IL SINODO, LA META E L’INCOMPLETEZZA: IL CARD. SCHÖNBORN A 360°
La Chiesa Cattolica tra le divisioni, le istanze “progressiste” e la perdurante crisi delle vocazioni resta e resiste: secondo il cardinale Christoph Schönborn, Arcivescovo di Vienna, l’origine di questa bimillenaria “resilienza” è tutta nella viva presenza del Cristo. Tra i tanti problemi messi in evidenza è il Sinodo sulla sinodalità fortemente voluto da Papa Francesco a “confermare” tutta la fragilità umana nella Chiesa ma anche la positività di un’occasione a livello mondiale dove ri-centrare il fulcro della fede cristiana.
È un Sinodo all’insegna della sinodalità: come sottolinea il cardinale austriaco nella lunga intervista al “Die Presse”, «La mia definizione preferita è quella del Salmo: “Signore, mostraci le tue vie” (Sal 86). Per me, questo contiene tutti gli elementi della sinodalità. Si tratta di cercare, di non sapere già tutto, ma di cercare prima da chi può indicarci la strada. In breve, la sinodalità è una “parola orientata alla trascendenza” e allo stesso tempo una parola che si spinge molto in orizzontale. Quindi verticalità e orizzontalità sono molto legate in essa». Sebbene la cultura moderna insista da tempo con l’assimilazione del percorso come sia già la meta dell’esistenza, il cardinale austriaco ribalta il concetto: «Ciò che mi ha colpito di più dell’Instrumentum laboris (documento di lavoro sul Sinodo 2021-2024, ndr) sono stati questi passaggi del testo base in cui si dice che la sinodalità ha a che fare con «l’incompletezza”». Questa è una prospettiva centrale, spiega ancora Schönborn, nella misura in cui «mette fine a tutte le ideologie che credono di “avere” le cose una volta per tutte. Vivere con questa forma di “incompletezza” è difficile, ma rende giustizia alla vita. Noi stessi siamo su questa strada, siamo un pezzo del lungo cammino che sta dietro di noi e ancora davanti a noi». In questo senso, l’Arcivescovo di Vienna ricalibra il concetto: «la strada non è la meta. Il cammino è la via; e un cammino di solito ha una meta. Teologicamente, questa si chiama “dimensione escatologica“, cioè una dimensione che va oltre questo tempo. E questo, naturalmente, ci porta all’area di tensione in cui la Chiesa si trova per sua natura: è la forma concreta e visibile di una comunità e allo stesso tempo porta in sé una meta che va oltre questo tempo».
CARD. SCHÖNBORN: “LA CHIESA NON È PERDUTA, C’È SEMPRE IL VANGELO”
E davanti alle istanze del percorso sinodale in Germania (donne, comunione risposati, benedizione coppie gay, etc), il Card. Schonborn ribadisce come Roma abbia già indicato dei limiti: «Anche Papa Francesco ha sottolineato questo punto con un’osservazione ironica: “Avete già una buona Chiesa protestante in Germania. Perché ne volete una seconda?”. Si trattava di un’osservazione scanzonata che aveva lo scopo di portare un po’ più di umorismo in tutta la faccenda, cosa che personalmente mi manca. Sarebbe bene per tutti noi essere un po’ più rilassati. I confini sono stati tracciati da Roma, in particolare dal Dicastero per la Dottrina della Fede e dal Dicastero per i Vescovi, per quanto riguarda le strutture sinodali che sono state prese in considerazione – ma non sono stati legati a sanzioni, piuttosto sono stati introdotti nell’apertura di un dibattito».
Come già analizzato più volte in questi ultimi anni, il Card. Schönborn riconosce la Chiesa Cattolica di una forza che si spera non verrà mai abbandonata: «Riesce a rimanere “una” in questo grande ventaglio di tensioni, anche di velocità diverse. Questo è dovuto in ultima analisi a Cristo e ha anche molto a che fare con il ministero petrino, con il ministero dell’unità». La cosa affascinante del Vaticano e della Chiesa Cattolica in generale «è che qui si sperimentano le diverse velocità nell’ampiezza della Chiesa universale. Eppure si ha l’impressione che si tratti di un’unica Chiesa. Quindi dobbiamo sopportare questo. Questo si chiama resilienza». I processi sinodali hanno bisogno di tempo perché le partenze della Chiesa, sottolinea il prelato, «fanno parte di un grande processo sociale in cui la Chiesa ha il suo posto con i suoi errori e i suoi fallimenti, ma anche con i suoi punti di forza». L’aspetto più importante è però la demografia europea che sta ora colpendo duramente: «i lamenti sul fatto che ci sia troppo poco personale infermieristico, troppo poco personale docente, troppo poco personale addetto alla ristorazione e troppo poco personale ecclesiastico: tutto ciò ha a che fare con la demografia. Non possiamo mentire a noi stessi su questo. Il numero di cattolici scenderà probabilmente al 20% a Vienna. Forse questo sarà in parte compensato dall’immigrazione». Parlare dunque di crisi e di “tutto perduto” per il futuro della Chiesa di Cristo non solo è errato ma profondamente incoerente con quanto il Vangelo predica da oltre duemila anni: «stanno accadendo molte cose nel panorama religioso. Trovo entusiasmante ciò a cui stiamo assistendo. La nostra contrazione non mi preoccupa. Perché la Chiesa ha un pacchetto di orientamento al significato. Si chiama Vangelo».