Una nuova e interessante architettura è inaugurata al CERN di Ginevra, una struttura di servizio dedicata alla accoglienza dei visitatori che numerosissimi chiedono di poter conoscere in presenza – negli Open Day periodicamente organizzati – il principale centro di ricerca sulla fisica delle particelle d’Europa.
Il CERN fu fondato nei primi anni 50 per dare un riferimento stabile e condiviso a livello europeo alla ricerca di base per il nucleare, proprio dopo la tragica esperienza atomica con cui si era appena concluso il secondo conflitto mondiale, e di cui la lucida e visionaria ricostruzione filmica di Christopher Nolan, Oppenheimer, ha riportato alla memoria le intramontabili questioni etiche.
La condivisione internazionale e la trasparenza metodologica di un processo di ricerca congiunto in tempo di pace veniva visto come l’unico antidoto praticabile all’unilateralità della conquista nelle ricerche scientifiche, e soprattutto per evitarne l’uso applicativo e strumentale a scopo bellico.
Pur restando la questione etica e di politica della scienza sempre attuale e critica, il CERN attraverso la costruzione di acceleratori e rivelatori di particelle nei tunnel ad anelli sotterranei (attualmente 27 km di circonferenza a 100 m di profondità) e progressivamente potenziati, ha reso possibili una serie di altre scoperte nella fisica fondamentale che ci permettono di comprendere sempre meglio le leggi fisiche a partire dalle particelle elementari.
Infatti dal Modello Standard (Weinberg, Salam e Glashow: Nobel 1979), alla verifica dell’esistenza del Bosone teorizzato da Higgs (Peter Higgs e François Englert: Nobel 2013), fino alle prossime generazioni di scoperte nella “nuova fisica” che potranno derivare dal potenziamento nel prossimo High-Luminosity LHC, le migliaia di fisici che collaborano alle ricerche – ormai con relazioni internazionali che vanno ben oltre i limiti europei e che coinvolgono lo scenario mondiale della “BigScience” – stanno indagando gli elementi e le dinamiche interattive di materia ed energia che stanno alla base sia dei fenomeni microscopici di spazio e tempo, sia di quelli macroscopici dell’universo.
Va segnalato come alcuni fall out tecnologici di tali ricerche di base siano ormai divenuti patrimonio comune delle irreversibili conquiste tecniche ben presenti nella vita quotidiana, o necessarie in particolari criticità: per esempio dal web, inventato per il dialogo locale dei computer degli scienziati, alla componentistica e ai protocolli di comunicazione degli smartphone, fino alle terapie adroniche antitumorali. Queste solo alcune delle invenzioni derivate dalle ricerche di base della fisica.
Dagli anni della fondazione (1953) diverse serie di generazioni di ricercatori si sono avvicendate nei laboratori in superficie e nelle costruzioni e attività sperimentali ipogee, come il LHC e ora il High Luminosity LHC; la quantità di aspiranti ed interessati visitatori, quali nuove giovani generazioni di possibili scienziati, eccedeva totalmente fino a ieri la capacità ricettiva dell’organizzazione del CERN, dedicata ovviamente e con priorità alla ricerca, sebbene con grande sensibilità alle necessità di comunicazione del proprio lavoro.
Da questo “eccesso di richiesta” è nata la visionaria e razionalissima soluzione che, sorta da una prima vision condivisa tra l’architetto Renzo Piano e la direttrice del CERN Fabiola Gianotti in visita al suo studio di Parigi nel 2017, nel 2019 è stata poi presentata in concept, modelli e blueprint. La realizzazione del complesso – supportata da donazioni per il progetto che provengono dalla fondazione Stellantis e in parte dalla fondazione Hans Wildsorf – viene ora inaugurata ufficialmente al pubblico con la nuova costruzione che marca l’ingresso dei grandi laboratori.
L’area di pertinenza del CERN è posizionata al confine tra Svizzera e Francia, ed attraversato da un percorso stradale e di connessione tramviaria con il centro città di Ginevra – e la sua stazione ferroviaria ed aeroporto – che suddivide i quartieri degli attuali edifici in superficie.
La proposta di Renzo Piano Building Workshop (RPBW), in collaborazione con Brodbeck Roulet Architectes Associés, si configura come un “ponte per la Scienza” che innanzitutto connetta funzionalmente questi due settori adiacenti; nel contempo offre l’effetto trasversale di un portale sospeso e trasparente per accogliere scienziati e visitatori.
Se la struttura portante del Science Gateway è lasciata all’essenziale sequenza dei filari di pilastri in metallo, la parte superiore contiene due elementi tubolari paralleli alla viabilità stradale, contenenti dei simmetrici percorsi coperti, che simbolicamente si offrono ai visitatori come una prospettiva in sezione dei tunnel dell’acceleratore ipogeo, citando implicitamente la metafora architettonica di un colossale binocolo.
All’interno dei lunghi elementi tubolari ci si immerge in un percorso di comunicazione scientifica simile ad un museo interattivo che presenta e documenta la storia, il presente e il futuro del lavoro che si svolge nella singolare città o comunità della scienza.
Dalle prospettive interne e sopraelevate dei tunnel sospesi si ritroverà da un lato la veduta della città di Ginevra e del retrostante Monte Bianco, e dall’altra la direzione del confine francese e il contorno all’orizzonte dello Jura.
Una serie di edifici alla sponde del Science Gateway (nel nome stesso già un accostamento ricco di suggestioni interdisciplinari) si dispongono a moltiplicare le strutture di servizio ed accoglienza per i visitatori (presenze previste 300mila-500mila ogni anno). Tre mostre (Discover CERN, Our Universe, Quantum World) introducono a due laboratori immersivi, un auditorium, uno shop e un ristorante.
Secondo le più impellenti priorità ecologiche, l’impronta di carbonio del nuovo complesso durante il funzionamento sarà pari a zero: 4000 m quadri di pannelli solari producono energia per Science Gateway e altri edifici del CERN; la presenza della nuova costruzione è integrata in una importante compresenza del verde: oltre 400 alberi e 13mila cespugli sono presenti negli spazi verdi circostanti.
In quella che presa di per sé può quasi sembrare – nella sequenza ripetuta di unità strutturali che articolano moduli attrezzati ed antenne – come una stazione spaziale disposta sul suolo anziché nello spazio celeste, ritengo sia importante cogliere come nella semplice essenzialità dei primi schizzi del concept di Renzo Piano stia l’essenza dell’opera, ora finalmente realizzata ed esperibile nella sua concreta funzionalità e promettente successo.
Lo stesso concetto scientifico di “eleganza”, ovvero essenziale rapporto tra coerenza logico-formale e semplicità di formulazione teoretica, si offre qui come paradigma di un esempio per una architettura a servizio della scienza.
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