spunto da questa presentazione. L’Europa “ha bisogno di recuperare competitività per proteggere i suoi standard di vita e i suoi valori sociali”. Nella riga immediatamente successiva si legge che “gli sforzi passati per guadagnare competitività non sono stati senza difetti. Le politiche tese a ridurre il costo del lavoro, per esempio, sono spesso arrivate insieme a difficoltà economiche e costi sociali significativi”. Certo, bisogna superare questo modello e puntare sul green e l’innovazione, ma, nel frattempo, l’austerity, aggiungiamo noi, “aiuta”.
L’austerity e le patrimoniali sembrano solo un nuovo capitolo di un libro già letto in cui l’Europa preserva la propria competitività comprimendo i salari. Questa volta, però, non si tratta di un “una tantum” per far fronte a uno shock, ma della nuova normalità perché l’Europa non ha più il gas russo e perché la globalizzazione è finita. L’Europa si butta sul green come nuovo motore di crescita, ma la sfida è talmente colossale che ha bisogno dei risparmi degli europei e di programmi di spesa pubblica mai visti. Tutto questo è inflattivo e rende la necessità di bilanciare, per esempio con i salari, ancora più forte. Il sogno green europeo, ammettendo che funzioni, richiede un tempo che si misura in decenni. L’Europa, se questo è lo scenario, dovrà alla fine agire anche sul cambio, troppo forte, e alla fine arriveranno anche i tagli della Bce.
Il quadro che emerge però impone un tema. Se si caricano di costi i cittadini europei, comprimendone i salari e sposando una strategia energetica e industriale costosa, l’esigenza di colmare i contraccolpi sociali diventa strutturale. Più si scende dal ceto medio, incluso, in giù nelle classi di reddito più si arriva all’osso delle spese vive e più si pone il problema di redistribuire. Dato che la rivoluzione green richiede una generazione e che il mondo viaggia verso la deglobalizzazione quello che si vede è all’inizio una “tassa sui super ricchi” e alla fine una patrimoniale notte tempo generalizzata.
Si parla di patrimoniali perché è questa la strada che ha imboccato l’Europa con le sue scelte geopolitiche ed economiche. È il necessario complemento per evitare che la strategia europea fallisca non sui mercati ma sulle piazze delle proteste. Per smontare la patrimoniale bisogna smontare le scelte che vengono prese in questi mesi a Bruxelles e che nessuno ufficialmente si sogna di associare a costi e tasse.
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