CASO SCHWAZER. Non ha passato una serena Pasqua Olivier Niggli. Pensava forse di essersela accomodata affidando a una testata amica un’intervistona uscita il venerdì santo dove aveva ribadito gli insulti al giudice italiano, reo di avere preso la sua organizzazione con le mani nella marmellata. Aveva pure tentato di ammaliare Sandro Donati descrivendolo come vittima del suo atleta Alex Schwazer.
Ma la testata amica ha dovuto ospitare per diritto di replica anche il pensiero della vittima e sono stati dolori: sbugiardato in lungo e in largo, il povero Niggli ha dovuto sorbirsi anche un richiamo di memoria sulle carte taroccate presentate al processo di Bolzano e sul ricorso in extremis a un perito pregiudicato per falso in perizia allo scopo di produrre “evidenze scientifiche (sic!?!)”, perito peraltro espostosi a una figuraccia penosa durante l’intervista silenziosa a Le Iene, andata in onda la notte stessa dell’intervistona di Niggli.
Intendiamoci: il Corriere della Sera se non altro ci ha messo 48 ore a dare voce al contraltare di Niggli. Al povero Donati era andata peggio 16 mesi fa durante la terza visita pastorale annuale di Niggli alla sede de La Gazzetta dello Sport. La prima visita – trionfale – era avvenuta nel 2017 poco dopo l’assoluzione da parte della Wada di 95 su 96 atleti russi, senza però aver sentito l’accusatore principe, informato dei fatti, Grigory Rodchenkov e mentre da oltre un anno si resisteva all’ordine della magistratura italiana di sequestro delle provette di Schwazer.
Nella terza visita in via Solferino a Milano – quella del 2019 – invece Niggli tacciò di “mistificazione” i primi risultati peritali contenuti nell’ordinanza e in base ai quali il Gip disponeva un ulteriore supplemento di perizia chiedendo la collaborazione della Wada, ovviamente mai ottenuta. In quell’occasione Donati inviò una lettera di replica alle parole di Niggli, che però non venne mai pubblicata dalla testata di via Solferino. Ci vollero due mesi per leggere una sua mini-intervista, che a quel punto la tempistica rendeva tutto tranne che una risposta a Niggli.
Se non altro con le parole di venerdì al Corrierone (“Donati ha collaborato con noi”) Niggli è apparso guarito da un’amnesia che nel 2016 gli aveva fatto dichiarare “Il prof. Donati non ha mai rappresentato la nostra istituzione e anche nel passato ha sempre parlato a solo titolo personale”. Eh sì! A volte la memoria gioca brutti scherzi, ma visto che dice di aver letto e riletto l’ordinanza del giudice e di condividere i comportamenti tenuti dai membri della sua organizzazione in sede processuale, si dovrebbe esigere le dimissioni del sig. Niggli o il suo licenziamento, visto che di reati penali si sta parlando.
A tal proposito, in tutto ciò resta inspiegabile come mai governo, Coni e Fidal non abbiano provveduto a mandare le carte del processo di Bolzano ai Comitati etici di Wada, Cio e World Athletics chiedendo una presa di posizione sui reati lì denunciati e sui loro dirigenti implicati. È vero che l’addetto stampa della Athletics Integrity Unit (Aiu) ha messo le mani avanti dicendo che loro si chiamano fuori (per non inquisire il loro vicedirettore?), ma vivaddio li si costringa almeno a mettere nero su bianco la loro eventuale collusione! A meno che le minacce del presidente della World Athletics, Sebastian Coe, abbiano già avuto effetto…