«È nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze». Questa citazione di Albert Einstein ha accompagnato il programma di una singolare “tre giorni” dedicata alla scienza e svoltasi nei giorni scorsi non in un centro congressi o in una fiera ma nel cuore di un liceo: l’Istituto S. Anna di Torino, che non è nuovo a iniziative del genere. E si è trattato di un programma di tutto rispetto, che ha visto alternarsi scienziati, tecnici, giornalisti e teologi a parlare agli studenti di avanzate ricerche di cosmologia e medicina, delle potenzialità delle nanotecnologie e dei droni, gli aerei del futuro; ma anche del ruolo delle crisi nella storia della scienza e della prospettive di allargamento della ragione.



Il tutto sospinto da un “incontenibile desiderio dell’oltre” e dall’esigenza – dicono Francesco Barberis e Paolo Gallina, i docenti coordinatori dell’evento – di «guardare alla propria disciplina provando a documentare come la conoscenza abbia a che fare con uno sguardo attento e appassionato alla realtà che ci circonda. L’apparenza delle cose è come un velo, un indizio che chiede ed invita ad andare oltre; i fenomeni che osserviamo sono un costante richiamo ad andare in profondità».

Da qui il titolo “Oltre l’apparenza” e l’articolarsi del programma, concluso da una “Caccia al tesoro scientifica”. Ne abbiamo parlato col Rettore dell’Istituto, il professor Vincenzo Arnone.

Come e quando è nata l’dea di dedicare tre giornate scolastiche al tema della scienza?

L’idea nacque durante una conversazione tra me e il professor Barberis. Era il gennaio del 2008. Discutevamo sul modo più efficace per far comprendere a gli studenti che i contenuti studiati a scuola hanno un nesso con la vita reale, con la nostra vita quotidiana. Ci dicemmo: perché non dedicare a questo scopo due o tre giorni di scuola, documentando attraverso incontri, mostri, dibattiti questo rapporto tra le materie e la realtà? L’idea fu accolta con entusiasmo da altri docenti e sostenuti da una grande voglia di rischiare partimmo con la prima edizione che verteva sui rapporti tra scienza e medicina, con particolare riferimento allo sport, l’alimentazione e sui grandi temi del rapporto tra scienze e fede, con la rivisitazione del caso Galilei. Forse niente di particolarmente originale, ma da subito tutti gli studenti furono coinvolti, corredando l’evento con l’allestimento e la presentazione al pubblico di esperienze di laboratorio. E questo coinvolgimento è sempre stato l’aspetto più bello della Tre Giorni.

Come si è sviluppata in questi anni l’iniziativa?

L’iniziativa è cresciuta (siamo alla quinta edizione), estendendosi a molteplici ambiti disciplinari e a tematiche di rilevante attualità: il clima, le previsioni metereologiche, le cellule staminali ecc. Dal 2009 siamo partiti con l’elaborazione di mostra didattiche esemplificative del tema scelto per l’edizione di quell’anno. Per quell’anno il tema generale, cui tutti i momenti della Tre giorni facevano riferimento era: ‘Senza la totalità il particolare non si comprende”.

E come si inserisce nel percorso scolastico e educativo?

In ogni edizione abbiamo sempre cercato di richiamare viceversa gli argomenti anche più ‘canonici’ delle materie studiate durante l’anno: le rocce in scienze, l’ottica in fisica, la storia del numero. Non abbiamo trascurato la dimensione umanistica della conoscenza,. L’anno scorso, legato al tema del visibile e dell’invisibile, ho proposto una riflessione sulla poesia, a partire da una frase tratta dal romanzo di Oscar Wilde, Il ritratto di Dorian Gray: «Il vero mistero del mondo è ciò che si vede, non l’invisibile». Non abbiamo lasciato in pace nemmeno la letteratura latina, parlando dell’unione di scienza e poesia, come per esempio nel De rerum natura di Lucrezio.

Da tre anni è invalso l’accorgimento di legare i temi ei momenti della Tre giorni all’attualità: tre anni fa “la Sindone”, nell’occasione dell’ostensione a Torino. L’anno scorso “150 anni di scienza in Italia”, nell’occasione del centocinquantesimo dell’unità d’Italia..Quest’anno: “Oltre l’apparenza”, oltre la crisi, nel contesto della situazione “critica” in cui versa il nostro Paese.

 

Una novità di quest’anno è la mostra “Oltre l’apparenza: lo sguardo dello scienziato sulla realtà”: come è nata e perché questo titolo?

 

L’idea della mostra nasce da un dialogo durante un pranzo tra i professori Barberis e Gallina, in cui si parlava della differenza profonda tra lo sguardo dell’uomo comune e lo sguardo dei grandi scienziati sulla realtà. La realtà è ciò che è vero ed è davanti a tutti noi, ma non è sufficiente accettarne l’aspetto più superficiale; occorre che essa sia un punto di partenza per andare oltre, un richiamo ed uno slancio per coglierne il mistero più profondo. Ed è in questa ricerca che viene appagato il nostro desiderio di conoscenza. Questo è lo sguardo che lo scienziato ha sui fatti che comunque tutti osservano: il suo compito è quello di stare di fronte alla realtà, interrogarla, porle delle domande attraverso esperimenti, trasformando un vedere superficiale in una comprensione più profonda.

 

Qual è il percorso affrontato nella mostra?

 

Abbiamo chiesto a tutti i docenti di interrogarsi su questo tema; anche ai docenti di discipline di ambito umanistico, proprio per documentare come la conoscenza abbia sempre a che fare con uno sguardo attento e appassionato alla realtà che ci circonda. Il percorso della mostra si snoda tra matematica, fisica, scienze, arte, italiano, latino, analizzando in particolare alcuni temi: il contributo delle geometrie non euclidee a una nuova visione dell’universo, le implicazioni sociali ed economiche della teoria dei giochi di Nash, il concetto di equilibrio per mostrare quante forze e tensioni siano presenti in ciò che è apparentemente fermo, quanta carica in ciò che è apparentemente neutro.

E ancora, i fenomeni elettrici, magnetici e luminosi, così diversi tra loro, che si rivelano manifestazioni della stessa natura; la meraviglia del processo naturale della fotosintesi clorofilliana e la possibilità di essere impiegato come fonte di energia alternativa. I ragazzi hanno costruito in laboratorio dei cristalli per svelare la bellezza racchiusa nel cuore di una roccia. Per italiano è stato documentato come la poesia permetta di andare oltre il sentire comune. E poi, tre modi di guardare la realtà: il reportage fotografico, la fotografia artistica, il ritratto. E per finire, l’arte della retorica, ovvero la ricerca dell’armonia e della bellezza nelle parole e la performance sportiva come frutto di un intenso lavoro.

 

Che tipo di esperienza hanno fatto gli studenti lavorando alla mostra?

Innanzitutto di un grande entusiasmo creativo. L’essere protagonisti, l’essere implicati nell’aspetto ideativo ed, ovviamente, esecutivo li ha fatti sentire importanti e necessari. Questo ha influito sicuramente sul rapporto con i loro docenti, che essi hanno potuto riconoscere nel lavoro di ideazione e di preparazione della mostra non solo come maestri, ma anche come compagni di una ricerca fatta insieme, ciascuno con il suo ruolo, le sue competenze e le sue capacità

 

L’iniziativa della tre giorni è rimasta “interna” alla scuola o ha avuto una risonanza più ampia?

 

L’iniziativa ha coinvolto oltre agli studenti dell’Istituto, un centinaio di studenti di un liceo scientifico statale accompagnati dai loro insegnanti; una decida di questi studenti hanno partecipato, inoltre, insieme alla loro insegnante, alla realizzazione della mostra.

(Mario Gargantini)