Parole come “costruzione”, “pensiero”, “significato”, “riflessione”, “osservazione” raramente si trovano collegate con “matematica”; eppure, esse caratterizzano la disciplina nel suo momento sorgivo, nel momento in cui essa si può considerare come attività. Questo punto di vista mette in discussione soprattutto un apprendimento mnemonico di formule e definizioni, per valorizzare invece la presenza della persona pensante che apprende lentamente, riflettendo, procedendo con pazienza a passi graduali.
Una di queste parole è stata messa sotto la lente di ingrandimento in un seminario di formazione tenutosi presso l’Università Cattolica il 13 giugno scorso. Titolo del Convegno, organizzato dall’Associazione MA.P.ES (Matematica Pensiero Esperienza), è il seguente: “Matematica. Osservare per insegnare, osservare per apprendere”. Attraverso due relazioni e due comunicazioni, è stato presentato un modo significativo di fare scuola.
Marco Coerezza, pedagogista, ha parlato della “osservazione partecipe”. Chi insegna deve essere al fianco dell’allievo, non per imporgli un sapere, ma per aiutarlo ad acquisire un metodo nel suo approccio alla realtà. E per essere una guida valida e rispettosa, l’insegnante deve osservare lo studente per cogliere la strada che sta percorrendo. Ma la certezza sulla realtà di ciò che osserva non la raggiungerà attraverso un distanziamento, ma anzi, attraverso un particolare coinvolgimento. Questo è senz’altro un primo aspetto emerso in dissonanza con molta pedagogia corrente.
Sull’osservare per insegnare si è soffermata anche Sonia Sorgato, che ha portato la sua esperienza di insegnante di sostegno, mostrando in vari esempi come l’insegnante, basando la sua guida sull’osservazione del bambino in difficoltà, lo può aiutare a fare un passo avanti nell’apprendimento e può condurlo ad imparare a sua volta ad osservare quel che succede nell’esperienza che sta svolgendo.
Molto interessante anche l’esperienza illustrata da Paolo Bassani, Preside di Scuola Secondaria di secondo grado e insegnante di matematica. Per apprendere come trovare la lunghezza della circonferenza, gli allievi non hanno bisogno di imparare a memoria una formula, ma di imparare a interpellare la realtà con un metodo. Un primo passo è quello costituito dall’osservazione delle esperienze proposte, ponendosi domande, e via via cambiando domanda. Un secondo passo è quello di superare il dato sperimentale, per spingersi fino a riconoscere la necessità di un percorso teorico. In tal modo si è messo in luce come un percorso sperimentale, spesso seguito anche nella scuola primaria, si approfondisce e si amplia nella scuola secondaria. La condizione che accomuna il modo di porsi dell’insegnante è di stimare la capacità di ragione dei propri allievi.
Nell’ultimo intervento, l’insegnante di Scuola Primaria Danila Miserotti ha raccontato come, insieme con le colleghe, abbia tentato di stimolare ed educare l’osservazione in due prime classi parallele, attraverso un percorso matematico-scientifico sui cinque sensi. In uno degli esempi, i bambini dovevano indovinare che cosa fosse contenuto in cinque differenti barattoli, usando uno solo dei cinque sensi per volta. La curiosità si è accesa, ma i bambini hanno dovuto imparare anche la pazienza, hanno imparato a costruire grafici, a utilizzarli per guidare la successiva osservazione, per fare delle deduzioni e per tratte delle conclusioni. I bambini vogliono trovare un motivo per ogni cosa che vedono, ma per loro osservazione e immaginazione si fondono.
L’osservazione, e prima ancora la percezione corretta della realtà, non è una facoltà già matura; se a nostra volta osserviamo i bambini, constatiamo che essi hanno una capacità di conoscenza sommaria con cui si accostano agli oggetti, alle persone, ai fatti. Compito dell’insegnante (e della famiglia) è dunque quello di educare l’osservazione perché costituisce il primo e insostituibile mezzo di approccio al reale e alla conoscenza.