A sorpresa Elly Schlein ha vinto. Straniera al partito, massimalista senza mezze misure, oltranzista oltre ogni mediazione, figlioccia dei dalemiani, eredita la guida di una “cosa” che si chiama per ora Pd.
Guiderà un partito i cui iscritti non la volevano, un partito che lei ha combattuto, deriso e trattato come un luogo di gente incline a fare le peggiori politiche, i cui gruppi parlamentari sono smarriti tra le pulsioni riformiste e la corsa a sinistra. La risposta dei chiamati alle urne ha sortito l’effetto di resuscitare le renziane tentazioni rottamatrici. Via tutti, venga la “nuova”, quella che finalmente parla da sinistra. E sia donna. La sinistra massimalista di opinione ha mal digerito che la prima donna premier venisse da destra e così ha rimediato premiando Elly.
E lei ora dovrà prendere una direzione politica. Di fronte ha un primo bivio. Dialogo e progressiva assimilazione con i 5 Stelle o gara a sinistra in contrapposizione a Conte. I voti grillini (quelli che resistono) fanno gola, così come la mitologica area del non voto. Elly sicuramente ci fa affidamento. E andrà nella direzione che le suggerirà il vento. Avrà qualche mese per pensarci, prima delle prossime amministrative, per poi andare al battesimo elettorale delle europee.
Nel frattempo la guerra alla Meloni sarà a tutto campo. Donne con destini e valori antitetici, metteranno in scena ognuna il suo ruolo per fortificarsi reciprocamente e staccare gli alleati. E questo sarà un altro tema. Il modo in cui le donne si percepiscono e si vedono conterà molto. E molto del loro consenso andrà a chi le rappresenta meglio.
Il rapporto tra le donne e la società e quale modello tra Elly e Giorgia sia quello che attira di più sarà il tema dei prossimi mesi. La visione massimalista aiuterà la Schelin e radicalizzare su di sé il consenso, lei spera. Si chiude invece senza possibile futuro ogni dialogo con i centristi. Renzi e Calenda sono banalmente più nemici di Giorgia. E di certo la distanza è ricambiata. Nessuna alleanza e nessun dialogo. Il che porterà le parti a rintanarsi ognuno sul proprio colle, attendendo la caduta dell’altro.
E poi ci sarà da coniugare il rapporto tra partito nazionale e partito locale. I dirigenti locali non la comprendono. I residui presidenti di Regione del Pd non l’hanno sostenuta, così molti sindaci ed amministratori. Essere governati da un’aliena, protogrillina, sarà una sfida davvero nuova che non tutti accetteranno.
Queste fibrillazioni possono aprire scenari per ora difficili da delineare con precisione, ma c’è da credere che un pezzo di amministratori difficilmente si affideranno a lei per decidere le loro sorti e politiche locali. Elly dovrà dimostrare di saper governare il partito. Non ha esperienza di nessun tipo, ha attorno però tanti esperti consiglieri che pensano di poter influire sulla “ragazza” in modo profondo e di poterle far fare la frontwoman per mantenere saldo il potere più concreto. Anche questo è un rischio che Elly dovrà scongiurare, per non apparire il volto buono di un uomo con i baffi dedito alla produzione vinicola.
Insomma, tra alleanze da ridefinire, fronte interno al partito da gestire ed opposizione alla Meloni si preannuncia una strada inedita. Il rischio che traspare dalle sue prime dichiarazioni è che sia alla ricerca della Repubblica di Platone da realizzare in terra assieme ad una schiera di idealisti, invece che cercare di trovare soluzioni alla realtà che la circonda. Secondo Marco Aurelio non avrebbe molto senso e sarebbe addirittura un peccato grave ambire a tanto perdendo di vista ciò di concreto che c’è da fare. Ma per ora va bene così. Sognare serve in politica. Serve a prendere i voti, serve a infiammare i militanti, serve a tante cose. Non a governare, certamente. Ma questo non pare sia per ora il vero obiettivo. Vedremo come il Paese leggerà Elly. Per ora il popolo del Pd le ha affidato le chiavi di casa fidandosi sulle parole. Sulla novità, sulla dichiarata voglia di facce nuove e di pensare al futuro e a chi non ce la fa.
Insomma, Elly 2023 somiglia tanto nei toni all’odiato Matteo. Stessa età all’epoca, stesso radicalismo, stessa aria da outsider. Stesso successo inatteso. Chissà se avrà la stessa sorte.
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