SCHWA, ASTERISCHI E CHIOCCIOLE: LA “LINGUA” CHE NON INCLUDE
Dopo che l’Università di Trento ha sdoganato l’utilizzo del genere femminile per qualsiasi carica ed elemento interno all’ateneo – il cosiddetto “femminile sovraesteso” – il dibattito culturale ed accademico in Italia è tornato ad affrontare da vicino la cultura “woke” che sembra permeare dagli ambienti anglofoni fino ai nostri confini. Un linguaggio “inclusivo”, che abolisce le “barriere” dei generi, che tuteli le minoranze e che inserisca nelle abitudini comuni elementi come la “schwa”, gli asterischi o le chiocciole per ammodernare in pieno la lingua italiana in salsa sempre più “woke”.
Secondo la linguista Valeria Della Valle, raggiunta da “Avvenire”, la problematica aperta da qualche anno sull’introiettare testi sempre più “incomprensibili” starebbe generando molta più confusione che spunti positivi: la Baviera da aprile 2024 ha messo al bando l’uso dell’asterisco (“das Sternchen”, la stellina, come lo chiamano in tedesco) e in Italia il tema è sempre più all’ordine del giorno in una aperta tifoseria di pro e contro “woke”. «La lingua è in continua evoluzione ma difficilmente accoglie cambiamenti che non abbiano una giustificazione e non rappresentino un’esigenza dei parlanti», spiega l’esperta del gruppo “Incipit” dell’Accademia della Crusca nonché direttrice del Dizionario Treccani.
DELLA VALLE (DIRETTRICE DIZIONARIO TRECCANI): “SI RISCHIA UNA LINGUA INCOMPRENSIBILE”
Secondo Della Valle insomma il tema non è un chiuso conservatorismo che impedisca una lingua e una cultura più aperte ad innovazioni: «La spinta in base alla quale si propone l’uso dell’asterisco o dello schwa ha ragioni che vanno capite e considerate con rispetto ma la soluzione proposta è inattuabile», sottolinea l’esperta. Rimanendo sul problema intrinseco, ad esempio, l’asterisco non può essere usato come vocale finale che “nasconde” il genere in quanto «rende incompresibile anche la declinazione singolare o plurale. Salta l’accordo grammaticale, indispensabile per riconoscere i rapporti logici tra parole».
In sostanza, usare schwa o asterischi vari nei testi giuridici, nei comunicati pubblici o addirittura nelle sentenze ad oggi «provocherebbe dubbi, incomprensioni e fraintendimenti»: dunque per la linguista Della Valle, i simboli presentano dei problemi più che oggettivi nella lettura e nella comprensione. Per questo motivo la loro introduzione e assimilazione a livello di testi ufficiali causerebbe non poche difficoltà ad una larga fetta di popolazione, «come ad esempio anziani e dislessici». Rispondendo così alle intemerate dell’Università di Trento o a intellettuali che da anni spingono per adottare linguaggi “woke” anche in Italia, Della Valle replica: «Una scelta che vorrebbe essere inclusiva finirebbe, al contrario, per essere discriminante nei confronti di coloro che hanno una scarsa alfabetizzazione. In Italia molti cittadini non hanno dimestichezza con l’italiano, un asterisco come finale di parole li metterebbe a disagio, confondendoli». Sulla schwa resta più possibilista l’esperta direttrice del Dizionario Treccani, anche perché resta un suono già pronunciato in alcuni dialetti del sud Italia: resta però il problema sul genere, «Impossibile anche emettere un suono indistinto, otterremmo parole incomprensibili. Ma la comprensibilità reciproca tra parlanti è il presupposto principale di una lingua, e uno strumento fondamentale per la democrazia, per far sentire la propria voce, partecipare alle decisioni», conclude Della Valle su “Avvenire”.