Accade in Emilia Romagna che un Comune della provincia di Modena adotti il “nuovo linguaggio inclusivo che già il Parlamento Europeo sta sperimentando negli atti ufficiali: attenzione al genere e alle discriminazioni, utilizzo della “schwa” e capillare eliminazione di ogni possibile riferimento verbale che possa “ledere” le sensibilità dei cittadini.



Avviene tutto a Castelfranco Emilia nel Modenese dove la giunta comunale ha deciso di imbracciare la “lotta” al genere maschile-femminile, facendo invece spazio e al “neutro” (o, meglio, “fluido”) che meglio rappresenterebbe l’inclusione ai tempi d’oggi: «Il rispetto e la valorizzazione delle differenze sono principi fondamentali della nostra comunità e il linguaggio che utilizziamo quotidianamente dovrebbe rispecchiare tali principi. Ecco perché vogliamo fare maggiore attenzione a come ci esprimiamo: il linguaggio infatti non è solo uno strumento per comunicare, ma anche per plasmare il modo in cui pensiamo, agiamo e viviamo le relazioni», spiega il Comune emiliano nel lanciare l’iniziativa della schwa. Trattasi, per i non addetti al linguaggio anti-gender, del simbolo fonetico ə (una “e” rovesciata) utilizzato a livello internazionale per superare il “binarismo di genere” maschile-femminile.



LA SCHWA E IL “NUOVO” LINGUAGGIO

In parole povere, non si potrà più scrivere negli atti ufficiali del Comune il “tutti” come generico universale, sostituito invece da un politicamente assai più corretto “tuttə”, e così via. Rispondendo poi ai commenti dei cittadini di Castelfranco – non tutti profondamente convinti dell’utilità di questo “nuovo linguaggio” – il sindaco fa scrivere sui social: «Gentilissimə, grazie a tuttə; per i vostri commenti e le vostre considerazioni. Un’iniziativa come quella che questa mattina abbiamo presentato in questo post ha senza dubbio un valore ‘simbolico’ e, se non accompagnata da azioni concrete e quotidiane, non sarà mai sufficiente a rendere la nostra comunità pienamente inclusiva». Come ha spiegato di recente Vera Gheno (sociolinguista specializzata in comunicazione digitale nonché conduttrice di Linguacce, trasmissione radiofonica in onda su Rai Radio 1), lo/la schwa (e qui con l’articolo come la mettiamo?, ndr) «dal punto di vista semantico, può funzionare come genere indistinto, perché indica un suono che sta al centro del rettangolo delle vocali, quindi è neutro come pronuncia: la vocale media per eccellenza. Per questo, mi sembrava particolarmente adatto a indicare un genere indistinto». Il punto è sempre lo stesso, dall’abolizione di “padre, madre, sesso” nei consessi europei, all’attenzione di genere e l’eliminazione del genere con lo schwa: per rispettare una “minoranza” si arriva a cancellare/modificare/imporre un comportamento per tutti. Servirebbe un dibattito serio e senza ideologia su questo, senza essere accusati di “sessismo” o quant’altro se si prova a dissentire un attimo dal nuovo ‘pensiero’ unico dominante.

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