Nuova puntata su Alex Schwazer. Altro che ordinanza di supplemento di perizia! Quella vergata ieri dal giudice per le indagini preliminari Walter Pelino appare in realtà come un’anticipata notifica di reato, anzi di reati, attribuiti a dirigenti di Iaaf, Wada, laboratorio di Colonia, una sorta di avviso di garanzia collettivo al sistema antidoping su cui si regge lo sport mondiale, fatto a pezzi da queste 34 pagine.
Le conclusioni sono esplicite: tra le ipotesi atte a spiegare l’anomala concentrazione del Dna nelle urine di Schwazer, il Gip considera quella della manipolazione l’unica “suffragata da elementi indiziari e, comunque, resa possibile dai gravi vizi già accertati della catena di custodia e concretamente attuabile senza particolari difficoltà”.
Già, i “vizi” della catena di custodia: quelli ad esempio attribuiti al laboratorio di Colonia, dove erano custodite le provette incriminate di Schwazer, reo di avere dato alla magistratura tedesca “dati falsi” sulla aliquota di urina residua presente nel campione B allo scopo di “impedire parte degli accertamenti peritali”.
Per non parlare poi del carteggio del laboratorio con la Iaaf per concordare una strategia legale che impedisse la consegna delle urine al Tribunale di Bolzano, “indebite pressioni” della Federazione internazionale di Atletica, che costituiscono “potenziale notizia di reato non meno dell’ipotetico complotto” contro Schwazer. Ce n’è anche per la Wada, accusata ironicamente di “chiaroveggenza” per aver cercato valori di concentrazione del Dna in un’urina “negativa” di Schwazer addirittura due anni prima che questo dato finisse al centro dell’attenzione degli inquirenti. Schiaffoni anche al perito genetista della Iaaf Emiliano Giardina, accusato di posizioni “scientificamente inconsistenti”.
Alla luce di quanto emerso in questi 3 anni di indagini – scrive il Gip – l’archiviazione della denuncia penale contro Schwazer sarebbe lo sbocco immediato, ma visto che l’imputato non si accontenta e le parti lese (Iaaf, Wada, Fidal) hanno a cuore la difesa della credibilità del sistema antidoping, Pelino chiede: al perito del Tribunale, il genetista Lago (affiancato da uno statistico) ulteriori verifiche sperimentali sui campioni d’urina già testati; alla Wada di fornire urine positive al doping di 50 atleti per confrontarli con gli anomali valori del Dna di Schwazer; sempre alla Wada di dare tutta la documentazione sull’urina testata a Schwazer fuori da ogni regola processuale e sportiva a fine estate 2016; alla Fidal di fornire urine di 50 atleti di sport di resistenza per un confronto dei loro valori di concentrazione di Dna; infine richiesta alla Corte d’Appello di Colonia di accertare l’autenticità delle mail hackerate al sistema informatico della Iaaf.
La fine di questo lunghissimo incidente probatorio si annuncia per il 2020 inoltrato, ma ora le parti si sono invertite: il compito di difendersi non tocca più a Schwazer ma a quelle che in questo procedimento giudiziario sono – ironia della sorte – ancora tecnicamente definite “persone offese”.