Olaf Scholz è il primo leader europeo a visitare Pechino in tre anni. L’ultimo viaggio era stato compiuto dal suo predecessore, Angela Merkel, ma questo desta non poche polemiche per quello che ci sarebbe dietro. Si parla, ad esempio, dell’offerta fatta dal gigante cinese della logistica Cosco per l’acquisizione di una quota del porto di Amburgo, un’infrastruttura critica per la principale potenza esportatrice europea. Ma anche la delegazione è indicativa: ci sono manager di BASF, Volkswagen, Deutsche Bank, Siemens, BMW, Bayer, Adidas, Merck e BioNTech. Ma il viaggio in Cina del cancelliere tedesco è fonte di grande tensione anche all’interno della sua coalizione in Germania. In assenza di una chiara politica estera, questo viaggio di Scholz rafforza l’impressione che la Germania voglia essenzialmente fare i suoi interessi. Ma la visita di Scholz è anche una “vittoria” per Xi Jinping, paladino della centralità della Cina sulla scena mondiale in sfida contro gli Stati Uniti.



La visita viene interpretata come un voto di fiducia nei confronti della Cina e come un segnale all’amministrazione Biden. “Questa visita è significativa perché avviene in un momento in cui gli Stati Uniti stanno cercando di contenere la Cina e stanno cercando di convincere i cosiddetti amici europei, tra cui la Germania, a seguirne l’esempio“, osserva Ding Chun, professore alla Fudan University di Shanghai, a Le Figaro. Per il quotidiano francese, Pechino sta sfruttando il suo status di maggior partner commerciale della Germania per cercare di spaccare l’unità dell’Unione europea, che negli ultimi anni ha irrigidito la sua posizione nei confronti della Cina, tanto da definirlo un “rivale sistemico“.



GERMANIA E CINA, PARTNERSHIP DIVIDE…

A fornire altri retroscena sui rapporti tra Germania e Cina è Le Monde che tre giorni prima dell’invasione della Russia in Ucraina incontrava Martin Brudermüller, capo del gigante chimico tedesco BASF, a Ludwigshafen (Renania-Palatinato), sede del gruppo. In quell’incontro si è parlato anche di Cina, dove BASF investirà 10 miliardi di euro fino al 2030, in particolare a Zhanjiang, nella provincia sudorientale del Guangdong, per costruire un nuovo sito produttivo. “Nel 2030 la Cina rappresenterà il 50% del mercato mondiale della chi mia. Se volete essere un gigante globale della chimica, non potete dire che metà del mercato non vi interessa“, rispondeva a chi gli faceva notare che potesse essere rischioso investire tale somma in un Paese ostile verso l’Occidente. Ma la Cina è da sei anni il principale partner commerciale della Germania: nel 2021 è stato il principale fornitore e il secondo mercato di esportazione tedesco. Un milione di posti di lavoro sull’altra sponda del Reno dipende direttamente dalle esportazioni verso Pechino. Lo scontro, dunque, si consuma tra i grandi gruppi, che ritengono che un industriale globale non possa tagliarsi fuori dalla Cina, e dalle aziende che prendono le distanze, sia per le crescenti difficoltà sul campo, sia perché i rischi geopolitici, di sicurezza o di reputazione sono ritenuti troppo grandi.

Leggi anche

USA E KIEV/ La prima vittima dei missili di Biden sarà il popolo ucraino