La perdita di percezione degli odori è stato un sintomo iniziale dell’infezione da coronavirus. Così l’olfatto, uno dei sensi più trascurati, è balzato all’attenzione del pubblico.
L’articolo che presentiamo analizza la storia della scoperta dell’olfatto, la sua fisiologia e le sue patologie; inoltre il suo ruolo in medicina, trascurato per molto tempo da un’ideologia igienista dominante nell’Ottocento e nel Novecento, che tendeva a creare un ambiente privo di odori.
Invece l’olfatto è un importante «senso clinico» come sintomo di molte patologie. Benché a lungo trascurato è importante anche il significato che esso ha avuto nella storia dell’uomo e il ruolo che ha giocato nell’evoluzione della nostra cultura.
Elemento guida nell’evoluzione della specie e spia essenziale della salute individuale, l’odore è la percezione veicolata dall’olfatto, una facoltà sensoriale misconosciuta e a lungo trascurata, ma che è balzata all’attenzione del pubblico e della scienza perché la sua perdita è stato uno dei primi sintomi nelle fasi iniziali dell’infezione da Coronavirus durante la recente pandemia di Covid-19. Analizzare la storia della scoperta dell’odorato e raccontare le implicazioni mediche, sociali e antropologiche degli odori sono gli obiettivi di questo articolo.
La scoperta degli odori e la fisiologia dell’olfatto
Per Platone (428-347 a. C. circa) e per Aristotele (384-322 a. C.) il naso serviva prima di tutto per respirare l’aria fresca che giungeva ai polmoni. Aristotele però era consapevole che un’altra importante funzione del naso fosse l’olfatto, a cui attribuiva un ruolo importante nel favorire la sopravvivenza, poiché consentiva – soprattutto agli animali – di riconoscere ciò che poteva essere dannoso. Nell’uomo tuttavia egli lo considerava un senso inferiore agli altri, associandolo soprattutto ai piaceri carnali.
Contrariamente alla tradizione greca, il poeta latino Tito Lucrezio Caro (94-55 a. C. circa), convinto sostenitore delle concezioni atomistiche formulate da Democrito (470-457 a. C. circa), rivalutò l’olfatto riconoscendogli pari dignità rispetto agli altri sensi e interpretando correttamente il meccanismo dell’odorato nell’ambito della sua visione atomistica. Secondo la sua concezione particelle invisibili delle sostanze odorose, gli atomi appunto, colpivano il naso producendo gli odori.
Oggi si sa che per percepire un odore si devono verificare due condizioni: la prima è che alcune molecole di una sostanza devono entrare in contatto con le terminazioni nervose contenute nel naso; la seconda è che queste molecole devono possedere determinate caratteristiche strutturali per interagire chimicamente con le cellule nervose nasali [Fuso 2022, pp. 19-23].
Quando inspiriamo l’aria entra nel naso seguendo un percorso particolare determinato dalla presenza di particolari rilievi ossei (i turbinati) per raggiungere un tessuto specializzato detto «epitelio olfattivo». Oltre a questa via diretta, detta «anteronasale», le molecole odorose possono raggiungere l’epitelio olfattivo anche per via «retronasale», partendo dalla cavità orale. È quello che accade normalmente quando si mangia perché il sapore degli alimenti nasce dalla combinazione e dall’interazione tra due percezioni sensitive: quella degli odori liberati dal cibo e quella del gusto percepito dalla lingua [Sironi 2015, pp. 139-145].
L’epitelio olfattivo è formato da cellule di sostegno basali, particolari ghiandole (dette «di Bowman») situate nella mucosa e deputate a secernere il muco dove possono depositarsi le molecole odorose, e infine neuroni olfattivi, collegati in alto direttamente al cervello attraverso i loro prolungamenti nervosi (assoni) mentre in basso sono dilatati per formare la cosiddetta «vescica olfattiva» ricoperta di lunghe ciglia sottili e sporgenti. Queste ultime modificano il loro stato elettrico interagendo con le molecole odorose disciolte nel muco, rendendo in tal modo i neuroni olfattivi in grado di comunicare con il cervello inviando di volta in volta un segnale alla corteccia olfattiva e alle aree limbiche (le parti più antiche del cervello). La maggior parte degli odori percepiti è causata da più molecole odorifere e ciascuna di esse attiva recettori olfattivi differenti, determinando in tal modo la nostra capacità di riconoscere e memorizzare i diversi odori (memoria olfattiva) [Fuso 2022, pp. 23-25].
La patologia dell’olfatto e la sgradevole esperienza legata al Covid-19
Il cervello nell’elaborare i segnali inviati dagli organi di senso, spesso può commettere errori clamorosi che portano a interpretare in modo erroneo la realtà. Questi errori riguardano tutti gli organi di senso, anche se il caso più comune è quello della vista, che può determinare vere e proprie illusioni visive. È noto però che esistono anche «illusioni odorose». Tale è la fantosmia, cioè la percezione di odori in assenza di qualsiasi stimolo olfattivo, una condizione che determina vere e proprie «allucinazioni olfattive».
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Vittorio A. Sironi
(Docente di Storia della Medicina, della Sanità e della Antropologia medica presso l’Università di Milano-Bicocca)