«Consigliate o addirittura obbligatorie in alcune circostanze, in questo tempo di pandemia, le mascherine protettive sono entrare a far parte della nostra vita, diventando il simbolo visibile dell’emergenza che stiamo vivendo». Così inizia Le maschere della salute interessante rivisitazione storica e attuale della funzione delle maschere.
Il concetto di maschera è associato a una serie di significati molto più ampi di quello sanitario assumendo una rilevanza simbolica con implicazioni psicologiche e sociali, culturali e antropologiche: tutte dimensioni che, insieme al percorso storico-sanitario, sono analizzate dall’autore in questo volume.
Nel primo capitolo si esamina l’uso delle mascherine in rapporto all’attuale pandemia, e si osserva come l’uso delle maschere ere già stato introdotto in occasione della pandemia influenzale detta «Spagnola» (1918-1920). Si elencano le regole per un corretto uso delle mascherine, e si accenna al problema ecologico innescato dalle mascherine: essendo quasi esclusivamente usa e getta si pone il problema del loro corretto smaltimento.
Nel secondo capitolo si esamina il fenomeno delle pestilenze. Le epidemie di peste sono già note nel modo greco (per esempio la peste di Atene nel 430 a.C.), e proseguono nel Medioevo (quella del 1347-50 descritta dal Boccaccio) e nei secoli successivi (si ricordi la peste descritta dal Manzoni). Una convinzione, risalente addirittura a Ippocrate era che la causa di infezione fosse l’impurità dell’aria che respiriamo. Così, insieme ad altre misure come il distanziamento, l’isolamento e la quarantena, riprese anche nell’odierna pandemia, si cominciò a coprire la bocca con fazzoletti di panno. Le prime vere e proprie maschere risalgono però alle epidemie di peste del 1575 e del 1630. La loro forma era quella di un grande becco di uccello al cui interno venivano poste paglia e sostanze aromatiche in funzione protettiva e isolante. Esse erano usate soprattutto dai medici. Successivamente furono sostituite da un cappuccio che completava un abbigliamento fornito anche di guanti.
Nel terzo capitolo si esaminano altre due funzioni delle maschere: quella medica e quella terapeutica. Fino alla fine dell’Ottocento i chirurghi non usavano mascherine, anche perché non si era ancora consapevoli che inevitabili spruzzi di saliva potevano recare batteri tali da infettare le ferite del paziente. La prima notizia dell’uso di una mascherina da parte dei medici risale al 1897. Il suo uso fra l’altro ridusse grandemente il rischio di mortalità delle partorienti. Tuttavia il loro uso fece inizialmente fatica ad affermarsi. Solo nel 1930 apparvero mascherine veramente efficaci.
Se l’uso di maschere da parte dei medici costituisce una barriera importante contro le infezioni che possono essere trasmesse ai pazienti, un altro uso riguarda direttamente i pazienti. Nascono così le maschere filtranti, per proteggere da agenti esterni, che si dividono in tre classi: FFP1, FFP2, FFP3, a seconda della capacità filtrante.
Esistono poi le maschere terapeutiche, da utilizzare come dispositivi medici per assistere il malato in particolari circostanze. Ci sono così le maschere per anestesia, che hanno avuto una lunga evoluzione e le maschere per la ventilazione meccanica, importanti nelle crisi respiratorie.
Nel quarto Capitolo si esamina l’uso delle maschere in situazioni non sanitarie. In primo luogo, le maschere di uso militare, per resistere ai gas tossici, usati soprattutto nella prima guerra mondale. Il primo respiratore a filtro fu realizzato nel 1917 e in seguito ci fu un progressivo perfezionamento delle maschere antigas. Ciò avvenne nonostante che nel 1925 sedici fra le nazioni più importanti del mondo avessero firmati un protocollo di intesa che vietava l’uso dei gas tossici.
Un altro uso delle maschere è legato ad attività professionali. Un primo scopo è quello della protezione da materiali di lavoro inquinanti. Il problema risale addirittura all’antichità: già Plinio il Vecchio fece utilizzare pelli di vescica animale per evitare di respirare la polvere di cinabro. In epoca moderna le maschere sono un adattamento delle maschere antigas. In particolare vanno anche ricordate le maschere antifumo per la protezione dei pompieri e le maschere subacquee essenziali per le immersioni.
Infine un altro tipo di maschere riguarda le attività sportive. Vanno ricordati il casco da football Americano, quello per l’hockey su ghiaccio e quello per il baseball.
Negli ultimi due capitoli vengono esaminati i significati antropologici, sociologici e psicologici delle maschere, al di là del loro significato sanitario. Le considerazioni sviluppate possono ben essere riassunte in un brano tratto dalla conclusione del saggio.
«La maschera può nascondere e ingannare, ma anche rivelare e proteggere. È il contesto in cui la maschera viene usata che ne definisce la funzione e il significato. Celando il volto rende irriconoscibili, permettendo di usare il mascheramento sia per perpetrare nefandezze e crimini, sia per compiere anonimi atti di legittima protesta o addirittura di giustizia. Indossandola è possibile anche ingannare gli altri riguardo la propria identità. Spesso serve solo durante l’effimera finzione che si attua nelle recite teatrali o nelle feste carnevalesche, altre volte assume una dimensione più duratura sotto il profilo esistenziale, come magistralmente evidenzia la narrativa pirandelliana quando esplora il carattere ingannevole delle maschere (una, centomila, nessuna) che indossa il nostro io nella recita della vita, col rischio che nelle molteplici identità che si configurano in tal modo l’unica vera si smarrisce e non si trova più. Ma più spesso di quanto si creda la maschera rivela (la personalità) e protegge (la vita)».
Vittorio A. Sironi
Le maschere della salute
Dal Rinascimento ai tempi del coronavirus
Carrocci Editore, Roma 2021
Pagine 118 euro 15
Recensione di Lorenzo Mazzoni